8.

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Alzò la voce della canzone che stava ascoltando su YouTube quando sentì la madre strillare qualcosa dalla stanza accanto. Sbuffò e fece finta di non sentirla, era stanca delle sue mille lamentele. Si attaccò i capelli in una coda alta, si scorciò le maniche della tuta e iniziò a lavare i pavimenti della sua stanza. Chiara se ne stava sul divano sdraiata mentre Giusy e la madre facevano le faccende domestiche. Era quasi mezzogiorno e tra poco la madre avrebbe iniziato con la storia del pranzo. Ogni giorno non sapeva che preparare e ogni giorno chiedeva a loro due figlie di proporle qualcosa ma le due ragazze non sapevano mai che dire e così iniziavano a litigare. Giusy quella mattina però non aveva voglia di litigare, era di buon umore e non voleva rovinarselo come al solito.

«Giusy ma che cazz a vuò acalà sta voce!» La mamma irruppe nella sua stanza e lei sobbalzò.
«Che vuò mà? Ja vai di là che mi fai i segni dei piedi a terra, mo ho lavato.» Le indicò la porta ma la signora rimase sull'uscio della sua camera fissandola con una mano appoggiata sul fianco.
«Vedi che ci sta nu scemo che ti sta chiamando da mezz'ora, sta giù al cortile.» Le disse per poi girare le spalle ed andarsene.

Giusy all'inizio pensò fosse una cazzata detta solo per infastidirla ma quando abbassò la voce della musica sentì chiaramente il suo nome urlato. Corse alla finestra e si affacciò.

«Chi è?» Urlò e vide Andrea sorriderle da là giù. Il suo sorriso era talmente perfetto e splendente che riusciva a distinguerlo benissimo nonostante fosse al sesto piano e li dividessero quasi venti metri.
«Giusy, scendi un po'?» Urlò lui, facendole segno di raggiungerlo. Giusy scosse subito la testa, era in uno stato pietoso e non voleva farsi vedere da lui così. Assolutamente no.
«Ma sei scemo? C'ho da fare Andrè, che vuoi?»
«Dai scendi, ti devo far vedere una cosa. Hai vergogna di me?» Fece una risata e poi congiunse le mani come a pregarla e lei non se lo fece ripetere due volte. Si mise le scarpe, si sistemò un po' i capelli e scese.
«Eccomi qua. Che mi devi far vedere?»
«Vieni.» La prese per mano e Giusy sentì palesemente una scossa al contatto tra la loro pelle. Cercò di calmarsi per non darglielo troppo a vedere ma le piaceva da impazzire quella sensazione.
«Dove?»
«Ta taaan!» La tirò fino al parcheggio e poi la mise di fronte ad un Suv dell'Audi. «Ti piace?» Le domandò. Giusy annuì ma era confusa, perché gli aveva fatto vedere la sua nuova auto?
«Sì, bella... ma io che devo fare scusa?» Scosse la testa e lo fissò negli occhi per qualche secondo. Capì solo allora, dallo smarrimento del suo sguardo, che quella era solo una scusa per vederla e sorrise involontariamente.
«L'altra volta cantavi la canzone dell'Audi nera opaca e quindi te l'ho portata.» Rispose, passandosi una mano tra i capelli.
«Quindi se parlo delle Maldive mi ci porti?» Gli chiese dandogli una spinta, approfittando per toccarlo anche solo un attimo.
«Senza problemi.» Rispose, per poi farsi una risata. «Dai portami da qualche parte qui in giro, ti va? Stiamo una mezz'ora insieme, parliamo un po'...» Propose e a Giusy non sembrò vero. Non sapeva nemmeno come rispondere, era semplicemente bloccata.
«Non mi guardare così, parliamo e basta, giuro. Portami dove vuoi, un posto tranquillo.»
Finalmente Giusy annuì, riprendendosi da quel blocco che le aveva impedito anche di battere le ciglia fino a qualche attimo prima.
«Andiamo.» Salì nella nuova Audi di Andrea e lo portò ad Agnano, in una specie di parco da dove si vedeva una zona della città e tutto era calmo e silenzioso.
Restarono in silenzio per qualche minuto, poi Andrea, come al solito, iniziò a parlare.
«Ci vieni spesso qua?» Le chiese, girandosi verso di lei che invece continuava a guardare di fronte, verso la città.
«No, mai. Ci venivo da piccola ma erano anni che non tornavo.»
«Hai bei ricordi?»
«No, per questo ti ci ho portato.» Rispose senza entrare troppo nello specifico.
«Non ho capito se è una buona cosa o no ma farò finta che lo sia.» Scosse la testa e Giusy annuì. «Ci vieni coi ragazzi qua?» Le domandò poi, dopo essersi schiarito la voce.
«E che ho quindici anni? No, non vengo coi ragazzi.» Rise a quelle parole, possibile che la credeva talmente rovinata da doversi appartare in un parco a 23 anni?
«Che ne so, è un posto carino comunque.»
«Non ci vengo coi ragazzi e basta.»
«Va bene e a proposito di ragazzi... come deve essere un ragazzo per piacerti?»

Mondi opposti ; Andrea PetagnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora