Anastasia si mise a sedere sul letto di scatto, con il fiato corto. Attorno a lei, la sua stanza buia, la finestra aperta che dava sul giardino e mostrava le prime timide luci dell'alba. Si guardò attorno, sentendo il bisogno di controllare ciò che la circondava. L'armadio immenso, la scrivania sempre troppo disordinata, una libreria stracolma di libri e manuali di ogni genere, un vecchio poster delle Sorelle Stravagarie, un adesivo a forma di Ippogriffo sulla porta. Si ributtò sul letto, lasciando che il gatto si sistemasse tra i suoi piedi, sopra le coperte.
Un incubo.
Un altro.
Edward che muore davanti a lei.
Di nuovo.
Erano anni che aveva quel dannato incubo.
Da quando lui le aveva detto che sarebbe diventato uno Spezzaincantesimi.
Lei era al quinto anno, lui al settimo. Con il suo solito fare gentile, Edward aveva abbassato gli occhi e le aveva comunicato la sua decisione, tenendole le mani tra le sue. Avrebbe iniziato l'addestramento quell'agosto, e in pochi mesi sarebbe partito. Per dove, per quanto, con chi, non era dato saperlo. Non a lei, almeno. Si era arrabbiata e gli aveva chiesto di lasciarla da sola: non solo avrebbe dovuto finire la scuola senza averlo accanto – questo lo sapeva già, vista la differenza d'età – ma non avrebbe avuto la certezza di poterlo vedere a Natale o durante le vacanze estive. E con tutta probabilità, non avrebbe neanche potuto sapere dove fosse o dove cercarlo in caso di necessità, perché si sa, gli Spezzaincantesimi lavorano in segreto, e non è concesso che le fidanzate (soprattutto dei novellini) sappiano dove sono spediti o quando torneranno.
Si rigirò nel letto.
Forse lo sapeva, che l'avrebbe lasciata. Forse lo aveva capito in quel momento, o forse lo aveva sempre saputo, ma aveva fatto finta di niente. D'altronde, Edward era e sarebbe sempre rimasto il Portiere che l'aveva fatta quasi cadere dalla scopa alla sua prima partita. E lei, giovane e sciocca, giurava di essersene innamorata proprio in quel momento, al suo terzo anno, quando ancora portava i capelli ricci per assomigliare di più a Kayla, Robert e Sirius.
Si rigirò di nuovo.
Fanculo Edward.
L'aveva lasciata con una lettera, una lettera piena di convenevoli, frasi fatte e cliché. Una lettera arrivata a colazione, per umiliarla davanti a tutta la scuola.
"Non avrei mai creduto potesse succedere", "lei mi capisce", "ti vorrò sempre bene", "spero che potrai perdonarmi".
Se anche fosse morto in qualche missione, lei di sicuro non sarebbe stata accanto a lui.
Chiuse gli occhi.
E lei, per un po' aveva aspettato che tornasse. Ci credeva davvero, che sarebbe tornato. E l'avrebbe trovata lì, pronta a perdonarlo e a ricominciare daccapo.
Aspettarlo per mesi, però, le aveva portato via pezzi della sua vita che nessuno le avrebbe restituito.
Ti odio, Edward.All'ora di pranzo, il Paiolo Magico pullulava di gente, come da tradizione. Anastasia, con addosso un top che le sfiorava l'ombelico e i jeans di Draco Malfoy, spalancò la porta con fare sfinito, dopo una mattinata di trattative con un vecchio Pozionista per conto di Fred, George, Robert e Ron, che con l'avvicinarsi del periodo scolastico erano più indaffarati che mai.
«Buongiorno!» le sorrise Hannah, indaffarato dietro il bancone. «Neville, guarda chi c'è!» strillò poi verso il marito, che se ne stava al di là del bancone leggendo il Profeta.
Neville abbassò il giornale e rivolse ad Anastasia lo stesso sorriso affettuoso. «Signorina Black!» scherzò.
Anastasia si sfilò gli occhiali scuri e sorrise. «Professor Paciock!»
Neville le strizzò l'occhio e le fece segno di sedersi accanto a lui.
«Siccome sono la tua alunna preferita» raccontò Anastasia frugando nella borsa che portava a tracolla. «Ti ho portato questo»
Neville strabuzzò gli occhi: Anastasia teneva in mano una prima edizione di Geranio Zannuto dalla A alla Z, di Maxwell Nelson, mago canadese che un secolo prima aveva dedicato la sua vita all'Erbologia, e che Neville venerava; costringeva tutti i suoi alunni del secondo anno a leggere il suo M come Mandragora, e aveva iniziato a collezionare prime edizioni poco tempo prima, e tutti sapevano che il libro sul Geranio Zannuto fosse il più difficile da trovare.
«Non ci posso credere!» strillò Neville. «Hannah! Hannah, amore, guarda!»
La moglie, strofinandosi le mani nel grembiule per asciugarle, corse verso di loro con espressione allarmata. «Che c'è?»
«Geranio Zannuto dalla A alla Z!» strillò di nuovo Neville, avvicinando il libro al viso con fare teatrale. «Una prima edizione!»
«Oh!» si stupì Hannah. «Anya, dove Merlino lo hai trovato? L'ho cercato per tutto il Regno Unito, lo scorso Natale!»
Anastasia accennò una risata. «Segreti del mestiere» rispose, dondolando all'indietro.
«Grazie, grazie, Anastasia» le disse Neville. «Non avresti potuto farmi regalo più bello»
«Forse adesso ti perdonerà per non aver proseguito Erbologia dopo i G.U.F.O.» sorrise Hannah.
«Oh, Hannah» sospirò la ragazza. «Non sono pronta per sostenere di nuovo questa conversazione»
Neville scosse la testa, aprendo il libro con cautela. «Ti ho perdonata quasi subito» ammise. «Ma se vuoi continuare a farmi regali di questo calibro, fingerò di essere arrabbiato ancora per un po'» aggiunse, senza alzare la testa.
«Non so quando ancora avrò così tanta fortuna» gli disse lei. «Hannah, posso avere un panino? Sono stata in città tutta mattina per conto dei Tiri Vispi»
«Certo, tesoro» le disse Hannah. «Insalata, pomodori e formaggio?»
Anastasia sorrise e annuì. Trovava sempre davvero gradevole quando qualcuno si ricordava qualche dettaglio di lei o delle sue preferenze.
«Offro io, Hannah» le disse Neville, chino sul suo libro. «E credo che le offrirò tutti i panini che mangerà qui fino alla fine dei miei giorni!» aggiunse con entusiasmo, sfogliando le pagine con delicatezza.
Anastasia scosse la testa ed estrasse il telefono dalla tasca, controllando rapidamente le notifiche. Mentre Hannah le preparava il panino, Neville sfogliava il libro con le pagine ingiallite e sorprendentemente preziose, raccontandole dell'ultimo esperimento con i Bulbi Balzellanti, e Anastasia non poté che rimanere ammaliata dalla passione e dal trasporto del suo ex insegnante nel raccontare quelle cose. Era per questo che aveva scelto di frequentare Erbologia fino al quinto anno: per la passione che Neville metteva nello spiegare le cose, per come trasparisse il suo amore sincero per la materia, per come riuscisse a far sembrare l'esperimento con i Bulbi Balzellanti la cosa più bella del mondo.
Hannah le porse il suo panino su un tagliere di legno, con un bicchiere di sciroppo di ciliegia («offre la casa!» le aveva detto, sorridendo più che mai), di gran lunga la sua bevanda preferita. Hannah si era ricordata anche quel dettaglio, di lei, e lei non sarebbe potuta essere più felice.
Stava per dire a Neville che lo invidiava, per tutta quella passione e quel trasporto per dei banali Bulbi Balzellanti, quando accadde.
Neville esclamò «Oh, signor Scott, che piacere!» alzandosi per stringere la mano entusiasta all'ex studente, e lei alzò lo sguardo, ma non ce ne sarebbe stato alcun bisogno.
C'era un solo signor Scott che Neville avrebbe salutato con tanto calore.
Lo stesso signor Scott che l'aveva svegliata di colpo nel cuore della notte solo poche ore prima.
Lo stesso signor Scott che le aveva dedicato la scritta su una panchina a St. James's Park.
Lo stesso stramaledetto signor Scott che l'aveva lasciata con una lettera mandata Hogwarts con un barbagianni sconosciuto e antipatico.
Alzò lo sguardo e il mondo parve fermarsi.
Edward Joseph Scott era un Purosangue dagli occhi color nocciola e i ricci color cioccolata, alto e muscoloso, secondo di tre fratelli praticamente identici a lui. Da quando era partito e l'aveva lasciata, Anastasia non l'aveva più visto. Per un po', aveva costretto suo zio Aaron a dirle quali fossero le mete dei suoi viaggi o se stesse bene e fosse ancora tutto intero, se fosse riuscito a non immischiarsi in qualche faida tra Goblin vecchia di secoli – tipico di Edward: a Hogwarts aveva persino tentato di sistemare le cose tra Gazza e Pix.
Lo zio Aaron, Spezzaincantesimi molto più abile ed esperto di Edward Scott, lo aveva tenuto d'occhio per un po', poi, su insistenza di Robert, Kayla e Harry, aveva smesso di riferire alla quartogenita Black ogni suo spostamento.
E lei, non ne aveva saputo più niente. Aveva stracciato ogni foto e aveva messo il braccialetto che le aveva regalato in un vecchio portagioie, insieme al fermacapelli a forma di cuore.
Aveva lasciato che la sua presenza svanisse, delicatamente come era arrivato.
Ed ora se lo trovava a pochi metri, che camminava verso di lei, sorridendo a Neville come se non fosse passato neanche un giorno, con una maglietta giallo ocra e una grossa cicatrice sul collo, i capelli lunghi e spettinati e la sua solita camminata spavalda.
«Professor Paciock, quale onore!» esclamò.
Anastasia desiderò che quello sciroppo di ciliegia si trasformasse in Whiskey Incendiario.
«Anastasia» la salutò con un cenno del capo.
Mani dietro la schiena, tono cordiale.
Altro grande classico del signor Scott.
«Edward» rispose lei con un mezzo sorriso.
«Che ci fai da queste parti, ragazzo?» domandò Neville, senza smettere di sorridere.
«Sono solo di passaggio, signore» rispose lui cordialmente, tornando a guardare Neville. «Mio fratello Peter si sposa questo mercoledì»
«Oh, le mie congratulazioni!» esclamò Neville. «Con Laetitia, giusto?»
«Giusto» confermò Edward. Poi, sembrò notare il libro su cui Neville teneva posata la mano. «Oh, questa è una prima edizione di ...»
«Geranio Zannuto dalla A alla Z! Proprio lui!» rispose entusiasta Neville, levando la mano. Edward, che teneva ancora le mani allacciate dietro la schiena, si sporse leggermente, con sguardo ammaliato.
«Ma è meraviglioso, professore, dove lo ha trovato?» domandò, sembrando sinceramente stupito.
«Un regalo della dolce Anastasia, a dire il vero» ammise Neville, indicandola con un cenno della testa.
Edward tornò a guardare Anastasia, che di rimando teneva lo sguardo fisso verso il muro davanti a lei, con la mascella sigillata, e ben stretto in mano il suo bicchiere, pregando che tutto quello che stava succedendo, semplicemente, non fosse vero.
«Professor Paciock, credo non esista mago o strega che non conosca il valore di Anastasia Black»
Anastasia si morse la lingua per non rompere il bicchiere che teneva in mano. Non le piaceva arrabbiarsi, era un sentimento che non sentiva proprio, che le era estraneo da sempre. Fino ai dodici anni, ogni volta che si arrabbiava scoppiava in lacrime, tanto le era estraneo. Senza contare che gli insegnamenti di sua madre erano sempre stati più che chiari in merito: con la rabbia non si va da nessuna parte. Ed era vero, e lei ci credeva profondamente. O almeno, ci aveva creduto fino a quel momento. Perché adesso, seduta al Paiolo Magico accanto a Neville Paciock e dando le spalle al suo ex fidanzato che decantava il valore della sua persona, adesso Anastasia si sentiva davvero furiosa, e sentiva che con quella rabbia avrebbe potuto distruggere ogni edificio d'Inghilterra.
Neville, ricevuto un cenno rapido dalla moglie, disse di avere delle cose da fare e si scostò.
«Non c'è alcun bisogno» rispose rapida lei, riuscendo comunque a usare un tono gentile. «Sto andando via» si alzò dallo sgabello, ben attenta a non voltarsi verso Edward. «Hannah, ti dispiace?» chiese, indicando il panino. Hannah con un colpo di bacchetta, impacchettò il panino in un sacchetto di cartone sigillato. «Scusami, eh» disse poi la giovane Black. Hannah le rivolse un sorriso gentile, mentre Neville raccoglieva il suo libro da collezione. «Non ti preoccupare, Neville» disse poi la ragazza all'ex professore. «Io e il signor Scott non abbiamo niente da dirci, sono sicura che tu troverai i suoi racconti molto più interessanti di quanto potrei farlo io» detto ciò, si allontanò a grandi passi.
Sentiva impiantati sulla sua nuca gli occhi di Edward, ma era più che decisa a non voltarsi.
Aveva in mente un'uscita teatrale, e l'avrebbe avuta.
Dopotutto, se la meritava.
Infilò il sacchetto con il panino in borsa e uscì dal locale, ben decisa a non guardarsi indietro. Mosse qualche passo con sempre più decisione, iniziando a pensare a dove Smaterializzarsi (a casa no, no di certo. Dai Lupin? Da Kayla? A Grimmauld Place? Da Harry? Ai Tiri Vispi? Da Minerva?) quando sentì di nuovo quella voce armoniosa chiamarla con un tono decisamente troppo alto per essere ignorato.
«Anastasia! Dai, Anastasia, fermati!»
Smise di camminare. Si maledisse per averlo fatto: non era intenzionale. Non voleva farlo, assolutamente. Voleva continuare a camminare, e Smaterializzarsi da qualche parte, ben lontana da lui, dalle sue spalle muscolose e dai suoi occhi color nocciola.
Ah, quegli occhi.
La raggiunse di corsa, senza mostrare segno di fatica. «Ehi» le disse con un sorriso, superandola per mettersi davanti a lei. «Va tutto bene?»
Anastasia rimase immobile.
Va tutto bene?
Ci voleva una bella faccia tosta, pensò.
Neppure Edward Scott aveva una faccia tosta tale da chiedere se andasse tutto bene in una situazione del genere. Eppure, Edward Scott sapeva sempre sorprenderla. Questo, si disse, non sarebbe mai cambiato. Neanche dopo tutti quei mesi e una lettera d'addio, e tutti quei sentimenti contrastanti.
«Mi ... mi dispiace, sai, non averti avvisata che sarei tornato in città» disse ancora lui, portandosi le mani sui fianchi.
Lei inclinò la testa e lo guardò torva.
Davvero le stava dicendo una cosa del genere?
«Peter ... ha deciso tutto in fretta come al solito, sai com'è fatto, ho avuto a malapena il tempo di organizzarmi»
Anastasia alzò le sopraccigli e premette la lingua contro i denti.
Non poteva essere vero. Non poteva essere così sfacciato e così ingenuo. Era troppo persino per lui.
«Ma volevo ... volevo avvisarti, sai, chiederti di fare quattro chiacchiere per sapere come ti vanno le cose»
Eppure realizzò in quel momento, che lo aveva amato anche per la sua ingenuità: perché non pensava mai alle conseguenze delle sue azioni e delle sue parole. Edward Scott prima agiva, e poi pensava. E non sempre aveva il tempo e la voglia per pensare. Si era detta mille volte che aveva molto da imparare da Edward Scott: lei pensava troppo, al contrario di lui.
Si chiedeva spesso se avesse imparato, almeno un po', a non pensare. Quella, si diceva, era la sola che voleva tenere con sé di quella relazione.
«Non ... non mi dici niente?» chiese lui, mostrandosi quasi preoccupato. «Mi hai a malapena salutato»
Lei lo fissò di nuovo per qualche secondo.
Quanto le era mancato.
Quante volte aveva sognato che lui tornasse in Inghilterra senza avvisarla, per sistemare le cose. Quante volte aveva sognato di sentirlo dire che non era vero niente, che non si era innamorato di un'altra e che non aveva assolutamente intenzione di lasciare perdere tutto, che solo uno stupido avrebbe buttato all'aria tre anni di sentimenti e promesse. Quante volte aveva sperato di vederlo tra la gente. Si era persino trovata a Notturn Alley, seguendo uno sconosciuto con una chioma vagamente simile alla sua.
Adesso, era davanti a lei, dicendole che era tornato ma era solo di passaggio, e che avrebbe voluto fare quattro chiacchiere per sapere come le andassero le cose, guardandola come si guarda uno Schiopodo impazzito, stranito da quella sua reazione restia.
«Mi pare di essere stata chiara» disse allora lei, con un filo di voce. «Non ho niente da dirti»
«Anastasia ...» cominciò lui, in un sospiro.
«Anzi, no» lo fermò lei con un gesto della mano. «Porta le mie congratulazioni a Peter»
«... possiamo parlare?»
«Sei ancora fidanzato?» sputò, poi.
«Sì, ma ...»
«Ecco, esatto» lo bloccò lei di nuovo, scuotendo la testa. «A questo proposito, ho un'altra cosa da dirti: vaffanculo»
Riprese a camminare, e dopo meno di tre passi, si Smaterializzò.
Questa volta, sapeva benissimo dove andare.
bene, allora.
nota inutile: con questo iniziano una serie di capitoli per cui ho un'ansia terribile.
nota utile: Maxwell Nelson non esiste, e nemmeno Geranio Zannuto dalla A alla Z, è solo l'ennesimo personaggio di cui detengo ogni diritto.
I Gerani Zannuti esistono, però. Anche i Bulbi Balbuzienti.
E questa volta, a detenere i diritti non sono io, ma zia Jo.
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cascasse il mondo
Storie d'amore(SEQUEL DI PIU DI IERI) «Anastasia Black» «Sì?» «Rifammi la domanda» Lei inclinò la testa di lato, fingendosi scocciata. «Quale?» «La prima, del primo giorno» rispose lui sicuro. «Sai cosa è una Marlboro?» domandò di nuovo, senza capire. «Non q...