41. Mia

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Jane

"Sex alleviates tension. Love causes it."

Woody Allen



Oggi finalmente uscirò dall'ospedale, inutile negare che tutta la situazione mi abbia parecchio destabilizzata e che devo ancora riprendermi del tutto.

Tom è passato ogni giorno, tenendomi compagnia e cercando di alleviare quel senso di oppressione che mi accompagnava dalle prime luci dell'alba fino al completo e assoluto buio della notte.

Ha cercato in tutti i modi di distrarmi, parlando del più e del meno, comprandomi riviste e cibo di ogni genere.

Insomma, ha fatto il possibile per starmi vicino ma, nonostante ciò, sento che manca qualcosa, come se quanto successo avesse spezzato la nostra connessione.

Mi guarda in modo diverso, con timore e compassione, come si guarda una bambina ferita, come si compatisce un animale abbandonato.

Ma non è solo il suo sguardo a ferirmi, bensì il suo atteggiamento.

Non riesce neanche più a sfiorarmi, non ricordo quando è stata l'ultima volta che le sue ruvide mani hanno accarezzato delicatamente il mio viso, non ricordo la sensazione delle sue labbra carnose sulle mie, non ricordo niente di tutto ciò.

Come se la nostra alchimia non fosse mai esistita, come se io e lui non fossimo mai stati un noi ma solo due amici disponibili l'uno nei confronti dell'altro.

Guardo fuori la leggera pioggia imbattersi sulla finestra della mia camera mentre concedo alla mia testa di vagare liberamente tra paure, ansia e paranoie.

Sono sveglia da molte ore e di Tom nemmeno l'ombra.

Aveva detto che sarebbe arrivato in tempo per la mia uscita e che mi avrebbe portato lui a casa ma, nonostante le innumerevoli chiamate, Tom sembra sparito nel nulla.

Mi alzo dal letto con estrema lentezza per evitare di farmi male e sentire il dolore lancinante delle mie costole.

Indosso dei vestiti puliti e semplici per poi preparare il borsone con tutte le mie cose.

Mi osservo un'ultima volta allo specchio del bagno prima di lasciare la stanza. I segni sono ancora evidenti e le occhiaie sembrano essere diventata un elemento fondamentale del mio viso.

Decido di truccarmi leggermente per avere un aspetto più sano e ordinato e raccogliere i capelli in una coda alta e tirata.


Avanzo lungo il corridoio per arrivare alla reception dove dovrò firmare dei moduli prima di andare via.

"Salve" dico titubante all'infermiera di turno.

"Ciao tesoro, ti serve qualcosa?" Risponde con un sorriso caloroso e rassicurante.

"Sì, dovrei firmare i moduli per andare via. Ero nella stanza 407" affermo.

"Ok, dammi un secondo... ah ecco qui. Jane Stone, giusto?" Chiede per conferma.

"Sì, sono io" prendo i fogli ed inizio a compilarli.

"Come ti senti tesoro, sei felice di uscire?" Chiede l'infermiera che, come mostra l'etichetta sopra la sua divisa, dovrebbe chiamarsi Tina.

"Diciamo di sì, grazie Tina" le consegno tutti i moduli, sorridendole un'ultima volta.

"Chi viene a prenderti?" Domanda curiosa.

"Nessuno, sono sola" dico per poi salutarla con la mano ed uscire fuori dalla struttura.

Cammino per alcuni chilometri per poi entrare in una tavola calda che si affaccia direttamente sulla strada.

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