L'ansia dell'aereo non era affatto andata via, ogni volta che mi ritrovavo sopra a questo grande uccello di metallo mi si stringeva lo stomaco.
Ma questa volta ero abbastanza sicura che non fosse tutta colpa dell'aereo, ma c'era una piccola parte di altro.
Avevo paura di questo giorno, del giorno in cui sarei volata lontano dal New Jersey per tornare nella mia patria, l'Italia.
Forse avevo troppa paura di essere mangiata viva dai ricordi che ci avevo costruito, o avevo paura di non provare più la stessa felicità.
Mi era capitato più volte di pensare a quanto ero felice durante la gita in Italia, nel mio piccolo mondo assieme a lui.
Tutto quello che avevamo passato era svanito nel nulla, come una piccola nuvola di vapore dopo essere stata sputata via dalle labbra fredde durante le giornate d'inverno.
E io mi davo milioni di colpe, e mi ponevo domande continuamente, a cui purtroppo non c'era risposta.
Dovetti mettere fine ai miei pensieri, volevo provare a dormire almeno per qualche ora.
Mattia pov
"Mattia dove stai andando?", mio padre mi chiese dopo avermi visto prendere il mio portafoglio sul tavolo della cucina.
"A fare un giro, voglio ambientarmi per bene qua", risposi non curante della sua curiosità.
"Ma se non sei mai uscito!", esclamò cercando di indagare.
"Inizierò ora", risposi accennando un sorriso aprendo la porta di casa e uscendo successivamente.
Feci veloce, non avevo voglia di stare a rispondere a tutte le domande che mi avrebbe fatto mio padre.
Ma non mentivo sul fatto di volermi ambientare, durante tutta la permanenza forzata non ero quasi mai uscito, avevo una sottospecie di rifiuto per l'Italia, non volevo godermela.
Amavo stare qua in vacanza, ma ora che ci ero a vivere era tutto così diverso, la odiavo.
Mi aveva separato da tutto, mi aveva strappato la mia vita in New Jersey.
E mi aveva strappato a lei.
Avevo pensato a martina così tanto da farmi venire mal di testa, talmente tanto da ritrovarmi a un passo dal chiamarla, e dal dirle che l'amavo ancora così tanto.
Ma poi mi fermavo, e cambiavo idea, lasciando il mio telefono appoggiato al comodino, pronto a essere preso nuovamente in mano per guardare qualunque cosa lei facesse, attraverso le sue storie di Instagram.
Ma per mia sfortuna lei non pubblicava spesso, anzi.
Ma quella volta che il pallino della sua storia diventava rosso, mi precipitavo a guardare.
Ero pazzo.
Lei mi aveva fatto diventare un sottone, un romantico, uno scemo e un'uomo così fragile.
—
Dopo qualche ora di viaggio in treno, con le mie AirPods nelle orecchie e la mente piena di lei ero finalmente giunto al duomo di Milano, che mi lasciava senza fiato ogni volta.
Venire fino a qua era l'unica cosa che sapevo fare autonomamente, avevo imparato a prendere il treno con mio padre.
Ma Milano era troppo grande e io non avevo un buon senso dell'orientamento, perciò avrei passato la giornata seduto a guadare le persone che si affrettano a salire le scale della metro, correndo chissà dove.
Martina pov
Il sonnellino che avevo cercato di fare durante il volo mi aveva ricaricato, mi sentivo piena di energia.
Mancava davvero poco all'atterraggio, ed ero pronta a riabbracciare la mia famiglia.
Sapevo che non mi sarebbero venuti a prendere all'aeroporto, perciò pensai di fare un giro appena mi fosse stato possibile scendere dall'aereo.
Avevo avuto dei problemi con l'aeroporto una settimana prima, mi avevano cambiato l'ora del volo e soprattutto mi cambiarono aereo porto, dovevo scendere a Torino ma per colpa loro sarei arrivata a quello di Milano Malpensa.
Detestavo questi problemi tecnici, soprattutto se per colpa loro mi sarei sicuramente persa.
Mentre ancora mi arrabbiavo internamente la voce Metallica del pilota mi ricordò di mettere la
cintura per prepararsi all'atterraggio, e così feci.
Dopo qualche minuto l'aereo aveva finalmente toccato terra, e io potetti scendere.
L'aria dell'Italia non era cambiata, era sempre buona e rilassante.
Dopo aver tirato qualche sospiro di sollievo chiamai il taxi che mi avrebbe portata in centro, così da farmi un giro assieme alle mie valigie.
Dopo una decina di minuti vidi la macchina arrivare verso di me, e dopo aver messo i miei bagagli nel baule ci entrai accomodandomi.
"Salve, dove la porto?", mi disse il tassista con molta gentilezza
"In centro Milano", risposi sorridendo cordialmente
"Bene", rispose semplicemente per poi mettere in moto e partire.
Non sapevo esattamente cosa avesse capito il tassista per "centro", perché non lo sapevo nemmeno io, non conoscevo minimamente Milano a parte il duomo.
E il centro mi sembrava una scelta giusta, visto che poi avrei preso il treno.
Mentre il signore si faceva strada nell'intenso traffico di quel giorno, io guardavo fuori dal finestrino.
—
Dopo una quarantina di minuti la macchina si fermò davanti a piazza duomo, che era magnifica ogni volta che si presentava ai miei occhi.
Dopo aver pagato il tassista e aver preso i miei bagagli mi incamminai nella piazza, che come al solito era piena di gente che aveva fretta di andare chissà dove.
Decisi di andarmi a sedere sulle grosse scalinate che avevo visto da lontano, così da poter guardare l'orario del treno che avrei preso a fine giornata per tornare a casa mia.
Ma qualcosa mi impedì di raggiungerle, erano le mie gambe che si erano fermate e che non avevano nessuna intenzione di muoversi.
Perché alla vista di un ragazzo a me molto familiare seduto su di esse, le mie gambe decisero che non avrebbero continuato a camminare.
Non era umanamente possibile una cosa del genere, era una coincidenza così impossibile da non sembrare reale.
Bastò qualche secondo per far capire a lui che io lo stavo fissando immobile, come se avessi appena visto un fantasma.
È così lui incrociò il mio sguardo, incastrando i suoi occhi marroni con i miei occhi verdi.
Aveva uno sguardo afflitto e confuso, mentre io sembrava che avessi visto un fantasma, e forse era così.
Continuammo a fissarci increduli finché lui fece quello di cui avevo più paura, ovvero alzarsi e venirmi in contro.
Volevo scappare, ma alle mie gambe avevo due pesi immaginari attaccati, che non mi consentivano di muovermi.
Più lui si avvicinava, più io non riuscivo a credere a quanto il destino fosse un enorme pezzo di merda.
Quando arrivò davanti a me, non sapevo cosa fare e ne cosa dire.
Ma a spezzare il silenzio fu lui.
"Ciao", disse guardandomi negli occhi, senza spostare lo sguardo
E per quanto volessi solo urlargli contro e insultarlo con tutta me stessa, non uscii nulla dalla mia bocca.
Ero troppo a disagio, e dovevo spezzare quello sguardo costante che avevamo.
Girai il mio corpo per camminare via da lui, ma come al solito la sua mano interruppe la mia azione bloccandomi.
"Martina..", disse a bassa voce mentre ancora mi teneva ben salda
"Mattia", riuscì a dire con un filo di voce dopo tutto quel silenzio infinito..Spazio autrice
Ciao a tutti, sono finalmente tornata da voi.
Scusate per l'enorme assenza, sono stata vita troppo.
Mi siete mancati tutti, e mi è mancato scrivere.
Prometto che non sparirò più così tanto, e che continuerò la storia.
Grazie per essere stati così pazienti, vi voglio bene.
Se il capitolo vi è piaciuto lasciate una stellina e un commento.
Sono tornata❤️
-purplehearth💜
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M.M mattia polibio💜
FanficForse il destino, o pura coincidenza.💜 La prima parte della storia è completa, la storia è munita di un sequel all'interno che per motivi già specificati non è stato continuato. Buona lettura a tutti💜 Storia iniziata il 13/02/2020💜