Conto fino a dieci con l'orecchio poggiato contro la porta della mia camera, già al cinque riesco a percepire un movimento in fondo al corridoio, segno che Grayson si è alzato. Quando nella mia testa pronuncio il numero nove, sento la sua porta aprirsi in uno scatto e il suono dei piedi nudi che pestano rapidi sul marmo. Al dieci, un ghigno malefico si allarga sul mio volto e apro la porta, allungando un piede fuori. Come previsto, Grayson, preso dalla fretta, inciampa e cade di faccia nel corridoio. Scoppio a ridere, senza riuscire a trattenermi, mentre osservo il suo volto furente che si gira a guardarmi.
«Non questa mattina, campione», lo sfotto, passandogli di fianco, mentre la porta del bagno si staglia in tutta la sua magnificenza di fronte al mio viso, a qualche metro da quello di mio fratello, che nel frattempo si è rimesso in piedi e si massaggia il gomito sinistro con una smorfia furibonda.
«Questo si chiama giocare sporco!» abbaia, poi muove un passo verso di me, al che io spalanco la porta del bagno e come un fulmine mi chiudo dentro. Ho vinto io! Alla faccia tua, Grayson.
«Mi vendicherò, Emma! Preparati!» abbaia ancora, sbattendo un pugno contro la porta.
Fischietto, per niente intimorita dalla sua minaccia, e lascio scorrere l'acqua della doccia. Io e Grayson siamo molto legati, ma quando si tratta del diritto di utilizzare il bagno per prima, la guerra è aperta e, si sa, non ci sono amici né parenti in guerra.
Mi infilo sotto la doccia e mi lavo con calma i capelli, premurandomi di finire tutta l'acqua calda. Sebbene siamo in sei a vivere dentro questa casa, mamma e papà hanno ben pensato che due bagni fossero più che sufficienti, uno per loro e uno per noi quattro. Siccome solo io e Grayson andiamo alle superiori, e quindi dobbiamo prepararci prima, la lotta per il bagno è fra noi due. Con non poco orgoglio, posso dire che nella maggior parte dei casi vinco io. Mio fratello mi supererà pure di una spanna, ma in quanto a ingegno... non c'è cervello maschile che tenga.
Esco dalla doccia e mi avvolgo i capelli in un asciugamano e il corpo in un altro. Dopo una decina di minuti sono vestita e mi sto asciugando i capelli con il phon. Altri cinque minuti ed eccomi pronta e profumata che scendo le scale a chiocciola in legno che si affacciano sul salotto. Faccio la mia grande entrata in sala da pranzo e trovo Grayson con il volto chino verso i suoi cereali che si ingozza in maniera sgraziata. Si limita a rivolgermi un'occhiata indecifrabile e poi riporta gli occhi sulla tazza. Jake e Daisy, i miei fratelli minori, sono seduti dall'altro lato del tavolo e bevono entrambi del succo d'arancia con i volti ancora assonnati, mio padre sorseggia una tazza fumante di caffè nero sicuramente senza zucchero, il suo preferito, mentre digita qualcosa al computer portatile, e infine mia madre sta sfornando altro cibo squisito, riesco a sentire il bacon che sfrigola in cucina da qui. Sono affamata. Ma... manca qualcuno all'appello.
«Bux?» domando, nel contempo che mi infilo in bocca un intero pancake preso dal piatto al centro del tavolo. Mmmh. Mia madre è davvero una cuoca strepitosa. Come se mi avesse sentito, o molto più probabilmente avendo sentito l'odore del bacon, il grosso pastore tedesco si fionda in sala da pranzo zampettando sul pavimento di marmo.
«Dovevi proprio chiamarlo?» bofonchia mio padre, dato che Bux comincia a dargli dei colpetti col muso sotto al gomito per fare in modo che gli allunghi qualcosa.
«Sei contrariato solo perché sai di essere l'anello debole della famiglia», lo schernisco, mentre tiro indietro la sedia di fronte a lui e mi metto seduta. Mia madre arriva con il bacon, e il mio stomaco affamato approva. Lei è la regina del bacon, nessun altro eguaglia la croccantezza e la bontà che è riuscita a raggiungere dopo anni e anni di tentativi.
«Buongiorno, tesoro, hai dormito bene?» domanda e, quando fa il giro del tavolo passandomi dietro per poggiare il bacon al centro, mi dà un bacio sui capelli.
«Benissimo», le sorrido, poi prendo un po' di bacon e qualche pancake e comincio a fare colazione. Verso del latte e del caffè nella tazza e ci metto un'abbondante quantità di zucchero. Proprio come piace a me.
«Vado a farmi la doccia», comunica Grayson allontanando la tazza ripulita fino a fondo da sotto il suo naso. Ridacchio tra me e me a pensare alle imprecazioni che gli usciranno dalla bocca quando si accorgerà che c'è solo acqua fredda a disposizione. E se c'è una cosa che Grayson detesta è fare la doccia fredda.
Sono già arrivata a metà tazza e mio padre sta ancora lottando con Bux. So che è prossimo al cedimento, e infatti non mi sbaglio, perché quando il cane comincia ad abbaiare e a scodinzolare, mio padre gli lancia un pezzo di pancake.
«Will! Lo sai che gli fanno male i cibi dolci!» lo rimprovera mia madre, spostandosi una ciocca di capelli biondi da davanti gli occhi. Oh, sì, la mia punizione divina. Tutta la mia famiglia ha splendidi e regali capelli biondi: mia mamma biondo chiaro – ancora senza la comparsa di capelli bianchi –, mio padre biondo cenere – lui con qualche striatura bianca, ma praticamente invisibile –, Grayson biondo cenere, Daisy biondo chiarissimo, Jake biondo scuro, e io... castani. Eh già. Nonostante da piccola soffrissi terribilmente per questa diversità, con gli anni ho imparato ad apprezzarla come ciò che mi distingue e mi rende unica.
«Sono l'anello debole, Cin, non mi avrebbe mai lasciato in pace», ammette papà facendomi l'occhiolino, poi con un ultimo sorso finisce il caffè e allo stesso tempo chiude il Mac.
«Vai al lavoro?» domanda la mamma, mordicchiando un pezzetto di bacon.
«Come sempre da ormai venti anni a questa parte», risponde ironico papà, dandole un buffetto sulla guancia. La mamma alza gli occhi al cielo. Lei non apprezza troppo la sua ironia, io invece la adoro. Siamo molto simili da questo punto di vista.
«Ci vediamo stasera». Mamma si alza per dare un bacio a papà che le sorride, poi si avvia verso la porta dopo aver scombussolato il pelo sulla testa di Bux e aver lasciato un bacio sulla testa di ognuno di noi.
William e Cindy, i nostri genitori, si sono sposati da giovanissimi, subito dopo la fine del college. Pochi mesi dopo nostra madre è rimasta incinta di Grayson, il più grande. Avevano solo ventidue anni. Quando Grayson aveva due mesi, la mamma ha scoperto di essere incinta di me, senza ombra di dubbio la loro più grande gioia: Emma Hawthorne. Ma non si sono fermati lì, sei anni dopo la mamma era di nuovo incinta, di Jake, l'undicenne più responsabile – e strano – che io abbia mai conosciuto. Infine, dopo altri due anni, la mamma è rimasta incinta di Daisy, la più piccola della famiglia, ma anche la principessa indiscussa – purtroppo –, da qui il nome. Nonostante mi abbia soffiato il titolo, devo ammettere che adoro trattarla come una principessa: è dolce, graziosa e con quegli enormi occhi azzurri scioglierebbe anche il più duro dei cuori. Difatti quel disgustoso approfittatore di mio fratello Grayson la porta spesso in giro con la scusa di passare del tempo insieme, quando in realtà lo fa solo per adescare le ragazze, che vengono catturate da Daisy, non di certo dalla sua totale mancanza di civiltà.
All'improvviso sentiamo un gran trambusto per le scale e Grayson si precipita in sala da pranzo con i capelli gocciolanti d'acqua, un asciugamano attorno alla vita e un'espressione furiosa stampata in volto. Gli occhi azzurri identici ai miei sfrigolano di rabbia.
«Cosa è successo, Gray?» domanda la mamma con gli occhi sgranati, preoccupata.
«Chiedilo a Emma cos'è successo! Ha finito l'acqua calda, di nuovo», sputa con la voce carica di astio.
«Ops, mi dispiace tanto, non me ne ero accorta». Sorrido beffarda e nostra madre alza gli occhi al cielo. Jake e Daisy invece se la ridono sotto ai baffi.
«Non riesco a credere che a quest'età ancora continuiate a farvi scherzi di questo tipo», commenta lei sbuffando, poi comincia a racimolare i piatti in una pila.
Me la pagherai, mimano le labbra di Grayson, poi gira i tacchi e se ne torna al piano superiore. Ridacchio, soddisfatta. So che in realtà Gray non se l'è davvero presa, su questo la mamma ha ragione: ci facciamo di continuo scherzi del genere. Di sicuro devo aspettarmi una vendetta coi fiocchi, ma giocherò d'astuzia e lo precederò.
Grayson ricompare in sala dopo dieci minuti, al che mi alzo anch'io.
«Forza, fuori da questa casa, filate a scuola!» ordina nostra madre facendo finta di colpirci con un canovaccio arrotolato.
Quando siamo sul vialetto, do una spallata a Grayson. «Ehi, fratellone, non dirmi che te la sei presa!» lo canzono. Lui assottiglia lo sguardo e mi fissa dritta negli occhi.
«Sai che se c'è una cosa che odio con tutto me stesso e che di sicuro mi metterà di cattivo umore per tutta la giornata, quella è fare la doccia fredda. E tu continui con questo scherzo, non è divertente, Emma!» esplode. Okay, forse un po' se l'è presa. Mi rattristo all'istante. Io e Grayson ci vogliamo davvero bene, e l'idea di ferirlo in qualche modo non mi piace.
«Mi dispiace, Gray», mormoro, abbassando lo sguardo sulle mie dita. Lui scuote la testa e sospira.
«Non fa niente, diamoci una mossa».
Ci dirigiamo verso il garage e montiamo in macchina. Un'altra cosa da condividere. I miei l'avevano regalata a Grayson l'anno scorso, è un modello di una decina di anni fa, usato, ma solo quando anch'io ho compiuto sedici anni e l'estate scorsa ho preso la patente, abbiamo scoperto che in realtà il regalo era per entrambi. Inutile dire quanto abbiamo litigato per decidere chi dovesse usarla e quando. Ne è uscita una specie di turnazione, secondo cui ci spetta alternandoci per una settimana a testa o, in casi di estrema necessità, un giorno per uno.
Grayson preme sull'acceleratore, ma il motore borbotta e si rifiuta di accendersi.
«Sarà il freddo», la giustifico, in effetti è febbraio inoltrato.
«Ma non dire cavolate, Emma, viviamo a Miami! Il freddo non la sfiora nemmeno di striscio questa città», replica stizzito Gray. Caspita, oggi è proprio di cattivo umore. Colpa della doccia, mannaggia a me, non potevo scegliere giorno più sbagliato.
«Scendo a vedere», dico, anche se non ci capisco niente, per provare a risolvere la situazione. Prima mi paro di fronte al cofano, lo scruto più da vicino piegandomi, ma è inutile fingere di sapere ciò che sto facendo, così non provo nemmeno ad aprirlo e mi reco dietro alla macchina. Anche qui tutto sembra al proprio posto. Non faccio nemmeno in tempo a finire di pensarlo, che il motore romba all'interno dell'auto e Grayson si affaccia dal finestrino dopo aver inforcato un paio di occhiali da sole, con un sorriso furbo dipinto in volto che sembra aver scacciato tutto il precedente malumore.
«Ops, invece sembra proprio che funzioni... mi sa che stamattina ti tocca andare a piedi, Emmy!»
E con queste parole, sgomma sotto il mio sguardo scioccato e si immette in strada, guidando verso la scuola. Non ci posso credere. Mi stava prendendo in giro. Era tutta una facciata per la sua schifosa vendetta. E ora devo arrivare a scuola a piedi, facendo inevitabilmente tardi. Sarebbe inutile tornare in casa da mia madre, mi urlerebbe contro di sicuro. Io e mio fratello possiamo scherzare tra noi quanto ci pare, ma non quando c'è di mezzo la scuola. Dannazione.
«Che tu sia maledetto, Grayson Hawthorne!» urlo rivolta al cielo, poi con un gran sospiro e pochissima forza di volontà mi incammino a piedi verso la scuola.
Uno a uno, Gray.Ciao fiori di campo!🙊
Benvenuti in questa nuova, stravagante avventura! 🔛
Che disastro! sarà una storia diversa da tutte quelle che ho scritto finora, dai toni più leggeri e comici, e spero che vi possiate affezionare alla protagonista Emma e agli altri personaggi come ho fatto io 💘
Spero che mi seguirete anche in questa avventura!
Fatemi sapere cosa ne pensate 💛
Per ora, gli aggiornamenti saranno due volte a settimana, il lunedì e il giovedì! Ditemi che sono brava 😁❤️
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Le prime venti persone che seguono la pagina e mettono mi piace al primo post con un commento (🙊) saranno seguite! 💘Al prossimo capitolo!🔜
-A✨
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Che disastro!
RomanceQuando Emma Hawthorne è venuta al mondo, il Signore onnipotente l'ha impostata secondo criteri non riscontrati in nessun altro essere umano: per la maggior parte sarcasmo - un solido settanta percento -, una consistente tendenza a straparlare - alme...