34. La rottura

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Tyler's P.O.V

«Adesso puoi andartene» sbottai una volta arrivati davanti la mia stanza ma scosse la testa. Sentii un conato di vomito tornare a salirmi in gola e mi tappai la bocca di getto, abbandonandomi contro la parete della porta con gli occhi chiusi.

Mi girava tutto.

«Hai bisogno di una doccia» la udii confusamente ma non riuscii neppure a guardarla. Avevo le palpebre strette in due fessure doloranti, mi sembrava che le iridi impazzite potessero uscirmi dalle orbite in quel momento e battei un pugno contro la porta.

Ero stanco di sentirmi così male.

Brianna mi spinse dalla parte opposta, dove sapevo ci fosse il bagno e una volta entrati la sentii chiudere la porta.

Mi poggiai al lavandino con le mani, aggrappandomi disperatamente al bordo e quando aprii gli occhi e sollevai il viso, dal mio riflesso faticai a riconoscermi. Avevo le guance rosse come non mai, ma allo stesso tempo ero pallido e spossato, con delle borse nerissime sotto agli occhi.

Il getto della doccia si scagliò fragorosamente contro il box e un attimo dopo le mani di Brianna mi obbligarono a girarmi. Tornai a stringere gli occhi per non lasciarmi trascinare giù da quel giramento di testa e le sue dita si aggrapparono al bordo della mia maglietta.

«Che cazzo fai» farfugliai biascicando ogni sillaba e mi guardò negli occhi seria.

«Sto solo cercando di aiutarti» mi sollevò la maglia, perlomeno ci provò ma la tolsi da solo staccandomi dalla sua presa.

«Posso farlo da solo» ringhiai un attimo prima di sbattere contro il lavandino e rischiare di accasciarmi a terra. Non capivo come potesse essere possibile non riuscire neppure a reggersi in piedi da solo ed imprecai mentalmente.

«No che non puoi» mormorò avvicinandosi a me e la guardai in silenzio, con le mani dietro la schiena aggrappate al lavandino per non cadere.

La vidi alzare le sue fino al bottone dei miei jeans, non dissi nulla mentre la guardavo trattenendo l'ennesimo conato di vomito che sentivo ribollire ancora dal fondo della gola e tirò giù la zip senza suscitare la benché minima emozione in me.

Spinse giù i miei pantaloni che rimasero sulle mie caviglie e ne afferrò il lembo, sollevandomi una gamba e poi l'altra per tirarli via mentre per non cadere mi tenevo ancora saldo.

Quando tornò in piedi con i miei pantaloni stretti fra le mani afferrai la maglietta bianca sul davanzale del lavandino e me la portai davanti ai boxer, guardandola con un cipiglio, ma la vidi ridere.

«Non ti vergognerei di me?» domandò retoricamente guardandomi con il viso incantato da un lato ma da parte mia non c'era divertimento «conosco il tuo corpo a memoria Tyler» sussurrò posando l'indice contro il mio petto e le spinsi via la mano.

«Ora esci» digrignai i denti guardandola con durezza e alzò le mani al cielo, indietreggiando verso la porta con un'aria più che serena.

«Ti aspetto di là, vado a prepararti il pigiama» non ebbi neppure il tempo di dirle che non c'era bisogno che lo facesse, che ero già rimasto solo nel bagno.

Buttai via la maglia e camminai cauto verso la doccia, togliendomi di dosso anche i boxer prima di entrare e l'acqua fredda mi fece provare una sensazione di sollievo improvviso che non riuscivo neppure a spiegare.

Sollevai il viso accogliendo su di me quel getto fresco e cercai di lavarmi di dosso tutto lo schifo che aveva caratterizzato questa nottata da dimenticare.

Mezz'ora più tardi uscii dal bagno con l'accappatoio, fuori era praticamente giorno ormai ed io stavo morendo di sonno, eppure nonostante la doccia fredda che mi aveva fatto decisamente bene, non mi sentivo ancora in me. Entrai nella mia stanza pensando che dopo tutto il tempo che ci avevo messo in bagno la mia ex rassegnata se ne fosse andata, ma la trovai sul mio letto già scoperto con in mano tutto l'occorrente per vestirmi.

Kimberly Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora