Voler essere perdonati

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Preghiere e polvere.

Erano queste le parole con cui i Twi' Lek descrivevano il loro pianeta. Eppure c'era qualcosa di più. Non un qualcosa di concreto, ma forse una sensazione. Poe non ne era sicuro ma in quei pochi giorni trascorsi su Ryloth a condividere un tetto sopra la testa e racconti di altre vite, tra canti e armi da ricaricare, parole e volti variopinti, tra tendoni affollati e strategie su cui discutere, aveva avuto come la sensazione che lì, in quel pianeta piegato in due tra una popolazione che non credeva più di poter vincere, ci fosse più speranza che in nessun'altro luogo. Non si trattava della speranza di vincere, ma di una ancora nuova agli occhi di Poe: la speranza di poter ricominciare.

Ricominciare a vivere, a sognare, a gridare. Ricominciare nella promessa di una pace forse non troppo lontana.

Ricominciare a combattere, a morire, a risorgere. Ricominciare a lottare senza mai arrendersi nella speranza di una pace forse ancora troppo lontana.

Da quando era arrivato su Ryloth, Poe aveva la sensazione di poter ricominciare. E davvero non gli importava se a ricominciare sarebbe stata la guerra o la pace, una vita di lotte e perdite o una vita di vittorie. Quella parola da sola, ricominciare, lo metteva di buon'umore e gli infondeva speranza.

Alzò gli occhi al cielo terso e cosparso da poche candide nuvole. Non avrebbe mai pensato di dirlo, ma non gli dispiaceva del tutto quel luogo. Si voltò indietro verso una roccia nel terreno arido e spaccato cosparso da pochi cespugli dalle foglie giallognole, con la mano tolse la polvere rossiccia e si sedette. Il tendone in cui alloggiavano i suoi compagni ribelli era distante, ma non abbastanza da non poter udire le voci concitate e il rumore dei blaster con cui alcuni si stavano allenando.

Per la prima volta dopo molto tempo non si sentiva più solo, o spaventato, o arrabbiato. Non sentiva il peso dei ricordi, o quello della battaglia che sarebbe giunta. Il pilota sospirò piano e si concesse una veloce occhiata al panorama. Una delle caratteristiche più belle di Ryloth secondo Poe era quella che non cambiava mai: sempre le stesse rocce, la stessa polvere, gli stessi abitanti e gli stessi insediamenti. Era tutto costantemente uguale, per chilometri e chilometri, e questo a Poe non dispiaceva affatto perché gli dava come un senso di sicurezza.

- Stai pensando a quanto sarebbe bello vivere qui? -.

Poe si voltò e incrociò lo sguardo di Reyna. Rimase un po' sorpreso nel vederla indossare il suo solito cappotto nonostante il caldo.

- No - rispose, - ho altri piani per quando tutto questo sarà finito -.

- Meno male - sospirò Reyna, visibilmente sollevata. - È da un'ora che sento gli altri dire quanto sarebbe bello rimanere qui. Insomma, cosa c'è qui se non polvere? Sembrano usciti fuori di testa-.

- Magari è per il caldo - ipotizzò Poe.

- O magari è per quelle Twi' Lek da cui non riescono a togliere gli occhi di dosso - disse Reyna fingendosi sconsolata e alzando le braccia al cielo.

- Uomini... - commentarono all'unisono.

Poi non poterono far altro se non scoppiare in una lunga e grassa risata, una risata di quelle che non se ne sentiva da tanto tempo.

- Perché indossi sempre quel cappotto? - chiese Poe rompendo per un attimo quella bella atmosfera che si era creata tra loro. - Fa caldo - aggiunse poi a mo' di giustificazione.
Reyna però non parve cogliere quella sfumatura divertita nella voce del compagno, ma anzi i suoi occhi furono velati da un alone fugace di tristezza, e sembravano specchi appannati.

La donna volse lo sguardo altrove, mentre Poe continuava a guardarla, non più con un'espressione giocosa in volto ma bensì con un punto interrogativo stampato in fronte.

The Empress - ReyloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora