In Bottega

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Donovan sibila "Che cosa?!?!" con una voce e un'espressione che trasudano minaccia, Bridget trasalisce e occhieggia la porta, come se si aspettasse di sentire da un momento all'altro i colpi dei gendarmi che esigono che venga loro aperto. Jim si fa piccolo piccolo, desiderando che la poltrona possa assorbirlo e perfino Zig e Zag intuiscono che l'atmosfera è cambiata in peggio ed escono quatti quatti dalla cucina.

"Sei impazzito, Jim?!?!" Sussurra sua madre quando ritrova la parola e dev'essere stata una ricerca faticosa, oltre che piuttosto lunga, perché la voce le esce così alterata da non sembrare quasi la sua. "Te l'ho detto il primo giorno, te l'ho detto entro un'ora da quando eri passato che qui ti scoprono, se menti, e che chi lo fa in una situazione ufficiale è penalmente perseguibile... e tu cosa combini?! Oh, ti meriteresti una bella passata di schiaffi, anche a sessantun anni!!!" Si guarda intorno con gli occhi spiritati, probabilmente temendo che qualche vicino possa essere in ascolto e andare a fare la spia.

Jim resta immobile sotto la sfuriata, con la testa incassata nelle spalle e lo sguardo concentrato sulle ciabatte. Non obietterebbe, se la passata di schiaffi dovesse arrivare, probabilmente non la sentirebbe nemmeno: ha troppa paura delle conseguenze dopo di quella.

"Cos'hai detto, Jim?" Incalza Donovan, in tono duro e pratico. "Qual è stata l'informazione falsa che hai fornito?"

"Ho detto che Freddie è stato il mio datore di lavoro." Confessa lui e la vampa della vergogna, ancora più ardente di quella della paura, si aggiunge al fuoco che gli ustiona le guance. "E' stato un automatismo: ufficialmente, era l'unico rapporto che ci legasse... di là, ed ero abituato..." Lascia cadere la frase, che non è una giustificazione: niente, niente rende ammissibile mentire a proposito del sentimento che lo ha legato a Freddie, che lo lega ancora, da parte sua, e il pensiero gli causa una fitta di dolore fisico che dallo sterno si irradia alle costole e a quelli che dovrebbero essere i polmoni. Vorrebbe sapere di più su questi sintomi, ma non è il momento.

"Aspetta un attimo..." Bridget ha alzato appena una mano e il tono pensieroso, la fronte aggrottata, ma non più terrorizzata né incupita non sono facilmente giustificabili per Jim. Non si concede il lusso di sperare in una via d'uscita.

"I negozianti hanno detto qualcosa? Assunto qualche atteggiamento che ti ha fatto pensare che avessero capito che stavi mentendo?"

Jim si gratta la nuca, ripercorrendo mentalmente gli eventi di poco prima: parole, gesti, espressioni. Nulla, non un indizio che gli possa far pensare ad un sospetto, ad un piano: se avessero voluto farlo arrestare, gli impiegati l'avrebbero semplicemente trattenuto con una scusa, no?

Dopo quella che sembra una mezza eternità, il viso di sua madre si distende in un'espressione concentrata, ma serena.

"Non hai mentito, Jim." Afferma semplicemente, con una tranquillità e una sicurezza così complete che sbalordiscono figlio e marito. Il secondo fa per aprire la bocca, ma lei continua senza dargli tempo di intervenire.

"Se non sbaglio, a Garden Lodge avevi la qualifica di giardiniere. Era questa la posizione che ricoprivi ufficialmente."

Jim conferma i ricordi della madre, ma non vede come questo possa essere di aiuto nella presente situazione. Freddie lo aveva assunto con un regolare contratto, certo, ma solo per garantirgli un'indipendenza economica, da un lato, e dall'altro una giustificazione per la condivisione della residenza. Il mondo dei morti non ha bisogno di questi sotterfugi; è stata anzi proprio l'abitudine ad essi a fargli commettere questo errore, sciocco quanto potenzialmente gravido di conseguenze. Da quanto ha capito, qui Jim può, e soprattutto deve, presentarsi pubblicamente come il marito di Freddie e stavolta non l'ha fatto.

"Allora semplicemente non hai mentito." Afferma Bridget con sicurezza, e sorride. "Hai raccontato una parte della verità, certo, ma pur sempre la verità. Non hai niente da temere, mio tesoro."

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