Capitolo 37

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Madison's pov

Il mondo sembra girare più velocemente, il mio equilibrio è dato per la poca conoscenza che mi è rimasta.
Il caos, troppe domande a cui non voglio dare una risposta, gli occhi si fanno pesanti e ogni gradino sembra alto chilometri.

«Signorina, che fine ha fatto suo fratello? Perché dal 17 agosto non è più presente nel suo feed instagram?» la domanda che tocca il fondo e per tornare in superficie, senza bombola d'ossigeno, completamente sola, le gambe non possono reggere.
La macchia nera sul bordo della mia maglia segna perfettamente la goccia di mascara lasciata cadere, le luci intermittenti delle macchine fotografiche in continua azione l'hanno catturata.

Quella piccola fama che sto provando raggiungendo, verrà mandata sulle stelle per un mio evento passato e probabilmente, non per la mia voce.

La ressa attorno a me si fa più caotica, le domande tempestive e le urla di alcune ragazze che cercano di farsi notare diventano sempre più stordenti.
Le immagini divengono sempre più sfocate, le luci intermittenti non mi danno tempo di ragionare, il mondo sta andando troppo veloce e io sto perdendo il passo.

Di fronte a me si para una figura scura e imponente, non riesco a decifrare fino a delle parole sfuse che riesco ad udire.

Alex.

Tutta la confusione non mi da il tempo di ragionare, il cuore prende un ritmo più forte e il respiro si accorcia quando sento ancora la parola «fratello».
Fino a quel momento sento spinte, pressioni e persone troppo vicine, ma come di scatto tutti iniziano a farsi da parte, dopo il tuono, lo schiantarsi in modo irriverente dell'onda contro lo scoglio della voce di Alex.

Sento la sua stretta sul mio polso e, con le ultime forze che mi sono rimaste, mi faccio portare nella sua auto.
I miei occhi rimangono sbarrati e il mio ritmo cardiaco accelera, tutto quel casino mi ha causato un bello spavento.
È un luogo troppo chiuso l'auto, il respiro si taglia di più, si accorcia, l'unica cosa che voglio in questo momento è un'altra:
«Andiamo a casa mia, ora».

Probabilmente mi aveva già chiesto qualcosa una volta entrati in auto, ma nella mia testa ci sono talmente tante voci che a stento riesco a decifrare la mia.

"Suo fratello non c'è più signorina"

"Finché ci sarò io..."

"Non ti abbandonerò mai"

"Ormai non c'è più, fattene una ragione, idiota"

"Non ritornerà mai più"


Riesco a sentire la pressione sull'acceleratore fermarsi.

Siamo a casa mia.

Alex fa il giro dell'auto per aiutarmi a scendere, ma appena metto giù il piede destro cado di peso. Le mie gambe non reggono più? A quanto pare la mia ansia attacca le mie energie.
Alex senza pensarci due volte mi prende in braccio. La sua presa ferrea, non abbastanza pressata da ferirmi, ma abbastanza salda da non farmi cadere. Allaccio le braccia intorno al suo collo e mi appoggio alla sua spalla in segno di debolezza.

Mi sento fragile, sono stata abbattuta da delle semplici domande, ma sentir parlare di questo argomento a cuor leggero, con delle domande così frivole, per uno stupido articolo di giornale mi ferisce, stordisce e indebolisce.
Non sempre le domande a cuor leggero hanno lo stesso peso dell'aria, bensì possono essere tanto massicce quanto un macigno che abbatte il cuore.

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