28. Se non avessi agito senza pensare

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Picchietto con le dita sulla sedia di legno mentre Jake racconta alla preside quello che è successo e che va avanti da settimane. Più approfondisce la storia, più la mia tachicardia aumenta. Quando finisce di descrivere tutto quello che gli hanno fatto passare quei bulli, sono sull'orlo di un infarto. Prese in giro, pugni, calci...
Questa storia che continuava a tenersi dentro lo stava consumando, e io – noi – non ce ne siamo neanche accorti.
Continuo a spostare lo sguardo da lui, ai quadri appesi alle spalle della Wilson sul muro color pastello, all'espressione contratta di Liam, e poi di nuovo a Jake.
Non me lo perdonerò mai.
«Bene... ovviamente devo parlare con i vostri genitori e anche con quelli degli altri bambini. Io ti credo, Jacob, ma è importante ascoltare entrambe le parti».
Mio fratello annuisce riluttante, io sto per ribattere che è una stronzata anche solo pensare di dare a quei bambini la possibilità di difendersi, perché sono senz'altro responsabili delle continue aggressioni fisiche e psicologiche contro mio fratello, ma lo sguardo ammonitore di Liam mi fa chiudere la bocca.
Mentre la Wilson digita il numero di cellulare della mamma – quella che potrebbe prendere meglio la situazione –, io stringo Jake a me. Lui mormora delle scuse, ma sia io che Liam continuiamo a ripetergli che non ha niente di cui scusarsi, anzi avrebbe dovuto parlarne prima.
La Wilson chiede al segretario di andare a prendere del ghiaccio e, per la mezz'ora seguente, restiamo tutti e quattro in silenzio. Lei sposta fogli con fare calmo, appunta qualcosa, poi passa alla pagina successiva, Liam scambia qualche parola a bassa voce con Jake, che ogni tanto si apre in una risata bassa, timida, col ghiaccio premuto contro l'occhio. Io continuo a fissare la parete alle spalle della Wilson e ad incolparmi. Come ho potuto farmi sfuggire una cosa del genere? Ho promesso ai miei fratelli che li avrei protetti sempre, e ho già fallito.Quando la porta si apre all'improvviso, l'interruzione brusca del silenzio che si era creato ci fa sobbalzare tutti.
La mamma si fionda nella stanza trascinandosi dietro Daisy, e io sgrano gli occhi. Mi ero scordata di averla lasciata in cortile! Oggi mi sono aggiudicata il premio "peggior sorella del mondo". Liam ricambia il mio sguardo scioccato, ed entrambi sappiamo che mi attende la furia di Cindy Hawthorne.
«Cosa è successo, tesoro?»
Con la delicatezza che solo un genitore è in grado di avere, la mamma si inginocchia davanti a Jake, gli passa una mano dietro la nuca e lo stringe a sé. Mio fratello scoppia in lacrime, e a me si stringe il cuore.
Daisy sale sulle mie gambe e si siede di diritto, lanciandomi uno sguardo furbo alla "sei nei guai", inclinando poi la testa verso la Wilson per scoccarle un'occhiata alla "ma non quanto lei". Dovrei esserne sollevata?
«Signora Hawthorne».
La mamma lascia andare Jake per voltarsi verso la Wilson. Prima che ci dia le spalle, colgo un lampo nei suoi occhi che è lo stesso ereditato da me e che mi ha spinto ad aggredire quel bambino. Io e Liam ci scambiamo uno sguardo preoccupato, ma lei suona insolitamente calma quando dice: «Può spiegarmi perché mio figlio ha un occhio nero? Questa scuola si vanta di essere eccellente in due ambiti: l'educazione e la sicurezza. Al momento non mi sembra che la seconda sia garantita».
La Wilson non batte ciglio, chiede al segretario di prenderle un'altra sedia e fissa i suoi occhi neri come la pece in quelli azzurri della mamma, che non si siede neanche quando il pover'uomo lascia la sedia accanto a lei.
Per mezz'ora, assistiamo ad un pacato scontro tra titani. La mamma studia la Wilson e lei fa lo stesso, rispondendo a tutte le sue domande, finché non raggiungono un accordo finale. La mamma non sporgerà denuncia purché la scuola non denunci me, e ci sarà un incontro tra i nostri genitori e quelli dei bulli. La Wilson ha assicurato più volte che la cosa si risolverà, ma io mi sento soltanto più in colpa. Non possiamo neanche denunciarli, altrimenti mi ritroverei al centro di una controversia legale, nonostante tutto quello che hanno fatto passare a Jake.
Quando usciamo dall'ufficio della Wilson e lasciamo la scuola, mi sembrano passate ore, e forse è davvero così. Quando infatti torno a guardare il cellulare, trovo tre messaggi persi. Due sono di Seth.
Seth!
Dovevamo vederci per chiarire le cose, e ora non solo sarà ancora più arrabbiato con me, ma non vorrà neanche parlarmi. Forse c'è ancora una speranza. Sblocco il cellulare ed apro la chat con lui. Il primo messaggio dice: Dove sei?, il secondo: Fottiti.
No, non c'è decisamente speranza.
Il terzo messaggio è di Ethan, ma non sono dell'umore adatto per leggerlo.
Quando arriviamo a casa, la mamma mi lancia un'occhiata prima di scendere dall'auto e sospira: «Con te parlerò più tardi».
Meraviglioso.

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