31. zenzero e limone

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Draco se ne stava seduto davanti ai tasti bianchi e neri del piano, a fissarne il contrasto e a sentirsi stranamente d'accordo con loro. Se c'era una cosa che sapeva per certo, era che la sua vita fosse stata costernata da contasti di ogni tipo, e non poté fare a meno di sentirsi ridicolo quando si trovò a pensare che quel piano e quei tasti potessero in qualche modo capirlo. Avvicinò la pallida mano destra ai tasti e la ritrasse subito: erano freddi. Ecco un'altra cosa che quel piano aveva in comune con la sua vita. Scosse la testa. Era ridotto proprio male, ammise a sé stesso.

«Draco?» chiamò sua madre dalla sala da pranzo.

Lui non si mosse, rimase a guardare quei tasti in contrasto, con la testa bassa e lo guardo fisso.

«Draco» lo richiamò lei, avvicinandosi con passo regale, le mani giunte e un vestito lungo che oscillava al ritmo dei suoi passi svelti e leggeri.

«Draco» ripeté la terza volta, ormai giunta davanti al pianoforte a corda.

Lui alzò gli occhi per trovarne un paio gelidi e identici ai suoi, ma sinceramente preoccupati.

«Draco, ho pensato che sarebbe carino invitare a cena la giovane Anastasia»

«Che cosa?» sputò lui al sentir nominare Anya.

«Non ho potuto fare a meno di notare che la nostra ... incomprensione, vi abbia scossi. Vorrei potermi scusare di persona e come si deve, se sei d'accordo»

Draco assaporò quel momento. "Sarebbe carino"? Narcissa voleva scusarsi? A cena? "Come si deve"?

«Inoltre» continuò lei. «Credo di dovere le mie scuse anche a te, per non aver rispettato la tua privacy»

Draco scosse la testa. «Non ti dar pensiero» sussurrò, avvicinando entrambe le mani ai tasti del piano.

«Oh, no, mi fa piacere» insistette la donna. «Chiederò a Kora di preparare la cena, credo sappia cosa le piace e poi ...»
Draco lasciò cadere le mani sui tasti, producendo un insieme di suoni che scosse Narcissa tanto da costringerla a smettere di parlare.

«Non tornerà» disse piano.

«Non tornerà?»

«Anastasia non tornerà» precisò lui abbassando ancora la voce, sentendo il peso di ogni singola sillaba sulla bocca dello stomaco.

Narcissa rimase a guardare il figlio, sentendo palpabile nell'aria il suo dolore ma trovandosi totalmente disarmata davanti ad esso. «Oh» si trovò a dire. «Mi sembravate felici»

Draco annuì impercettibilmente, sentendo qualcosa trafiggergli il petto. «Troppo, forse»

«È a causa di quello che le ho detto io?»

Draco rimase immobile, senza avere il coraggio di guardarla negli occhi.

«Io le ho detto quello che sapevo, Draco»

Lui scosse la testa e si alzò, cercando di ignorare la rabbia davanti all'evidenza dei fatti: Narcissa si stava giustificando, cercando di fare in modo che nessuna colpa ricadesse su di lei. Non era colpa di sua madre se quel comportamento, ora più che mai, gli faceva venire il voltastomaco. Era lui ad essere cambiato.

E per quel cambiamento non c'erano colpe, ma solo meriti.

Ed erano tutti di Anastasia Black.


Ted si lasciò cadere accanto al fratello e a Nicole, al tavolo della casata rossa e oro. Con i capelli di un luminoso grigio e gli occhi ancora mezzi chiusi, ringraziò Nicole con un cenno quando gli passò una tazza colma di caffè. «Non puoi ridurti sempre all'ultimo con i compiti di Astronomia, Ted» lo rimproverò la ragazza.

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