Capitolo 20

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Sento un dolore lancinante alla testa, apro lentamente gli occhi. Ma dove diavolo sono?

Alzo lentamente il busto e mi guardo intorno. Sono seduta su un letto matrimoniale con delle federe azzurre, la camera ha le pareti dello stesso colore del copriletto. Davanti a me c'è una scrivania disordinata nera, accanto una porta grigia. Giro il capo verso destra e noto un armadio nero e un comodino con una lucetta.

Ok questa non è camera mia.

«Finalmente ti sei svegliata» una voce molto familiare spunta alla mia sinistra facendomi sussultare.

«Alex? Questa è camera tua? Ma prima non eravamo in spiaggia? Come ci sono finita qui? E perché ho addosso una tua maglietta!?» Faccio domane a raffica spaventata. Ho bisogno di risposte.
L'ultima cosa che ricordo sono io che gioco a beach-volley.

«Con calma mora» alzo gli occhi al cielo per il soprannome «Si è camera mia, si prima eravamo in spiaggia. Sei qui perché hai avuto un malore per colpa del sole, ti ho tirato una pallonata sul quel bel musetto che ti ritrovi e sei svenuta, avevi addosso solo il costume e dato che i tuoi vestiti erano ricoperti di sabbia ti ho prestato una mia maglietta, il tuo costume era asciutto, quindi hai ancora quello....purtroppo»

Un momento, ora ricordo, la battuta, il forte impatto con il mio viso...

«E perché non sono con Summer? E gli altri?» Lo guardo incrociando le braccia.

«Summer ha proposto di portarti a casa nostra finché non ti saresti svegliata, poi lei stasera è dovuta andare al lavoro da nostra madre, quindi ha chiesto a me di tenerti d'occhio, bloccandomi tutta sera con te ed eccoci qui ora» Si alza dalla poltroncina blu venendosi a sedere sul letto in parte a me.
Gli stessi brividi dello sgabuzzino si impossessano di me quando inizia a guardarmi negli occhi «Ora stai bene?».

«S-si» perché sto balbettando? Qual è il mio problema? Madison svegliati!

«Bene, se vuoi posso portarti a casa, non penso tu voglia dormire qui» scherza sorridendo.

Che sorriso!

Coscienza, non è il momento.

«Anche se a me non dispiacerebbe» e riecco il suo lato tanto malizioso quanto strano. Ha cambiato umore così facilmente cazzo.

«Portami a casa» mi alzo provando a non guardarlo negli occhi tenendo lo sguardo basso.

Raggiungiamo l'auto, ormai sono stata qui un sacco di volte, dovrei soprannominarlo tassista.

«Mi dispiace di averti tirato la pallonata prima, non era mia intenzione, scusa» guarda dritto davanti a sé la strada.

«Tranquillo, hai già fatto abbastanza per scusarti» sorrido per le scuse, non pensavo si scusasse, in fondo del ragazzo che ho incontrato in spiaggia non c'ho ancora capito molto.
Prima fa lo stronzo, poi ti tira la pallonata, poi sembra si preoccupi per te, subito dopo mostra un lato malizioso e poi si scusa...ma chi lo capisce?

«Che intendi dire?» fa un'espressione confusa.

«Beh, mi hai portato a casa tua, mia hai prestato una tua maglia e sei rimasto tutta sera a controllare che stessi bene...»

«Già» ridacchia.
Con la mano inizia a tastare il porta bicchieri della sua auto «Cazzo non ho portato l'acqua!»

«Hai sete?» Chiedo cauta.

Che domanda idiota, se sta cercando l'acqua, a volte mi vergogno di essere la tua coscienza.

«Merda, si!» sbatte le mani sul volante.

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