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IL CARTELLO DI SINALOA.


Essere un narcotrafficante non è semplice.
Dal niente ho costruito un mondo tutto mio.
Con la mia berlina viaggio tranquillo, non oltrepasso il limite di velocità e rispetto i segnali stradali. Destinazione?
L'aeroporto internazionale di città del Messico.
Niente bagagli.
Dopo aver fatto quello che bisognava fare prendo il primo volo per Guadalajara.
Questo è il primo step che compio prima di arrivare a Sinaloa.
Giunto all'aeroporto internazionale di Guadalajara, prendo il primo taxi e mi faccio portare all'hotel Riu Plaza Guadalajara.
Non importa se è a 5 stelle. I soldi non mi mancano.
Arrivato al Riu Plaza Guadalajara pago il taxi e gli lascio una mancia molto cospicua.

Non è la prima volta che vengo qui, a Guadalajara, ma in questo hotel non ci sono mai stato.
Non c'è nessuno, cioè ci sono: una coppia, due uomini e il barman che prepara drink alla bionda al banco.
Mi avvicino, ordino un whisky con ghiaccio e mentre aspetto che il barman mi chiami per andare a prendere il mio liquido, vado a sedermi sulla poltroncina bianca che è situata all'interno vicino alla porta finestra.
Il barman invece di chiamarmi, esce da dietro il bancone e me lo porta.
Lo ringrazio, pago e anche con lui faccio la stessa cosa che ho fatto con il tassista.
Osservo il bicchiere che ho in mano e accavallo la gamba destra su quella sinistra.
Guardo il liquido che si muove all'interno del suo bicchiere grazie al gesto che compio roteando con la mano il bicchiere.
Guardo l'ora dell'orologio che ho al polso sinistro.
Prendo il cellulare e mi arriva subito una chiamata.
Puntuale.
"Claro." Ascolto. "Me tomo un descanso." Ascolto. "Vale. Te veo pronto."
Riaggancio.
In poche parole ho detto a questa persona che mi sto prendendo una pausa e che ci saremmo visti tra poco.
Tra poco si fa per dire.
Ancora non ho bevuto. Sto riflettendo sul da farsi, perché c'è qualcosa che non va.
Qualcosa in tutto questo non mi quadra.
Non so cosa succederà e dove, ma me lo sento.
Spero che non riguardi il carico di cocaina che dovrà passare negli Stati Uniti.
Giro e rigiro il liquido fissandolo con insistenza.
Appoggio con un gesto pacato il bicchiere ancora pieno sul tavolino, e con un movimento fluido mi alzo e me ne vado dal Riu Plaza Guadalajara.
Il bicchiere pieno mi richiama, ma non torno sui miei passi.
Devo trovare assolutamente un negozio. Devo cambiarmi.
Sono troppo elegante e potrei dare troppo nell'occhio...

Sono dentro al centro commerciale Plaza Mexico, sto girando in cerca di un negozio di abbigliamento maschile.
Vorrei fare il turista.
Eccolo. Trovato.
Non bado a spese. Compro una canottiera nera, un paio di bermuda tipici da mare e delle infradito.
Se voglio fare il turista devo essere comodo.
Dopodiché torno nel camerino e mi cambio. Mi tolgo di dosso il completo che indossavo prima per indossare i vestiti che ho comprato, così come con i calzini e le scarpe, che vengono sostituite dalle infradito.
Esco dal camerino, la commessa mi guarda sconcertata e io con simpatia le dico: "hasta luego chica!" Mi posiziono meglio gli occhiali da sole SHTARKER SUN, un modello dei Ray-Ban, ed esco definitivamente sia dal negozio che dal centro commerciale.
È quasi giunto il momento di andare. Guardo l'ora. Cerco un auto da poter comprare.
Una semplice, anche di seconda mano mi va bene. Anzi, no. È molto meglio di seconda mano. La cosa più importante è che riesca a portarmi fino a Sinaloa senza crearmi problemi.

Entro in un concessionario di auto, il KIA Patria e mi compro un auto nuova.
Meno male che doveva essere di seconda mano.
Per arrivare fino a Sinaloa mi aspetta un bel viaggio.
9 ore 28 minuti passando per México 15D.
Dovrei arrivare senza problemi.

Sinaloa.
Sono arrivato finalmente a destinazione.
Ho guidato con calma, in macchina ero tranquillo, ma ora però entro in modalità 'sangue freddo'.
Il cartello di Sinaloa e quello di Tijuana, sono rivali.
Non per niente sto facendo buon viso a cattivo gioco con i boss di entrambi i cartelli.
Una volta entrato nello stato di Sinaloa, mando un messaggio anonimo con scritto: 'Mazatlán. La Corriente.'
Subito il destinatario del messaggio mi risponde: 'bueno'.
La Corriente è un ristorante di mia proprietà, si cucina solo pesce, che si affaccia sul mare.
È un posto tranquillo dove poter parlare di un certo tipo di affari.

Sono seduto fuori su una sedia di plastica, gambe distese con le caviglie incrociate, le braccia sono appoggiate sui braccioli e la testa è leggermente inclinata all'indietro.
Inspiro lentamente l'aria. Ci vuole.
"Buenos Dias." Mi dice una voce maschile.
"Hola." Rispondo sempre restando nella mia posizione.
Il rumore della sedia che si sposta mi fa mettere composto.
"Bevi qualcosa?" Domando alla persona che ho di fronte.
"Sì. Tequila liscia por favor."
"Muy bien."
Vado dentro, dalla ragazza mi faccio fare una tequila liscia per lui, e invece per me niente.
Torno fuori con il bicchiere in mano e glielo porgo.
"Muchas gracias" mi risponde "e tu? Perché non hai preso niente?" Mi domanda.
"De nada." Rispondo con cortesia e poi gli rispondo che ero a posto così.
"...El Chava..." Mi guarda. "Quanto tempo."
"Già."
"L'ultima volta che ti ho visto eri un niño."
"Già, so anche questo. Sei sparito dalla circolazione e ho fatto affari con il tuo braccio destro."
"Ho avuto molti impegni in questo periodo. Comunque ti trovo bene. Assomigli a tua madre."
Bello, stai entrando in un territorio in cui non ti è concesso entrare. Mia madre non si tocca.
So chi è lui, ma è lui a non aver idea di chi possa essere io. Credo...
Forse essere un narcos è nel sangue. Un gene che è passato di generazione in generazione.
"Non siamo qui per rimembrare i vecchi tempi. Siamo qui per parlare d'altro."
"Giusto." Attende qualche minuto, ovvero un tempo che per me pare indefinito. "Sai già come far arrivare la coca negli Stati Uniti figliolo?"
"Sì. In volo e facendo atterrare nel deserto l'aereo che porterà il carico."
"È il modo più sicuro. Bravo."
È lo stesso metodo che ho usato con El niño. Devo solo cambiare gli orari in modo da non far incontrare i tre corrieri, poiché userò lo stesso metodo anche con il cartello di Tijuana.
In più il deserto del Nevada è molto vasto. Non ci dovrebbero esserci intoppi.
"Al Toro. Ascolta bene quello che sto per dirti. Una volta. Lo dirò una sola volta e basta. Niente fregature. Entendido?"
"Intesi."
C'è poco da fidarsi con lui. La sua fama da narcotrafficante truffatore lo precede.
C'è in gioco la vita dei miei uomini. Non voglio un bagno di sangue. È già successo in passato che Al Toro ha fatto passare la merce e invece di fare lo scambio ha fatto fuori con una granata 20 uomini. Tornando a casa con il carico e i soldi, come se non fosse successo nulla di grave.
"Sicuro di aver capito bene?" Come si suol dire, bisogna prendere il toro per le corna.
"Claro que sì. El Cava, sono vecchio ormai per fare il truffatore."
"Non si è mai troppo vecchi per combinare guai."
Il suo sguardo mi fa intendere che ho capito il suo falso discorso, e che se non farà il bravo per lui e per i suoi uomini saranno casini.
La mia gente sa dove sono ora e soprattutto con chi sono. Sono stati messi al corrente. Anche loro conoscono la fama de Al Toro e di certo non andranno a riscuotere come degli sprovveduti.
Sono stato io il primo a dare il via per fare una strage anche se solo uno dei suoi uomini si gratta il naso.
Ogni gesto comportamentale ha un suo significato.
Una sua conseguenza.
In tal caso, se ci fosse un gesto il risultato è solamente uno.
Boom!

SOTTO COPERTURA (IN FASE DI RESTAURAZIONE!)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora