Perché?

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- Perché l'hai fatto? -.

Rey poggiò una mano sul freddo metallo di cui la porta era fatta, e rabbrividì al tocco.
Aveva la possibilità di vedere Kylo Ren da fuori la cella attraverso un oblò in vetro doppio, ma non voleva vederlo, non ci riusciva, non pensava di essere in grado di guardarlo negli occhi e sostenere il suo sguardo.
Erano passati tre giorni dall'arresto, e per quei tre giorni a lei era mancato il coraggio e la forza di fronteggiarlo, di parlare con lui e porgli la stessa domanda che le ronzava in testa da tanto tempo ormai.

Sentì un cigolio dall'altra parte della porta, poi un rumore di pochi passi pesanti. Istintivamente piegò la testa di lato e volse lo sguardo altrove - ovunque purché i suoi occhi non incontrassero quelli di Ren.

In quei tre giorni aveva negato il permesso ad un interrogatorio, anche perché sapeva bene che Kylo non avrebbe spiccicato parola, figurarsi confessare. Sarebbe stato tutto più facile se lui avesse avuto il buonsenso di ammettere le proprie colpe e se Rey avesse avuto la forza di istituire un processo. E forse proprio per questo Rey gliene era grata, gli era grata che si fosse chiuso nel suo silenzio e così lei aveva avuto il tempo per pensare, fare bagaglio di tutte le sue forze e mettere quanta più distanza possibile tra se stessa e il processo che tutti stavano aspettando.

Era tutto una questione di tempo.
Lo sentiva scorrere inesorabile, alitarle sul collo, stringerle la gola, ticchettare all'infinito. In questa gigantesca clessidra lei precipitava insieme ai granelli di sabbia, e annaspava alla cieca per cercare di aggrapparsi a qualcosa per aggirare il tempo, per temporeggiare quanto più possibile.
Faceva di tutto pur di frapporre tra lei e quel fottutissimo processo quanti più minuti, ore, giorni.
Ma per quanto ancora avrebbe potuto temporeggiare? Quanto tempo poteva ancora prendere? E quanto ne restava?

In quei tre giorni le pressioni esterne non avevano fatto altro che crescere a dismisura fino a costringerla in un angolo. Le aspettative altrui erano alte, la pressione ed il clima di tensione che si respirava non facevano altro che stringere Rey in una morsa sempre più stretta privandola di una via di fuga.
Più tempo passava più le sembrava di star implodendo lentamente ma inesorabilmente.

Fosse stato solo per il duro colpo infertole da Kylo Ren, forse ora sarebbe stata un po' meno ferita e vulnerabile e magari anche un po' più razionale. Ma in quei tre giorni - quei tre fottutissimi giorni- si erano concentrati due traditori che progettavano un colpo di stato, uccisioni di massa tra le fila delle reclute, gli strani progetti di Hux ed un omicidio inesplicabile.
Come se già non bastasse il suo cuore spezzato, ora si trovava a fronteggiare situazioni in cui era poco chiaro come agire.

La parte più egoista di lei avrebbe preferito liquidare questa serie di palesi mine vaganti all'interno dell'Impero. Ma Rey ormai aveva deciso di non voler più essere egoista, non dopo che i suoi sentimenti per quel traditore l'avevano indotta a fare scelte puramente egoiste.
Più volte, infatti si era ritrovata a pensare che un altro, al suo posto, l'avrebbe già fatto giustiziare.
Darth Sidious, al suo posto, non lo avrebbe mai rinchiuso nella sezione di isolamento, né avrebbe impedito un interrogatorio o delle torture, né avrebbe predisposto dei soldati a guardia della sezione, né avrebbe cercato di guadagnare tempo per evitare l'inevitabile. Darth Sidious lo avrebbe ucciso con le proprie mani il giorno stesso dell'arresto.
E Rey capiva che avrebbe dovuto agire come suo nonno avrebbe fatto, ma non poteva, non ci riusciva.

Forse era troppo debole, o forse ancora troppo umana, ma non gliene importava. Aveva lasciato che questi pensieri scorressero nella sua mente e ne era rimasta del tutto indifferente.

Ancora si illudeva di non sapere bene il motivo per cui il suo cuore si era spezzato e per cui ora si trovava lì, al di là di quella porta, a parlare con lui nonostante il suo gesto.
Si illudeva di non capire perché non lo avesse ucciso con le proprie mani invece di proteggerlo, temporeggiare e addirittura venire a cercarlo per vedere i suoi occhi una volta ancora.
Si illudeva di non capire e non sapere, ma la verità era lampante: lei era innamorata di quell'uomo.
Era innamorata di Kylo Ren anche se ancora faticava ad ammetterlo a se stessa. Era innamorata di lui anche se fingeva il contrario. Lo amava, e amava quel "noi" che si era venuto a creare, l'inesplicabile connessione tra di loro, la chimica tra di loro, quel sottile filo rosso che li legava l'un l'altro.
Lo amava e questo sentimento a lungo sconosciuto la spaventava, la terrorizzava. Ma non aveva mai smesso di amarlo, di amare il suo volto, il suo tocco, il suo profumo o il modo in cui la guardava, le sue mani grandi, i capelli scompigliati quando la mattina si svegliavano nello stesso letto, la sua pelle, la tempesta che la sua bocca celava ma che in suoi occhi raccontavano.
Rey lo amava, ma aveva avuto troppa paura per ammetterlo. E questa sua abitudine di negare i suoi sentimenti non aveva fatto altro che accentuare spaventosamente il lato ossessivo e quasi malato di quella relazione in cui  due cuori non facevano altro che aspettare di poter battere all'unisono, in cui due mani non aspettavano altro che di potersi intrecciare, in cui due bocche non aspettavano altro che di assaporarsi e le parole non aspettavano altro che di essere futili mezzi - ma le anime che si aspettano a vicenda sono destinate a non incontrarsi mai.

The Empress - ReyloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora