Prologo

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La ragazza sbuffò, accendendosi la seconda sigaretta. Si sedette sulla valigia e posò i gomiti sulle ginocchia, sistemandosi gli occhiali da sole sulla punta del naso per controllare il telefono, sbuffare di nuovo, e sistemare nuovamente il telefono nella tasca laterale della giacca di pelle che indossava.
Dall'aeroporto ogni mezzo secondo usciva una persona diversa, impugnando un diverso tipo di fretta.
Lei se l'era presa comoda, fermandosi in una libreria e in un bar, camminando lentamente, trascinando il trolley dietro di lei. Non aveva fretta. Non capiva perché chiunque arrivasse a Londra sentisse l'obbligo di avere fretta.
Controllò di nuovo il telefono.
Ancora nulla.
Scosse la testa e buttò fuori il fumo.
Aveva detto mille volte a suo fratello che si sarebbe potuta Smaterializzare, avrebbe potuto volare o avrebbe potuto viaggiare tramite Metropolvere, visto che ormai non esisteva aeroporto babbano che non fosse appositamente attrezzato. Eppure, lui aveva insistito per passarla a prendere in auto.
Mentre una delle due lunghissime treccine bionde le cadeva sulla spalla, il telefonino squillò. Lo estrasse dalla tasca alla velocità della luce, per poi trovarsi a sbuffare di nuovo. «Harry?»
«Fai sempre quella faccia, quando ti telefono io?»
Non riuscì a trattenere un sorriso, guardandosi attorno. A pochi metri da lei, Harry Potter la guardava dal finestrino di una grossa auto rossa fiammante.
«Wow! È tua?» domandò raggiungendolo.
«No, è di Ginny»
Lei aprì il bagagliaio e ci schiaffò dentro la valigia, per poi aprire la portiera del lato del guidatore. «Posso guidare io?» sorrise poi, gettando la sigaretta a terra per spegnerla con la scarpa e darle un calcio verso il tombino più vicino.
«Neanche per sogno» le rispose Harry richiudendo la sua portiera.
Lei si strinse nelle spalle e fece il giro dell'auto per accomodarsi accanto a lui. «Valeva la pena tentare» si giustificò.
«Perché sei bionda?» domandò lui, sistemando lo specchietto retrovisore.
Di nuovo, lei si strinse nelle spalle. «Mi piace cambiare»
«Somigli molto a Martha, da bionda»
«Assomiglio sempre a qualcuno, tanto vale divertirsi»
Harry non riuscì a nascondere un sorriso. «Leva subito i piedi dal cruscotto»
Sapeva che sarebbe voluto essere un richiamo. Tuttavia, Harry non era riuscito a nascondere un sorriso divertito. Era così, era così da sempre, ogni volta che si sforzava di richiamarla, di farle notare qualche pecca o qualche errore, sorrideva. Perché lei riusciva a rendere tutto buffo o dolce a seconda della situazione, almeno ai suoi occhi, e Harry non smetteva mai di chiedersi come fosse possibile che sua sorella non solo fosse cresciuta così in fretta, ma non facesse altro che crescere.
«Ora sei tu che assomigli a Martha» sbuffò lei. «Posso sapere perché Robert mi ha detto che sarebbe venuto a prendermi e invece ti sei presentato tu?»
«Perché io sono il tuo fratello preferito»
«Lo saresti se mi lasciasti guidare»
Harry scosse la testa, di nuovo. «Non mi hai sentito? Auto di Ginny. Non voglio rischiare di divorziare per colpa tua»
«Non mi lasceresti guidare neanche la tua, di auto» si difese lei.
«La mia auto vola. Questa no»
Lei non riuscì a fare a meno di ridacchiare, sistemandosi gli occhiali sul naso con un gesto istintivo.
Lui allora notò quel dettaglio. «Nuovi?»
Lei annuì entusiasta.
«A quanto ammonta la tua collezione?»
«Ottantanove» rispose fieramente. «Che dici, di questi?»
«Che stai chiaramente cercando di copiarmi, vista la forma»
Lei si portò gli occhiali sulla punta del naso e lo guardò con finta aria scettica. «Certo, perché tu hai un senso dello stile davvero invidiabile, Harry Potter»
Harry scosse la testa, gettando un'occhiata rapida alla sorella. «Anastasia» la richiamò di nuovo. «Anastasia, leva i piedi dal cruscotto»
«Ma siamo fermi in coda!»
«Aprilo, quel cruscotto, anziché sporcarlo»
Anastasia inarcò un sopracciglio e, mostrandosi più che scettica, aprì il cassettino, trovandovi una scatolina bianca con un fiocco rosso. Rivolse al fratello uno sguardo interrogativo.
«Ottantanove è un numero pessimo, meglio fare cifra tonda» le sorrise lui.
La risata di Anastasia gli riempì il cuore, mentre la spiava aprire la scatola con entusiasmo, per estrarne un paio di occhiali nuovo di zecca con la montatura sottile a goccia e le lenti fin troppo scure.
«Mi hai preso dei Ray-Ban!» esclamò.
«Te li ha presi Robert, a dire il vero» raccontò. «Io sono stato informato solo a cose fatte. Dice che è importante farti sentire amata e coccolata e tutte le cose che dice lui in questi casi»
Anastasia si sforzò di non perdere il sorriso, mentre si posava gli occhiali tondi con le lenti viola sulla testa per provare quelli nuovi.
«Voglio dire, non credo ... insomma, hai bisogno di un paio di occhiali per sapere che ti amiamo?»
«Oh, no» rispose subito lei. «Ho bisogno di un paio di Ray-Ban per sapere che mi amate!»
Harry non poté fare a meno di darle uno spintone amichevole. «Ti stanno bene. Io posso avere quelli viola?»
«No, altrimenti tornerei ad ottantanove»
Harry annuì. «Ecco perché sei tu quella intelligente»
«Senza di me sareste perduti!»
«Mi chiedo come abbia fatto a vivere i primi quattordici anni della mia vita senza di te»
«Dieci in un sottoscala, quattro mettendoti nei guai» rispose lei ridacchiando.
Harry scosse di nuovo la testa, sorridendo divertito.
«Che è successo mentre non c'ero? In quanti guai vi siete cacciati?»
«Sirius e Martha hanno litigato, non chiedermi per cosa, e lui ha dovuto dormire sul divano, ma hanno fatto pace nel giro di due giorni» raccontò allora lui. «James ha cambiato colore al pelo del gatto di Albus, involontariamente» sorrise. «Uh, e Robert dice di dirti che ti deve sette galeoni per tu sai cosa»
Anastasia saltò sul sedile. «Gemelli!» esclamò. «Kayla aspetta due gemelli
«Avete scommesso su questo?» si stranì lui.
«Ovviamente! Insomma, l'hai vista anche tu: era troppo grossa per essere di tre mesi!»
Harry rise di cuore. «Siete senza speranza»
«Forse è vero: ma ricorda, senza di me sareste perduti!»
Harry non poté fare a meno di sorriderle di nuovo, trovandosi persino grato al traffico di Londra per aver regalato loro quel piccolo momento. E si trovò anche ad ammettere che era tutto vero: senza Anastasia Elizabeth Helen Black, sarebbero stati perduti.




Spazio autrice.
Perché oggi? Perché già il sequel? Avevi detto che ci avresti messo mesi, forse anni!
Ebbene, è così. L'ho detto, è vero. Ma, miei fedelissimi lettori, non ho resistito. 
E poi, oggi è il 2 maggio. Per tutti noi Potterhead, una data importante. E lo sapete che a me piace pubblicare nelle date importanti. 
Dunque, un paio di cose importanti: la storia è ambientata nel 2012, Anastasia ha diciotto anni, ha appena preso i M.A.G.O.. 
Eh ma che palle, noi volevamo vederla ad Hogwarts!
Sì, anche io. Ma avevo più voglia di scrivere questo, nell'ultimo periodo. Spero mi perdonerete. Poi, non si sa mai: magari ci saranno dei flashback, chi lo sa. 
Per ora, ho bell'e pronti dodici capitoli. Ma sono una fanwriter, si sa, ho bisogno del vostro feedback per andare avanti a scrivere. 
Ora: il primo capitolo arriverà lunedì.
Il secondo il lunedì successivo, e così via. 
Non prometto che sarò sempre puntuale, non garantisco mai niente, lo sapete. Ci metto la buona volontà, questo si, sempre, e spero che basti. 
Non vi preoccupate se a volte non capite alcune cose (Kayla è incinta? Harry sposato? Dove era Anastasia? Perché è bionda?) tutto, a tempo debito, verrà spiegato. 
Rivedremo Martha e Sirius
Certo che sì. Un po' meno rispetto a Più di ieri: quella era la loro storia, questa è quella di Anastasia. Ma ci saranno, ovviamente: ormai sono due cinquantenni alle prese con dei nipotini e una figlia diciottenne che ne combinerà un bel po', non riusciranno a non dire la loro. 
Credo di avere detto tutto. 
Vi aspetto nei commenti. 
Ci risentiamo lunedì. 
Come sempre, fatto il misfatto. 

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