6. la storia di Draco

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Ted e Lyall Lupin erano uno l'antitesi dell'altro.
Nessuno credeva che fossero fratelli, quando lo raccontavano.
Ted Remus Lupin era un Tassorosso fin troppo magro, i poteri da Metamorfmagus ereditati dalla madre e la dolcezza ereditata dal padre. Non vantava sempre il controllo del colore dei suoi capelli o della forma del suo naso: quando era arrabbiato, i capelli gli diventavano rosso fuoco, quando era ubriaco invece sembravano un arcobaleno e quando era in imbarazzo erano gialli canarino. Il suo naso, quando era concentrato era all'insù, e quando era arrabbiato sembrava allargarsi.
Era naturalmente predisposto alla cucina, e aveva salvato più volte le varie cene di famiglia con dei piatti prelibati inventati dal niente; si innamorava con estrema facilità, di ragazzi o di ragazze o anche di vampiri, poco importava, e con altrettanta facilità si stufava e cercava altro. Come suo padre Remus, adorava leggere, studiare, e farsi domande di ogni genere sulle più disparate Creature Magiche. Hagrid stravedeva per lui, mentre Dora non celava una certa preoccupazione – dove erano finiti i suoi geni da combina guai?
Mentre tutti coltivavano come passione il Quidditch o gli Scacchi dei Maghi, lui inseguiva il pettegolezzo e voleva sempre sapere tutto; adorava, poi, che il centro del pettegolezzo fosse proprio lui. La metà delle cose che si dicevano in giro di lui non erano vere, ma lui adorava pensare di essere sempre sulla bocca di tutti.
Lyall non aveva ereditato i poteri della madre, e sebbene questa cosa da bambino avesse rappresentato per lui un problema, con il tempo aveva imparato a fregarsene. La sua più grande passione era il Quidditch, o qualsiasi cosa che avesse a che fare con le scope e una Pluffa. Era entrato nella squadra Grifondoro all'inizio del secondo anno, e ne era diventato Capitano due anni dopo. Ora, alle porte del quinto anno, era anche Prefetto. Nonostante tutti non facessero altro che ripetergli che fosse molto difficile mantenere entrambe le cariche e una media decente, lui aveva deciso di accettare entrambi i titoli.
D'altronde, una media decente per lui significava avere tutti "Accettabile".
Era poco più basso di Ted, ma il continuo allenamento gli aveva procurato due spalle così larghe da fare paura e una muscolatura così sviluppata da sembrare un modello di Abercrombie. Sebbene in viso fosse tale e quale a Remus, nel modo di camminare e gesticolare era la coppia spiccicata di Tonks. E poi, a conferma del fatto che la mela non cade lontano dall'albero, era un fan sfegatato delle Sorelle Stavagarie – oh, ecco dove erano finiti tutti i suoi geni.
Ted e Lyall erano complici come solo due fratelli sanno essere.
Non sapevano necessariamente sempre tutto della vita dell'altro, ma questo non gli aveva mai impedito di aiutarsi tra loro nelle più svariate situazioni. Ridevano per le stesse battute e s'infiammavano per le stesse ingiustizie, gesticolavano nello stesso modo e mettevano la stessa quantità di zucchero nel tè.
Quando Lyall finiva nell'ufficio della Preside per qualche pasticcio, Ted correva a difenderlo e quando Ted si attardava in biblioteca, era sempre Lyall che lo andava a cercare per ricordargli che fosse ora di cena o di andare a dormire.
Remus e Dora adoravano i loro figli. Adoravano il rapporto che avevano tra loro e i loro momenti tutti e quattro, adoravano il rapporto dei ragazzi con i Black e con Nicole e Gabriel, e adoravano anche i momenti in cui litigavano tutti fino a giurare di odiarsi. Lo adoravano perché, avevano confessato, era il segno che ce l'avevano fatta. Non solo Dora era riuscita a far ammettere a Remus che l'amava quanto lei amava lui, ma si erano sposati e avevano reso la loro unione eterna, dando alla luce due splendidi ragazzi, e regalando loro una grande famiglia (quasi sempre) felice.
Ce l'avevano fatta.
«Il Portiere lo devi mettere qui» s'incaponì Anya, seduta al tavolo della cucina di casa Lupin. «Altrimenti non ci arriverà mai in tempo a quei dannati anelli!»
«Lasciami fare da solo» si lamentò Lyall.
«Lyall, quante partite hai vinto, contro la mia squadra?»
«Cinque!» rispose lui fieramente.
«Su quante?»
Lyall abbassò la testa. «Ventisei»
«Ecco, ti sei risposto da solo» alzò gli occhi al cielo e guardò Lyall riposizionare la calamita con scritto 'portiere' sulla lavagnetta bianca che stava tra di loro, su cui avevano disegnato una fedele riproduzione del campo da Quidditch.
«Anya, queste ... queste tecniche, sono tutta farina del tuo sacco?»
Anastasia sfoggiò un sorriso più che Malandrino. «Non te lo dico»
«Papà dice che tua zia Rose aveva un suo schema e una sua tecnica, per il Quidditch»
«Non ti dirò niente» ribadì Anastasia.
In quel momento, Ted apparve all'ingresso con dei capelli azzurro pastello e una camicia hawaiana della stessa tonalità. «Oh, qual buon vento» disse, indicando Anya. «Scommetto che hai moltissime cose da raccontarmi!»
«Tipo le tecniche di Quidditch di Rose Redfort?»
«Mettiti in fila, Lyall, sono anni che cerco di avere quei diari»
«E sono anni che ti dico che sono miei» sbuffò Anastasia, mentre Ted si avvicinava al tavolo su cui i due stavano studiando le formazioni per la stagione successiva. Degnò lo schema di mezzo secondo di attenzione, per poi scuotere la testa contrariato.
Anche d'estate, erano in grado di parlare solo di Quidditch?
Spalancò il frigo con aria annoiata.
«Dove sei stato, Ted?» domandò Anastasia.
«Sono io qui quello che fa domande»
In quel momento, il telefono di Anastasia iniziò a squillare insistentemente. Lei lo raccolse dal tavolo, e letto il mittente della chiamata, strizzò l'occhio a Ted e decise che era il momento di controllare se nel piccolo giardino sul retro fosse tutto a posto.
«Sei riuscito a vedere chi era?» domandò Ted, versandosi un bicchiere di latte.
Lyall non si mosse nemmeno: teneva la testa tra le mani e gli occhi fissi sulla lavagnetta.
«Oh, come non detto» si rispose da solo il primogenito.
Gli bastò un veloce sguardo oltre la porta finestra dove Anastasia era sparita, per vederla sdraiata sull'amaca con disegnato in viso un sorriso che Ted non vedeva da mesi.
Lyall alzò la testa. «Hai detto qualcosa, Teddy?» domandò.
Ted scosse la testa e Lyall tornò ai suoi schemi, mentre la risata di Anastasia riempì la casa.


«Pronto?»
Draco saltò sul divano. «Sei tu?»
«E chi vuoi che sia?»
«Oh, Merlino! Ci ho messo mezza giornata a capire come telefonarti!»
Sentire Anastasia ridere, dall'altra parte del telefono, lo costrinse a sedersi di nuovo e a chiudere gi occhi per immaginare il suo viso.
«Venti punti a Serpeverde»
«Anche di più» si lamentò lui. «Ti ... beh, volevo sapere se stai bene, dopo ieri sera»
«Sto bene» sorrise lei. «La reggo ancora, sai, una sbronza»
«Non è per quello» rispose veloce lui. «Beh, anche, ma è per ... per la sala da pranzo. Di solito io non mangio lì, ma Kora era davvero contenta che avessimo ospiti, e ... ha persino usato le posate d'argento ... ecco, hai capito, no? So che sai che lì, insomma, ecco, cosa succedeva»
«Certo che so cosa succedeva lì» sospirò Anastasia. «Ma vorrei che me lo raccontassi tu»
Draco si perse ad osservare il maestoso salotto attorno a lui. Gli sembrava straordinariamente vuoto, senza di lei. E freddo, anche. Le avrebbe raccontato ogni segreto di ogni stanza, se avesse potuto. Ma in quel momento, realizzò che la richiesta della giovane Black comportava l'apertura di un capitolo della sua vita che lui si preoccupava sempre di tenere ben chiuso.
«Io ... non ne parlo mai»
«Beh, dovresti» rispose lei con naturalezza. «Non parlare delle cose non le rende invisibili, tutt'altro»
«Non ti dirò che hai ragione»
«Ma sai che è così» ridacchiò lei.
«Non dirò neanche questo»
«Quindi non dirai più niente?»
«Può essere, sì»
«Allora dirò qualcosa io: ceni con me, domani?»
Draco sbarrò gli occhi: un invito a cena? Un appuntamento, forse. Addirittura un appuntamento?
Si passò una mano nei capelli e si rese conto che avrebbe voluto urlare sì. Ma poi si rese conto che mai, mai era stata una donna ad invitarlo a cena e non viceversa.
Dannata giovane Black. Gli stava ribaltando tutte le carte in tavola, di nuovo.
«Rilancio» sfidò.
«Prego?»
«Rilancio: ceni con me, stasera?»
«No»
«No?»
«No, stasera no. Domani» rispose lei. «e comunque, non vale»
«Non vale?»
«Non vale: te l'ho chiesto prima io»
«Non esiste che sia una donna ad invitare a cena un uomo»
Lei rise così forte che Draco dovette allontanare il telefono dall'orecchio.
«Ma tu ti aspetti che io ti prenda sul serio, quando dici certe stronzate?»
Draco si trovò a scuotere la testa. «Stasera»
«Stasera ceno con i miei fratelli, se proprio ci tieni a cenare con me, possiamo aggiungere un posto»
«D'accordo, domani»
«Domani» sorrise lei. «Come ho detto io»
«Sì, come ti pare» rispose lui con sufficienza. «Allestirò una cena come si deve» sorrise. «Come si spegne, questo coso
«Così, ecco»
Anastasia chiuse la telefonata e lui dovette avvicinare e allontanare dal viso il telefono muto un paio di volte prima di essere sicuro che la telefonata fosse effettivamente concluso. Si lasciò cadere sul divano con il viso coperto dalle mani, e si trovò a maledire e benedire contemporaneamente il momento in cui aveva conosciuto Anastasia Elizabeth Helen Black.

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