37. Vis à vis

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Jane

"If you have the ability to love, love yourself first."

Charles Bukowski



Vengo accolta dal solito odore nauseante che mi conferma che nonostante i mesi passati lontana da qui niente è cambiato, nemmeno l'effetto che questa casa ha su di me.

Può sembrare una casa come tutte le altre ma solo io so che dietro queste quattro mura si cela una gabbia asfissiante nella quale girovagare in cerca di uno spiraglio di luce, in cerca d'aria.

Mura che hanno udito il pianto di una bambina ingannata, mura che hanno incassato lo sbattere violento del mio corpo su di esse, pareti che hanno custodito lo sporco segreto di mio padre.

Ricordo ancora quando il profumo di lavanda sovrastava quello di alcol, quando la biancheria sapeva di pulito e mai di muffa, quando il rumore delle risate dei vicini mi cullava ogni sera facendomi sentire meno sola.

Ricordi distorti e irreali di una Jane bambina che credeva ancora che le cose belle esistessero, che pensava di poter avere momenti felici, piccoli attimi, insignificanti, paragonati a tutto il resto, ma pur sempre presenti.

Il rumore violento dello sbattere della porta mi risveglia dai miei pensieri, facendomi sobbalzare per lo spavento.

Noto mio padre scrutarmi con cura e lentezza, probabilmente sta decidendo quale parte del mio corpo iniziare a torturare.

Rimango stupita nel vederlo sedersi come niente fosse di fronte a me.

"Allora? A cosa devo la tua piacevole visita?" Domanda portandosi ancora una volta la bottiglia alle labbra.

Aspetto qualche secondo in modo da ponderare bene la mia risposta.

"Ti dispiace che sia tornata? Non era quello che volevi?" Rispondo con freddezza.

"Jane, Jane, Jane...non ti sei ancora stancata di provocarmi?" Domanda ridendo.

"Non ti ho mai provocato, hai sempre fatto tutto da solo" dichiaro prontamente.

Ascolta le mie ultime parole attentamente, con le mani appoggiate sulle ginocchia e lo sguardo fisso sul pavimento.

Se non lo conoscessi penserei di averlo ferito, che si stia pentendo per come si è comportato.

Ma ricordate, chi ama non ferisce, quando vuoi veramente bene a qualcuno lo proteggi, sempre.

Il lupo non perde mai il vizio, mai.

Esistono persone che sono più forti di altre a reprimere la propria natura, persone che sentono la necessità di migliorarsi per i propri cari e poi, ci sono persone come mio padre, che mettono il loro bene davanti a chiunque, che non si curano del prossimo e soprattutto che non hanno interesse nel cambiare per sé stessi, figuriamoci per gli altri.

"Ho fatto tutto da solo anche quando tua madre è andata via? Perché pensi l'abbia fatto? Non ti voleva, noi non ti volevamo" grida alzandosi all'improvviso in piedi.

Sono riuscita a farlo arrabbiare e ora di certo non mi tirerò indietro. E' arrivato il momento di mettere un punto e, questa volta, sarò io a farlo.

"Vuoi sapere cosa penso papà? Credo che mamma ci abbia lasciato per colpa tua. Penso che la paura di vedere la tua ira scagliarsi contro sua figlia sia stata talmente forte da voler fuggire. Sono sicura che quello che hai fatto a me tu l'abbia fatto prima a lei, mi sbaglio papà?" Rispondo utilizzando il suo stesso tono con le lacrime che mi rigano il visto. Sto reagendo e per la prima volta mi sento libera.

"Come cazzo ti permetti?" Grida più forte che mai e in un secondo la sua mano si scaglia sulla mia faccia, facendomi sbattere contro la parete.

"Tu come ti sei permesso in tutti questi anni a farmi sentire sbagliata?Come ti sei permesso a toccarmi con quelle sporche e sudicie mani?Come osi ancora parlarmi e respirare la mia stessa aria? Sei un mostro ma, purtroppo per te, non sei più il mio" dichiaro avanzando nella sua direzione, fino ad arrivare ad un centimetro dal suo viso.

Lo vedo sgranare gli occhi per le mie parole, la Jane forte e determinata deve averlo sorpreso.

D'un tratto mi cattura i capelli, strattonandomi a destra e sinistra.

Mi colpisce l'addome con un pungo, poi un'altro ancora, fino a quando mi ritrovo in ginocchio davanti a lui.

Alzo la testa guardando l'orrore dei suoi occhi, dei suoi gesti e, senza aspettare l'ennesima reazione, lo colpisco nelle parti basse.

Urla per il dolore, accasciandosi sul divano.

"Brutta troia" dice dimenandosi.

Mi alzo dolorante e pronta per colpirlo ancora, questa volta in viso.

Non mi sento più padrona del mio corpo, tutta la rabbia accumulata negli anni sembra sfogarsi sul suo volto.

Vedo solo sangue uscire dal naso e colare lungo le labbra, gemiti che non capisco se siano i suoi o i miei, disperati e agognati, che accompagnano ogni movimento.

All'improvviso vengo spintonata, ritrovandomi con la faccia sul pavimento.

"Adesso tocca a me tesoruccio" afferma sputando per terra e avvicinandosi al mio corpo.

Un pugno colpisce il mio occhio, costringendomi a chiuderlo per il dolore, mi strappa la maglietta con forza, ridendo come uno squilibrato.

Mi agito sotto al suo sguardo vigile e divertito, provando a svincolarmi dalla sua presa.

Con un calcio riesco a liberarmi ma il dolore mi impedisce di alzarmi per scappare via.

"Tu, sei solo una ragazzina che si diverte a fare la donna. Non vali niente Jane, non sei mai stata all'altezza di essere mia figlia. Vuoi che risponda alle tue domande? Bene. Sì, mi divertivo a picchiare anche tua madre, odiavo la sua solarità, odiavo vederla dipingere e parlare amichevolmente con chiunque. Io volevo essere il suo mondo e poi sei arrivata tu. Era così presa dalla gravidanza che si è dimenticata completamente di me ed è stato allora che ho iniziato a odiarti, a odiare lei. Sì, la picchiavo con te nella pancia, la penetravo ogni volta che mi rifiutava, la minacciavo ogni volta che sembrava sfuggirmi. E' questo che volevi sapere? Eccoti accontentata. Ma tutto questo è successo per colpa tua, sei stata tu a distruggerci" parla con una calma terrificante, come se la sua rivelazione fosse normale, una giusta conseguenza delle mie azioni, delle azioni di mia madre.

Sento una nausea improvvisa crescere in me e repentinamente mi alzo in piedi appoggiandomi alla poltrona.

"Mi fai schifo" dichiaro semplicemente, senza aggiungere altro.

Non mi lascia il tempo di terminare la frase che mi prende bruscamente per la gola facendomi sbattere alla parete.

Mi osserva per alcuni secondi con il respiro affannoso di chi è sopraffatto dall'adrenalina o dalla follia.

All'improvviso percepisco un forte rumore provenire dal soggiorno, accompagnato da un grido disperato.

Le mani di mio padre stringono la presa sulla gola, impedendomi di respirare regolarmente.

Tutto diventa sfocato, gli occhi si riempiono di lacrime, la testa gira senza sosta e infine, avverto la brutalità delle tenebre avvolgermi.






💫Spazio Autrice 💫

Ciao girls,

come avrete notato questo capitolo è un pochino forte ma vi assicuro che era necessario per lo sviluppo della storia.

Spero vi sia piaciuto,

attendo vostri commenti ❤️

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