Le ore passavano senza bloccarsi, il tempo scorreva troppo velocemente, ma la giornata sembrava essere infinita nonostante fosse giunta quasi al termine.
Le persone camminavano con la testa ferma in un unico punto, guardando dritti verso l'orizzonte con espressione fredda e angosciata.
Non si fermavano nemmeno per assaporare un cappuccino e una crepe alla nutella appena cotta dal bar di fiducia; non si fermavano nemmeno per ascoltare il loro pezzo preferito, percependo ogni singola parola e suono; non avevano nemmeno il tempo per respirare.
Le persone erano diventate una massa di robot, le cui emozioni si omologavano non nell'apatia tipica dei macchinari, ma nell'ansia e nell'attesa eterna: c'era chi stava aspettando un treno in ritardo; chi un appuntamento e chi il risveglio del proprio amato.
Infatti, da quando aveva pronunciato quelle parole amare mescolate alle sue lacrime salate, il ragazzo dalla capigliatura bionda non si era scollato dalla sedia nemmeno per un minuto, rimanendo affianco a quel corpo incosciente. Ogni tanto, si alzava per prendere una boccata d'aria, giusto per cercare di rilassare il suo cuore, ma a quanto pare non funzionava come previsto, anzi stando fuori e con la mente più libera, non sapeva come distrarsi e i ricordi della valanga che travolgevano il corvino ritornavano più vividi che mai.
Praticamente, stare fuori e prendere freddo non era una delle migliori idee che potessero venirgli in mente, ma doveva farlo sia per se stesso che per i dottori che puntualmente lo cacciavano fuori dalla stanza poiché dovevano svolgere il loro lavoro: quando uno usciva con dispositivi e macchinari dai nomi improponibili a lui o a chiunque non fosse del mestiere, altri ne entravano con attrezzatura differente, dall'aspetto non rassicurante.
Jimin li guardava uno per uno e si sentiva inutile siccome non poteva fare niente, aspettava fuori da quella porta con occhi scavati dal pianto, i capelli scompigliati e labbra spaccate dai ripetuti morsi di frustrazione.
I suoi vestiti erano tutti stropicciati dal continuo stringere la stoffa e sulla punta dei polsini della sua felpa erano situati dei residui di lacrime.
Era distrutto, a momenti non sarebbe neanche riuscito a tenersi in piedi data l'enorme stanchezza, la testa -non più lucida da tempo- continuava a fargli male, si sentiva ripetutamente colpito da un martello che batteva incessante sulle sue tempie, senza dargli tregua.
Era da solo con le proprie emozioni a comandarlo; la cosa però non era positiva, in quanto sappiamo tutti che qualsiasi umano guidato dalle emozioni sarebbe capace di fare anche le peggiori delle imprese, non mettendo un minimo di razionalità nelle azioni.
I nervi erano saldi pronti ad ogni minimo spostamento, ma proprio quando stava per far rilassare i suoi muscoli, un medico uscì di lì con aria preoccupata. Jimin si staccò dalla fredda e bianca parete gettandosi a capofitto sul medico.
"Cosa succede?" la sua voce titubò per qualche secondo, facendola apparire subito dopo piatta
"Lo so che sei preoccupato, ma stare così in ansia, non ti fa bene, ragazzo! Vuoi avere un attacco di cuore e stare nella stessa stanza del tuo fidanzato?" scherzò il medico, ma non vedendo nessuna reazione da parte di Jimin, ritornò serio e riprese il suo discorso: "Comunque, sono uscito solo per poter confrontarmi con un altro medico che potrebbe darci maggiori approfondimenti sul caso.
Vogliamo esserne sicuri al cento per cento, tutto deve andare per il meglio e questo penso che lo voglia anche tu, giusto?" cercò di calmare un minimo gli spiriti bollenti del giovane
"Assolutamente, signore"
"Signore? La prego giovanotto, non sono così vecchio, chiamami pure dottor House.
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TRA PECCATI E DIVINITÀ 《Yoonmin 》
Fanfictionstoria ambientata nell'anno: 2013 Tra enigmi presenti, passati e futuri, le divinità entreranno in contatto con i sentimenti puri e lussuriosi che coinvolgono il mondo mondano