10. Giusto o sbagliato?

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Tyler' P.O.V

Sbarrai gli occhi di colpo ed era mattina, anche se non ero stato accompagnato dal più dolce dei risvegli questa volta. Sembrava che la notte fosse durata un battito di ciglia, non avevo dormito affatto bene e mi sentivo ancora stanchissimo.

Quando guardai la finestra dalle tapparelle serrate i raggi del sole si intrufolavano dalle fessure, lanciando piccole scaglie e fasci di luce sul letto finendomi fastidiosamente sugli occhi. Ne ero ancora sensibile e tornai a stringere le palpebre, cercando di rintanarmi ancora un po' nella tranquillità del buio dove fino a poco fa stavo dormendo.

«mm» Brianna mugolò nel sonno, ancora accovacciata sul mio petto che dormiva beatamente su di me, fra le sue soffici e profumatissime lenzuola.

Devo ammetterlo, ero stato felicissimo di rivederla ieri, quando dopo quasi tre mesi lontani era tornata dalla vacanza con i suoi genitori in Europa. Passare tutto quel tempo in viaggio, potrebbe anche sembrare esagerato, ma non nel suo caso. La mia ragazza non passava del tempo con i suoi genitori da ben due anni, fra impegni scolastici, impegni di lavoro e viaggi, in tutto quel tempo non erano mai riusciti a trovare un giorno da passare assieme, vista la distanza che separava ogni giorno tutti e tre. Sapevo quanto ci tenesse a partire con loro, per questo fin dal principio non mi ero mai permesso di oppormi, quando mesi fa era venuta ad avvertirmi che sarebbe partita con loro.

Dopotutto stiamo insieme da anni, sapevamo che un viaggio così lungo non avrebbe potuto intaccare in alcun modo la nostra relazione.

Quando ci siamo messi insieme eravamo poco più che due bambini, io avevo quindici anni appena compiuti, lei quattordici e nessuno dei due stava attraversando il periodo migliore della propria vita. Eravamo vicini di casa, andavano ancora al liceo. Io avevo da poco perso mia nonna Mary Lise, colei che per me era stata la mamma che non avevo mai potuto conoscere davvero. Quando nonna Lise morì mi sentivo perso, pur vivendo ancora con mia zia Mariel.

Ero piccolo, mi sentivo punito dal mondo per la seconda volta, la prima era stata il giorno in cui avevo detto addio alla mia migliore amica per trasferirci in un'altra città vista la malattia della nonna. Il distacco con la mia Kim l'avevo risentito davvero tanto, dovrò essere serio, al punto che potevo ritenerla la mia persona preferita del mondo ai tempi...non la reputavo una sorella, la sorella che non avevo mai avuto, per il semplice fatto che lei era stata indiscutibilmente la mia prima cotta, quella a cui pensavo anche i primi tempi con Brianna.

Colei che per me era l'amore della mia vita, per il concetto di amore che avevo a quell'età.

Se da una parte io soffrivo terribilmente per mia nonna e per il distacco con Kim...Brianna soffriva di attacchi di panico per via del rapporto inesistente con i suoi genitori continuamente in viaggio. Era una bambina tanto, ma davvero tanto bisognosa d'affetto che stava rischiando di ammalarsi davvero per via della situazione che viveva in casa, quando la mamma e il padre continuavano a partire per lavoro, lasciandola vivere con la zia paterna.

Ci siamo incontrati nel periodo peggiore delle nostre vite e ne siamo usciti entrambi, aggrappandoci l'uno all'altra, lei standomi accanto e facendomi sentire meno solo ed io aiutandola a superare quelle crisi, arrivando al momento in cui ero l'unica persona in grado di calmarla fino a vederli scomparire piano piano con la mia presenza costante nella sua vita.

Ad oggi erano passati esattamente tredici mesi, dal suo ultimo attacco di panico...che un tempo avevano la media di una due crisi al giorno.

Abbassai il viso, tornando ad aprire gli occhi e la guardai dormire, ora che era serenamente sdraiata su di me e che la sua pelle baciava la mia, con solo un lenzuolo a coprire i nostri corpi da tutta la notte. Le accarezzai i capelli, sfiorandole la schiena nuda con i polpastrelli ripensando a ieri.

Kimberly Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora