29. Dove si è stati bene

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Il primo giorno di reclusione sembra un normale martedì, ma è incredibile come, senza la libertà, tutto sembri diverso, meno luminoso. O forse sono solo io ad essere drammatica come al solito.
Stamattina Grayson si è addirittura spinto a parlarmi, e non so se considerarlo un progresso o meno. Mi ha chiesto se poteva utilizzare lui l'auto perché tanto io sono in punizione, così abbiamo fatto a scambio per la settimana. Se me lo avesse chiesto qualsiasi altro giorno, non avrei ceduto così facilmente, ma sto ancora cercando di fare ammenda.
Mi sono pentita di aver rinunciato alla macchina esattamente undici minuti dopo, mentre aspettavo l'autobus con il vento e la pioggia che mi sferzavano il viso e appiccicavano i capelli fradici alla faccia. E poi mi sono pentita ancora di più quando ho dovuto fare tutto il viaggio in piedi, con le suole delle scarpe che, ad ogni leggera frenata, slittavano sul fondo bagnato rischiando di farmi cadere sulla vecchietta seduta accanto a me.
Alla fine, non so come, sono arrivata a scuola incolume. Ho fatto una breve pausa di riassestamento alla macchinetta per riequilibrare i miei chakra – nonna Marlow sarebbe fiera di me – e sono andata in classe, stranamente con quindici minuti di anticipo.
In genere, a lezione di matematica mi siedo vicino a Seth e cerchiamo di aiutarci per sopravvivere fino alla fine dell'anno, considerate le nostre scarse capacità individuali. Maya è molto più brava e si trova nel corso avanzato, quindi siamo solo noi due contro algebra e geometria, o almeno eravamo. Seth oggi è seduto in ultima fila, accanto alla finestra, e il nostro solito posto, in penultima, è vuoto.
Non ho potuto scrivergli la ragione per cui non sono andata all'appuntamento, e probabilmente non vorrà parlarmi, ma io non ne posso più di sentirlo così distante. Con decisione, prima che possa ripensarci, vado verso di lui e mi siedo.
Seth non solleva lo sguardo dal suo cellulare quando dice: «Pensavo che aver cambiato posto fosse un messaggio più che eloquente».
«Ti ho portato una cosa».
Con la coda dell'occhio scruta il contenitore che ho tra le mani, ma non accenna a prestarmi la sua attenzione, così lo poso sul banco. A questo punto, so che sta morendo dalla curiosità, ma è troppo orgoglioso per chiedermi cosa ci sia all'interno. Lo spingo verso di lui, ma Seth resiste alla tentazione di fare domande.
«L'altro giorno, Jake mi ha parlato di una specie di pinguino che torna sempre dove ha fatto il nido la prima volta, e io penso che, prima di scegliere un luogo così importante, questi pinguini ci pensino a lungo, scartando posti inadatti o pericolosi, per evitare di essere assaliti dai predatori o minacciati dal freddo, sempre che i pinguini sentano freddo...»
Seth mi osserva confuso, ma almeno ha smesso di guardare il cellulare.
«Signori, avevate la mia curiosità, ma ora avete la mia attenzione», sentenzia.
«Sbaglio o hai appena citato il nostro film preferito?»
«Scusate, non ho saputo resistere».
Non riesco a trattenere una risata, e anche Seth si lascia andare ad un sorriso, che viene prontamente sostituito da una smorfia.
«Sono davvero arrabbiato con te, Emma».
«Posso spiegare?»
Esita, ma alla fine mi fa cenno di continuare.
Prendo un profondo respiro e gli racconto ciò che è successo con Jake, della punizione, del cellulare... quando gli ho detto tutto, lui sembra sconvolto.
«Cazzo, che stronzi. Mi dispiace davvero per Jake, io probabilmente avrei agito come te».
«Non è vero», sospiro. «Tu sei molto più razionale».
«Non di fronte ad una cosa del genere».
Restiamo in silenzio per qualche secondo, finché non trovo il coraggio di chiedergli: «Allora le cose sono a posto tra di noi?»
Seth si perde per qualche secondo a scrutare fuori dalla finestra, poi sospira e torna a guardarmi.
«Anche se non ce l'ho con te per aver saltato l'appuntamento, abbiamo ancora molte cose da chiarire, perché la verità è che tutto questo è stato il coronamento di un periodo in cui sei stata terribilmente assente, Emma. Io sono il primo a mostrarti tutto il mio sincero supporto, ma credo che questa storia con Ethan ti sia sfuggita di mano. Ormai tutta la tua vita ruota attorno a lui, e tu stessa gli orbiti intorno come un satellite. Però, Em, tu meriti di essere un pianeta, e ricordati che esisti anche all'infuori di Ethan».
Il primo istinto è di mettermi sulla difensiva e negare, invece mi fermo a riflettere sulle sue parole. Sono stata talmente concentrata su me stessa che non ho notato che Seth aveva una ragazza, che Jake era vittima di bullismo, che Liam stava soffrendo a causa della rottura con Melanie... e mi sento davvero una pessima amica.
«Hai ragione», sospiro.
«Questa mi è nuova».
Gli do una spinta e Seth si lascia andare ad una risata soddisfatta.
«Forse dovrei rivedere le mie priorità e... lasciare andare l'ossessione per Ethan, d'altronde ormai usciamo insieme».
«Cosa
Sgrana gli occhi, scioccato. Trascina la sedia sul pavimento per avvicinarsi a me, finché non siamo faccia a faccia.
«Raccontami tutto».
Ci penso per qualche secondo, poi sorrido: «No».
Seth aggrotta le sopracciglia. «No?»
Scuoto la testa, lui si tira leggermente indietro, confuso.
«Raccontami di te e Riley. Come è successo?»
Si apre in un sorriso enorme, e un leggero rossore gli colora le guance.
«Mi dava ripetizioni di matematica... cioè, me le dà ancora, perché faccio schifo».
«Avresti anche potuto dirmelo, mi sarei aggregata volentieri», lo rimprovero bonariamente.
Un ghigno tira le labbra di Seth. «Beh, Em, le ripetizioni erano una scusa per stare con lei al di fuori dell'aula di chimica, dato che mi piaceva».
«Uuh», sollevo le sopracciglia.
«Non fare domande a cui non risponderò».
Arrossisce, e io scoppio a ridere. Seth sbuffa, poi con un cenno del mento indica il contenitore che ho posato sul banco: «Parlando di cose serie, cosa c'è dentro quella scatola?»
«Come ti dicevo», inizio, rimuovendo il coperchio. «I pinguini degli Antipodi tornano sempre nel luogo dove sono stati bene, e allora ho pensato di ricordarti quanto è importante per me la nostra amicizia, portandoti alcuni dei nostri ricordi più belli».
Estraggo le foto della nostra infanzia che avevo conservato all'interno della scatola e le dispongo sul banco in ordine sparso. Seth le scruta con gli occhi lucidi. Ci siamo noi due in seconda media che ci teniamo per mano davanti al portone d'ingresso, poi sempre noi due al Doc's a fare i compiti. La foto l'ha scattata Maya, si vede anche il suo indice in basso a destra. E poi ci sono tantissimi altri ricordi: il suo sedicesimo compleanno, il mio, il campeggio al terzo anno di liceo, il viaggio a New York con la classe di inglese...
Seth tira su col naso.
«Stai piangendo?»
«Un po'».
Scoppio a ridere, ma una lacrima scende anche a me. I suoi occhi nocciola si concentrano sui miei mentre mi sorride, e lo vedo l'affetto che ci unisce da ormai sei anni.
«Ti voglio bene, Em».
Sorrido.
«Anch'io, Seth».

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