Una luce lattiginosa gli trafigge le palpebre chiuse. Dopo il buio, è una lama incandescente eppure ghiacciata, che ferisce dolorosamente gli occhi e li bagna di qualche lacrima inespressiva. Dal silenzio cominciano ad affiorare suoni attutiti, difficilmente distinguibili: forse scalpiccio di passi, il bisbiglio di voci eccitate e impazienti. Per quanto riesce a capire, è disteso supino su una superficie elastica.
Lentamente, si rende conto che questi dati arrivano da percezioni: dunque, possiede almeno due o tre sensi e intorno a lui c'è uno spazio che essi possono percepire, allo stesso modo della presenza di altre persone che lo occupano. Indipendentemente dall'ignota identità di costoro, l'idea di non essere solo è in qualche modo confortante.
Nel tentativo di alleviare la pressione sui timpani, cerca di deglutire, di sbattere le palpebre pesanti per verificare se può aprirle e cominciare a vedere. Sembrano letteralmente incollate, al punto da fargli temere sul serio di avere una brutta congiuntivite. Ogni minima tensione dei muscoli gli causa una sofferenza indicibile, come se fossero tutti contratti eppure impossibili da contrarre: quegli impercettibili movimenti del viso costano una fatica inaudita, che gli provoca un gemito appena udibile, ma sufficiente per incendiare le sue corde vocali. Possiede dunque anche la capacità di provare dolore. Un paio di sonori colpi di tosse sono esplosioni nella cassa toracica, l'inspirazione nel mezzo un risucchio vuoto, come se le vertebre cercassero di aspirargli i polmoni. Avrebbe bisogno di urlare, ma il buonsenso che sta lentamente tornando gli dice che peggiorerebbe solo la sua condizione e, in ogni caso, non avrebbe energia a sufficienza.
"Jim! Jim, forza! Dai, tesoro, respira!"La sorpresa di udire quella voce ha l'effetto di una scarica elettrica. Sussulta dolorosamente e l'impulso ad aprire gli occhi è a tal punto intenso, primordiale e istintivo da superare ogni fatica, sofferenza fisica o paura: le palpebre scattano all'insù da sole e le pupille accettano l'ardua impresa di misurarsi a singolar tenzone con la luce.
Il mondo è una sola macchia confusa, un'informe nebulosa scura, attraversata da tracce violacee e verdastre che la tagliano con zigzag irregolari, come i fulmini all'orizzonte quando si preparano a sconquassare il cielo estivo con un temporale. Prima ancora di rendersene conto, ha obbedito all'esortazione, aggrappandosi a quella voce accorata eppure rasserenante che è la sua unica sicurezza nell'ignoto invisibile che lo circonda.
"A fondo e lentamente, dai! Facciamolo insieme!"
"M-mamma?!" La parola gli sale alle labbra tremanti con difficoltà, come se stesse imparando a pronunciarla di nuovo. E' un bisbiglio appena percepibile, ma la voce gli si spezza. Riesce solo ad obbedire, sincronizzando il respiro con quello di lei a mano a mano che la sua immagine, affiorando dal nulla, lo calma.
Il suo viso è a pochi centimetri da quello di Jim. Gli occhi grandi e neri che ha regalato anche a suo figlio sono socchiusi in un sorriso umido di lacrime, che sembra accendere in loro una luce inedita, le labbra si arricciano in un bacio trattenuto. Ma non ci sono rughe agli angoli, la fronte un po' bombata è perfettamente liscia e la pelle si tende sugli zigomi e sulle guance rosee e piene. Anche i capelli sono più folti, senza neppure un filo bianco e raccolti in una treccia lunga e gonfia che le si arrotola intorno alla testa come una corona. Jim non l'ha mai vista prima d'ora, anche se non lo sfiora il minimo dubbio sulla sua identità. Quella è sua madre come la ricorda da vecchie fotografie in seppia, rare e preziose, scattate prima ancora che lui nascesse, per fermare istanti della vita semplice di una ragazza di famiglia modesta nella campagna irlandese o di una giovane fidanzata e poi sposa ansiosa di gettarsi alle spalle le ultime ombre di una guerra da poco conclusa.
"Mio tesoro, sei già qui! Così presto, così presto!!"
Il respiro le manca, rompendosi in singhiozzi che si sforza invano di trattenere. Si getta sul figlio, stringendolo in un abbraccio senza fiato. E' così forte che trascina Jim verso di sé, costringendolo a sollevarsi in una posizione quasi seduta. I muscoli urlano la loro fatica, ma Jim è troppo frastornato per farci caso. Le lacrime di lei bagnano la guancia di lui, che sente gli occhi bruciare senza più sapere se sono asciutti. E allora sua madre posa le labbra su di esse con un gesto istintivo, per asciugarle coi suoi baci come faceva quando era bambino. Gli massaggia la schiena e poco a poco le contratture sembrano rilassarsi naturalmente, molto più in fretta di quanto lui avrebbe creduto possibile.
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Round The Corner
FanficCapodanno 2010. Dopo 18 anni, Jim è sicuro di ritrovare Freddie, ma l'aldilà si rivela parecchio diverso da come gliel'avevano descritto in seminario da ragazzo. Grafica del frontespizio by @AnnaChierici9