capitolo 32

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Richie si alzò dal pavimento e si mise a camminare distrattamente avanti e indietro per la stanza.

Si potrebbe dire che, sentendo le parole di Eddie,

«Rich, non voglio più che siamo amici»

avesse subito creduto che il castano intendesse non rivederlo mai più, lo odiasse o chissà che altro, un bel fraintendimento sarebbe stato un cliché carino, ma la verità è che nessuno chiude i rapporto con una persona in quel modo, soprattutto Eddie Kaspbrak e soprattutto in una situazione così delicata, infatti a Richie quella secondo possibile interpretazione era venuta in mente solo dopo aver aperto bocca, ma il dubbio di aver compreso male il concetto era svanito prima di nascere, vedendo lo sguardo di Eddie illuminarsi alla sua risposta.

Meglio avere comunque una conferma.
«Questo significa che ti piaccio?» chiese allora il quattrocchi tirando fuori la voce da chissà dove.
Cercò di farlo con più disinvoltura possibile, continuò perfino a girovagare per la camera guardandosi intorno, ma ormai non riusciva più a trattenere un sorriso ed era obbligato a tenere le braccia conserte sull'addome, altrimenti le farfalle nel suo stomaco sarebbero volate via.

Stavolta si alzò anche Eddie. Andò a piazzarsi a una spanna da Richie, che non si decideva a scollare gli occhi dal pavimento, e gli prese la mano.

«Sì. Disgraziatamente sì» disse imbarazzato dalla testa fino alla punta dei piedi, ma senza riuscire a non essere felice: nonostante le insicurezze e quant'altro, più si avvicinava a Richie, più la paura del rifiuto si allontanava, non spariva, certo che no, ma da un kilometro di distanza le cose sembrano sempre più piccole.

Il corvino alzò il capo.
«Sì, anche tu mi piaci Eds... più di tua madre per giunta!»
«Sei un idiota» ridacchiò nervosamente Eddie, però Richie non lo vide convinto. Quella dichiarazione impacciata non sarebbe bastata, com'era giusto che non fosse in effetti: aspettava di confessargli ciò che provava da una vita e invece adesso non riusciva nemmeno rimanere serio.
Nel profondo probabilmente si aspettava ancora di scoprire che fosse stato tutto uno scherzo, una presa in giro.
Era ora di fare uno sforzo ed essere sinceri.

«Aspetta, dai! Eddie... guardami»
Lasciò la sua mano e lo invitò a alzare la testa mettendogli due dita sotto il mento. «Mi piaci davvero»
Avrebbe tanto voluto dirgli che lo amava, per essere sincero davvero, ma non era proprio il caso. Aveva una chance con Eds, già questo era un miracolo, non l'avrebbe bruciata mettendogli una pressione simile.

Intanto Eddie era diventato bordeaux. Non sapeva come rispondere, aveva paura che Richie non si rendesse conto di quanto lo stesse illudendo, non capisse il peso che stava avendo per lui ciò che gli aveva appena detto D'altra parte invece sentiva che quelle parole gli erano costate.
Non sembrava parlare con leggerezza.

Decise che non aveva nulla da aggiungere, perciò fece la prima cosa che gli venne in mente e che non vedeva l'ora di fare da quando era uscito di casa: cinse i fianchi di Richie e lo abbracciò, nascondendo la testa nell'incavo del suo collo.
Fu felice di sentirsi stringere senza esitazione dal ragazzo, che intanto si chiedeva quanto di ciò che era appena successo fosse stato solo frutto della sua immaginazione. Non ricordava nemmeno l'ultima volta che qualcuno lo avesse abbracciato.
Forse era stata sua madre una delle ultime volte che i suoi erano venuti a trovare lui e Emma? Probabilmente era così, ma lui nemmeno se lo ricordava, mentre invece era sicuro che di quel momento avrebbe ricordato per sempre anche il profumo dei capelli di Eddie.

Quando si separano il colore delle guance del castano era un po'sfumato, raggiungendo una tonalità pesca che metteva in risalto la manciata di lentiggini chiare che gli costellavano il volto.

«Eds... sai che abbiamo ancora il problema del letto, vero?»
Sul viso del ragazzo, proprio sotto quel cielo di lentiggini, sì aprì un sorriso furbo e raggiante. Eddie corse, o meglio, balzò sul materasso a una piazza e mezzo alle spalle di Richie, che a sua volta cercò di riacchiapparlo inutilmente vedendosi sorpassare così.
Lo seguì sul letto e si sdraiò, appoggiato sui gomiti, nel verso opposto a quello in cui intanto si era messo l'altro. Infilò un piede sotto la sua schiena e provò di spingerlo per terra, ma lui si aggrappò alla sua gamba, nel tentativo di tirarlo giù con lui.

Nei seguenti 5 minuti in quella stanza volarono tutti gli insulti più coloriti che potessero mai venire in mente a due adolescenti e alla fine, in un modo o nell'altro, si ritrovarono sdraiati, stavolta entrambi per lo stesso verso, uno di fianco all'altro.

Eddie aveva il cuore che batteva all'impazzata: non si era mai sentito così euforico, esuberante e in un certo senso finalmente libro.
Si avvicinò con prudenza al corpo di Richie, che spostò l'attenzione dal soffitto bianco agli occhi nocciola del ragazzo, il quale si era girato su un fianco per guardarlo.
Si avvicinarono ancora, piano piano, uno alla volta, mai contemporaneamente. Uno guadagnava un centimetro di distanza in meno dall'altro e quello aspettava un secondo, poi si sporgeva un altro po', finché di distanze non ce ne furono più.

Il terzo bacio: non passionale come il secondo, era stato decisamente molto più timido, leggero quasi come un bacio a stampo, ma necessario almeno quanto il primo.

«Chi l'avrebbe mai detto? Eddie Kaspbrak e Richie Tozier signore e signori!» esclamò Richie imitando la voce di un presentatore televisivo.
«Sei proprio un cretino»
«Sempre e comunque!»

Fu verso quell'ora che la pioggia iniziò a cadere più fitta e che i primi abitanti del paese che vivevano abbastanza vicino al Kenduskeag iniziarono a temere un cedimento degli argini, ma soprattutto a proccuparsi per le loro cantine.

«Kaspbrak»
«Dimmi Tozier»
«Non credo che condividere il letto sarà più da considerare un problema»
Eddie trattenne una risata.
«Mi correggo: non sei un cretino, sei definitivamente il re supremo dei cretini»
«Interessante... e tu vorresti essere la mia regina?»

Un fulmine dilaniò il cielo, un tuono ruppe il silenzio e da qualche parte a Derry qualcuno imprecò perché gli era saltata la corrente mentre guardava la partita di baseball.

Eddie sussultò e non certo per il rumore.
«Mi stai prendendo in giro come al solito o stai cercando di chiedermi qualcosa?»
«Perché non me riparliamo domani? Ora ho sonno»

Ci fu un altro tuono e metà dei bambini del quartiere si svegliarono piangendo, ma i due ragazzi dormirono beati, profondamente come sassi.

Non mi sono fatta viva né al compleanno di Finn, né a Natale: sono una scrittrice del fandom terribile. A parte gli scherzi, non avevo nulla di concreto da pubblicare e ci ho messo un secolo a scrivere questo capitolo. Volevo fosse quanto più decente vista la sua importanza, inoltre quando ho iniziato la ff ammetto di aver elaborato la storia fino al primo bacio (e già fin lì avevo aggiunto o cambiato cose), perciò anche io "voglio sapere come va a finire" (cit. Paul Sheldon)
Väbbè, buon Nataliëeeeee

Reddie: Tornando indietro_Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora