Mi sembra un bel programma

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3 luglio 1977

Costa azzurra, Francia.

Willow Anderson era arrivata in Francia da soli due giorni e Julien, il vicino di casa dei suoi nonni, le si era appiccicato come una mosca con il miele. Era piuttosto convinta che fosse cotto di lei, ma una cosa buona l'aveva fatta: la sera prima erano usciti assieme ad un suo amico, Joël, e alla sua ragazza, Amelìe, e alle amiche della sua ragazza, Colette che era al liceo con loro e Thalie, di Lione, la più festaiola di tutti. Quel giorno così, Thalie aveva invitato anche lei assieme agli altri nella spiaggia dove lei e Amelìe avevano gli ombrelloni vicini.

Willow era distesa su uno sdraio sotto il sole cocente della tarda mattinata..
-Ehi - disse il Julien avvicinandosi a loro e sedendosi sul lettino di Willow, rivolgendole un sorriso. –Che facciamo stasera?- le chiese in francese.
-Non lo so, Amèlie che facciamo stasera?- chiese girandosi verso la ragazza accanto a lei.
-Mi pare ci sia un karaoke in quel locale in centro- le rispose vaga la ragazza.
-Ottimo, adoro il karaoke!- disse Willow entusiasta.
-Perché, sai cantare?- le chiese divertito il ragazzo con un sorrisetto insistente e Willow gli fece una smorfia di disappunto.
-Per me il karaoke ci sta, ma prima devo ubriacarmi- intervenne Thalie, la più festaiola del gruppo, facendoli ridere.
-Mi sembra un bel programma- confermò il Colette e Julien lanciò uno sguardò ammiccante a Willow:
-Non vedo l'ora di sentirti cantare- le disse con un mezzo sorriso e lei annuì appena, tornando a chiudere per prendere il sole.

Godric's Hollow, Inghilterra

Elektra era distesa sul suo letto, immersa nella tranquilla lettura di un libro, quando entrò James senza bussare. Le si distese accanto senza tante cerimonie, facendola quasi cadere dal letto.
-Che c'è?- sbottò la sorella infastidita da quell'atteggiamento.
-Mi annoio- sbuffò lui ed Elektra alzò gli occhi al cielo. –È un altro di quei libri di Remus?- chiese James strappandole il libro dalle mani e leggendo la copertina. –Dorian Gray? Chi è?- chiese guardandola.
-Un altro di quei libri di Remus, un po' strano questo in effetti, c'è addirittura un incantesimo, anche se quel babbano se l'è palesemente inventato, non esistono oggetti che possono contenere la propria anima- disse Elektra riprendendosi il libro con gelosia, ma James fece una faccia confusa e parve rifletterci.
-In realtà mi pare che Davis abbia accennato una cosa così una volta, si chiama tipo Ostrux, una cosa così- disse lui ma Elektra alzò gli occhi al cielo, sicura che si stesse inventando tutto.
-Certo, come no- disse mettendo il segnalibro tra le pagine e guardando il fratello. –Perché sei qui? Perché ogni volta che ti annoi devi rompere le palle a me?- chiese esasperata, ma il fratello sorrise.
-Vieni a giocare a Quidditch?- le chiese con occhi da cucciolo abbandonato. Lei sbuffò e si alzò dal letto.
-Okay, per sta volta va bene- disse divertita.
-Sì!- urlò James esultando, ma rimanendo sul suo letto, mentre Elektra si infilava delle scarpe da ginnastica e si legava i capelli.
-Comunque sono convinta che Sirius sarebbe dovuto rimanere qui, era un ottimo baby-sitter per il bambino- disse facendosi la coda.
-Bambino? Quale bambino?- chiese James confuso.
-Tu sei il bambino James- disse lei alzando gli occhi al cielo, facendolo ridere.

Hastings, Inghilterra

Era quasi ora di pranzo e Sirius odiava quel momento. Era felice di aver trovato quell'appartamento a sud dell'Inghilterra, vicino al mare, ma vivere da solo non era affatto facile. Aveva imparato a fare un sacco di incantesimi domestici che gli aveva insegnato Dorea, ma quando si trattava del pranzo non sapeva mai cosa fare. Aprì il frigo sperando di avere un po' di ispirazione, ma era praticamente vuoto. Rimpiangeva la cucina di casa Potter ogni giorno, per non parlare dei banchetti di Hogwarts, gli mancavano persino i pasti di Kreacher, il che era tutto dire vista l'atmosfera che era solita alleggiare ai pasti a Grimmauld Place. Dopo un breve giro ad ispezionare le credenze, anche esse vuote, decise che avrebbe mangiato fuori. Prese un po' di soldi babbani e si chiuse la porta dell'appartamento alle spalle. Non si era ancora abituato a quel paesino babbano, ma in fin dei conti non si trovava male, l'indipendenza gli calzava a pennello. Con la moto finalmente pronta era certo che lui e James avrebbero fatto scintille, quella che stava arrivando si prospettava una bella estate.

Aperta campagna, Galles

Remus era esausto: erano già tre ore che provava assieme a suo padre a lanciare fatture e incantesimi di livello avanzato. Era contento di imparare nuovi incantesimi, sapeva quanto fosse fondamentale essere preparati per questa guerra. Ora che lui e i suoi amici erano entrati a far parte dell'Ordine della Fenice, anche se partecipavano solo a cose marginali, tutti e quattro si stavano impegnando ad imparare più incantesimi possibili, sia difensivi che offensivi. Probabilmente Charlus Potter era il più forte di tutti nei duelli, e James e Sirius erano diventati molto più bravi di lui, padroneggiando incantesimi che lui ancora non conosceva, ma da quando suo padre aveva visto un duello dei due aveva deciso di allenare Remus molto più duramente.
-Ragazzi... non è il caso che venite in casa ora? Fa molto caldo- disse Hope preoccupata del fatto che i due stessero sotto il sole cocente.
-Non finché non riesce a schiantarmi senza parlare- disse Lyall guardando Remus che si appoggiò con i palmi sulle ginocchia con i capelli bagnati di sudore che gli si appiccicavano alla fronte.
-Ma ce l'ho fatta già quattro volte! Sono esausto! Ci stiamo da ore!- si lamentò Remus che non ne poteva più, tutti quegli incantesimi non verbali gli facevano venire mal di testa e i raggi violenti di mezzogiorno non aiutavano.
-I tuoi amici ce l'hanno fatta- sbottò il padre.
-Anche io ce l'ho fatta! Quattro volte!- ribatté lui.
-Non sono sicuro che tu non abbia sussurrato l'incantesimo- disse e Remus alzò gli occhi al cielo, sperando che il padre non lo vedesse.
-No Lyall si prenderà un'insolazione così, poi altro che schiantesimi! Remus tesoro vieni dentro e vai a farti una doccia, tra poco pranziamo- disse la madre e il ragazzo non se lo fece ripetere, schizzando sotto la doccia fresca.

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