29. disarmante

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Più volte a Draco, in quei giorni folli e senza significato, era parso di vedere Anastasia. L'aveva vista al Ministero, l'aveva vista svegliarsi accanto a lui, quella mattina l'aveva vista chiaramente guidare un autobus a Londra e ora la vedeva seduta al piano, con le mani in grembo e il suo sorriso che sapeva di purezza.
E a lui andava semplicemente di rimanere lì, seduto sul divano con lo sguardo più malinconico che avesse mai avuto, a fissare quello che – lo sapeva bene – non era altro che il frutto della sua immaginazione, specchio di ogni suo più profondo desiderio. Gli andava di rimanere lì, seduto, con la schiena dolorante per la posizione scomoda e una voglia matta di alzarsi per abbracciarla, ma la paura che, se avesse raggiunto il piano, avrebbe realizzato di trovarsi davanti ad un altro sogno, fin troppo simile a tutti quelli che ormai lo tormentavano.
C'era stato un tempo in cui i suoi incubi erano fatti di labirinti, urla, Cruciatus, stati di sangue e Marchi Neri. Ora, i suoi incubi erano la faccia di Anastasia, che, da felice e spensierata come era sempre stata, diventava triste e ferita come l'ultima volta in cui aveva avuto la possibilità di averla davvero davanti agli occhi.
Si strofinò le mani sul viso e tornò a guardare il piano, desideroso di essere abbastanza bravo a suonarlo da poter riprodurre quella dolce ninnananna che lei aveva suonato qualche giorno prima con tutta la sua innata semplicità e dolcezza.
«No» si disse da solo. «Non posso suonare quello che suonavi tu» aggiunse, sussurrando.
L'Anastasia che si trovava davanti allargò il sorriso e scosse la testa. Era chiaro, a questo punto, che si trattasse di un'illusione: la vera Anastasia Black lo avrebbe preso a male parole, gli avrebbe detto di crederci, o quantomeno di tentarci, gli avrebbe detto che sbagliando s'impara e che solo chi non cade non cresce mai e tutte quelle altre cose così semplicemente da Anastasia che solamente a pensarci, a Draco venne mal di stomaco e una gran voglia di prendere a pugni il muro.
«Se solo mi lasciassi spiegare» sussurrò poi, rivolto di nuovo a quel riflesso di sogno che aveva davanti agli occhi. Quella versione muta di Anastasia, allora, perse il sorriso e scosse di nuovo la testa.
Ecco.
Ho rovinato tutto, di nuovo.


Anastasia strisciò i piedi giù per le scale polverose di Grimmauld Place, con addosso l'ennesima vestaglia siglata R.A.B., i capelli raccolti alla bene e meglio e una tazza stretta in mano. Quando entrò in cucina, non ebbe la forza di fare altro che non fosse inclinare la testa di lato alla vista di Ted, Lyall e Nicole, ognuno perso a fare qualche cosa di diverso: Ted stava cucinando (che novità), Lyall stava cercando di impilare le stoviglie per farle rientrare nella credenza e Nicole stava mettendosi lo smalto sulle unghie, seduta a capotavola.
«Oh, buongiorno buonumore!» esclamò Lyall, guadagnandosi uno sguardo in grado di uccidere.
«Non prendertela con noi, principessa» si giustificò subito Ted. «Ci manda Minerva»
«Già» continuò Nicole, alzando a malapena gli occhi verso di lei. «Ci ha praticamente cacciati dal castello e spediti qui a badare alla sua alunna preferita e depressa»
«Nicole!» la richiamarono i Lupin.
«Oh, andiamo, guardatela!» si difese lei, indicandola con un gesto. «Quanto è che non ti lavi? O che non vedi la luce del sole?»
«Perché non ti calmi e la lasci parlare?» propose Ted.
«Perché, credi che si ricordi come si fa a parlare?» replicò Nicole.
«Bambini, non litigate!» intervenne Lyall, abbracciando una pila di bicchieri per cercare di infilarli nella credenza.
Anastasia scosse la testa e si avvicinò ai fornelli per mettere a bollire un po' d'acqua e non degnare nessuno di uno sguardo. «Dite a Minerva di non preoccuparsi» sussurrò allora, per poi rendersi conto del tono troppo basso di voce dato dal fatto che, si rese conto in quel momento, erano due giorni che non parlava con un altro essere umano. «Mi sere solo qualche altro giorno per metabolizzare» sospirò.
«Non osare farti il tè mentre io ti sto preparando il pranzo! Devi mangiare, bellezza, scommetto che senza di me non fai altro che bere tè allo zenzero» la richiamò subito Ted, spostandola dai fornelli mettendole le mani sulle spalle. «Vai ad aiutare Lyall o a farti mettere lo smalto da Nicole, ma levati»
Anastasia si trovò a reggere delle tazze per conto di Lyall senza nemmeno rendersene conto.
«Dunque, ehm» iniziò il giovane Lupin. «Corvonero ha battuto Tassorosso, settimana scorsa. Oggi gioca ancora contro Serpeverde, e se perde, okay, perfetto, ma se vince, poi si monteranno la testa e la prossima settimana ...»
«Perché parla di Quidditch?» sussurrò Nicole, soffiandosi sulle unghie sgargianti.
«Per metterla a suo agio» rispose Ted, senza distogliere l'attenzione dal piano cottura. «O perché è un deficiente, non saprei»
Era chiaro, comunque, che Anastasia non stesse ascoltando, o se anche lo stesse facendo, che non avesse la minima intenzione di darlo a vedere. Si preoccupò solo un paio di volte di evitare che dei bicchieri si scaraventassero al suolo, mentre Lyall era partito a raffica raccontando di formazioni, conteggio punti e strategie.
Quando Ted disse che il pranzo era pronto, chiese ad Anastasia di apparecchiare con un colpo di bacchetta e Lyall sembrò scocciato dal fatto che, con quel gesto, avesse dovuto disordinare la credenza appena sistemata.
«Grazie» sussurrò Anya, girando la forchetta negli spaghetti.

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