24. Farfalle nello stomaco

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Kim's P.O.V

"Quando ti ho detto che ti avrei aiutato a ricordare il tuo passato, non lo dicevo tanto per dire" i suoi occhi riflessero nei miei, tetri e brillanti allo stesso tempo "e se come unico appiglio al momento, abbiamo la possibilità che tu possa avere davvero qualcosa in comune con il mio, ho deciso di prendere questi" lo osservai ignara, mentre si portava le mani dietro la schiena come se dovesse tirar fuori qualcosa dalle tasche dei suoi pantaloni.

Sentivo l'ansia fremere nel mio corpo, quell'attesa si fece eterna e avrei voluto accorciare il tempo, sbirciare alle sue spalle per capire di cosa si trattasse, perché ero una persona troppo curiosa.

Quando finalmente riportò le mani davanti ai miei occhi vidi due biglietti. Li fissai, poi guardai ancora lui e le sue labbra si sollevarono nuovamente, dando forma a quel sorriso che tanto ammiravo.

"Se vuoi scoprire il mio passato, Cleveland ci aspetta"

Le nuvole si tingevano di colori sempre più caldi ed io non le avevo mai viste da questa prospettiva del mondo.

Mi sembravano trascorsi solo pochi secondi da quando avevamo guardato la nostra città allontanarsi da noi e farsi sempre più piccola e adesso, eravamo già arrivati alla fine del viaggio.

Fra nemmeno trenta minuti atterreremo all'aeroporto ed io vedrò per la prima volta in vita mia la neve, quella vera. Mi sentivo felice come una bambina al sol pensiero.

Dal momento in cui Tyler mi aveva messo davanti agli occhi quei due biglietti, io mi sentivo già pronta per arrivare qui. Non sapevo cosa avrei scoperto, se davvero avrei trovato delle risposte alla mia infanzia o se questo sarebbe limitato ad essere solo praticamente una piccola vacanza pre-natalizia, ma mi piaceva lo stesso essere andata lontano con lui.

Ashley aveva fatto i salti di gioia quando la sera di quel pomeriggio di ormai cinque giorni fa l'avevo avvertita e avevo dovuto presentare Tyler ai miei genitori adottivi, per far sì che vedessero di buon occhio questo viaggio. Eravamo andati a pranzo a casa dei miei, insieme a Cody, solo per far sì che potessero conoscersi e Diane ne era rimasta più che felice.

La mia mamma adottiva era sempre stata in grado di capire le persone dopo averci scambiato poche parole e Tyler sembrava averla conquistata al primo sorriso.

Delle dita si strinsero alle mie e quando abbassai gli occhi vidi la mano del ragazzo al mio fianco intrecciarsi alla mia, ormai stavamo atterrando. L'adrenalina tornò a scaturirsi in me come l'esatto momento in cui qualche ora fa eravamo decollati e feci un respiro profondo, sentendo il cuore esplodermi nel petto.

Mi sentivo entusiasta come se fossimo partiti per un viaggio qualsiasi e non c'era regalo di Natale migliore che potessi augurarmi che questo.

«Siamo arrivati sani e salvi vedi» disse provocandomi un sorriso quando finalmente l'aereo era stabile e saldo a terra, e ricordai subito la mia ipotesi di un possibile schianto fatta alla partenza.

«È lecito aver paura di volare» mi difesi facendogli una piccola smorfia e scosse la testa divertito.

Dopo aver recuperato anche i nostri bagagli eravamo finalmente fuori dall'aeroporto e a me sembrava di essere finita letteralmente in un altro mondo. Non c'era nulla attorno a me di simile a quel che ero abituata a vedere a Brooklyn, a partire dalle macchine che erano tutte meno lussuose o d'ultima generazione come quelle che si vedevano anche negli angoli più sperduti di New York.

Io e Tyler prendemmo il primo taxi che si rese disponibile a portarci fino all'indirizzo che lui stesso aveva fornito al tassista di origini Canadesi e osservai dal vetro la città che mi sorgeva davanti. Non c'erano tutti i grandi schermi pubblicitari e gli edifici moderni di New York, ma il comune attorno a noi trasudava tanto un'aria neoclassica in ogni dettaglio dei suoi palazzi. Persino le persone avevano un aspetto diverso, la carnagione dei bianchi stessi non era olivastra quanto quella che si vedeva dalle mie parti, ma sembravano tutti pressoché pallidi.

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