34. come stai?

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Anastasia rimase qualche secondo a fissare il cassetto pieno di occhiali da sole che stava aperto davanti a lei, nel suo immenso armadio pieno di ogni genere di cosa.

Con il cappotto già indossato e le scarpe già ben allacciate, non poteva fare a meno di fissare quel cassetto pieno di occhiali dalle montature bizzarre e colori di ogni tipo.

Le era chiaro da tempo cosa volesse dire quella sua collezione: era un modo per proteggersi, per mettere uno scudo, un filtro, tra lei ed il resto del mondo. Con addosso degli occhiali scuri, poteva guardare chiunque con l'illusione che nessuno guardasse lei, che nessuno la potesse riconoscere o indicare o decifrare.

Dietro la porta socchiusa, qualcuno batté un leggero colpo attirando la sua attenzione.

«Ambasciator non porta pena» si difese subito Sirius. «Ma tua madre mi ha chiesto di dirti che siamo in ritardo»

Lei gli rivolse un veloce sguardo. «Siamo perfettamente in orario»

«Ma lo sai che per lei non essere perfettamente in anticipo vuol dire essere in tremendo ritardo» sorrise Sirius, aprendo un poco la porta. «Cosa ti turba, mostricattolo?» chiese, accennando al cassetto.

Lei sembrò rifletterci qualche secondo poi gli fece segno di avvicinarsi. «Vieni qui» lo invitò. «Scegli un paio di occhiali» gli chiese dunque.

«Devo dire che in generale non amo vederti con gli occhiali scuri»spiegò Sirius. «Però ammetto di averne fatto uno spropositato uso anche io, ai miei tempi. Anche a lezione, per nascondere le occhiaie o dare fastidio a Lumacorno»

Anya accennò un sorriso. «E perchè su di me non ti piacciono?»

«Perchè non ti si vede il viso» spiegò lui. «Tu sei una di quelle anime rare a cui si vede l'anima negli occhi, Anastasia» aggiunse, afferrando un paio di occhiali con una montatura a forma di cuore di un rosso sgargiante. Con delicatezza, li infilò alla figlia e le sorrise.

«Non li ho mai messi, questi» ammise lei. «Sono assurdi!»

Sirius sorrise. «Vai, mostriciattolo: soprendili tutti!» poi tornò a guardare il cassetto. «Io metto questi» decretò, raccogliendo un paio di occhiali con la montatura alla John Lennon. «In memoria dei bei vecchi tempi andati, vedrai Remus come ride quando mi vede»

Anya raccolse la borsa e si girò verso il padre. «Dai, papà, li allarghi!» si lamentò sorridendo.

«Te li ricompro» sminuì lui facendole segno di uscire. «Ora andiamo, o questo Natale mi toccherà divorziare»

Draco se ne stava seduto sulla vecchia poltrona di Lucius, che non aveva perso l'odore di pelle e di cattiverie che il buon Malfoy Senior si era preoccupato di lasciare lì, forse per sempre. Davanti a lui, il camino acceso, che il biondo guardava senza vedere.

Non gli era mai piaciuto il Natale, certo. Forse solo durante i primi anni di Hogwarts, quando aveva la possibilità di lasciare i sotteranei per un po' e tornare dove si sentiva il re indiscusso. Con il passare del tempo, tornare alla Malfoy Manor non gli aveva più dato le stesse sensazioni. Dopo la prova finale del Torneo Tremaghi, tornare a casa gli era sembrato come uno schiaffo in pieno viso di cose che aveva cercato di ignorare: Voldemort era davvero tornato, e per quanto gli sarebbe piaciuto essere ancora il bambino innocente e viziato che non capiva niente e non poteva essere tirato in mezzo, si rendeva conto di essere abbastanza grande per capire ed essere coinvolto. Ricordò con un brivido lungo la schiena l'entusiasmo di sua zia Bellatrix: il Signore Oscuro era tornato, ce l'aveva fatta, ed era riuscito anche a far passare Potter e Silente per folli. Lei era euforica, mentre Narcissa e Lucius avevano mantenuto un'espressione impenetrabile, ma non avevano mancato di dirgli che "ora che puoi capire" anche lui avrebbe dovuto gioire di quel loro trionfo.

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