Capitolo 5

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<<Non accetterò più ritardi, Crystal. La prossima volta non ti sarà permesso mangiare>> mi minaccia sbattendo il pugno sul tavolo.

<<Non è facendo rumore che tremerò di paura>> sghignazzo.

<<Come osate rivolgervi in questo modo al re. Dovreste rammendare il vostro posto>>.

Volgo lo sguardo alla sua concubina <<E voi il vostro, Guenda. Voi siete solo la donna con cui se la spassa mio padre, mentre io sono la legittima erede al trono. Voi curate i maiali nel tempo libero, io mi prendo cura del regno e degli affari di Stati. Ora ditemi, chi deve rammentare il posto di chi? Quella fuori posto siete voi, Guenda>> le rinfaccio.

<<Basta! Crystal, chiedi scusa. Non ti permetterò di insultare la tua matrigna>> sbraita adirato.

<<Matrigna? Neanche morta chiederò mai scusa!>> mi rialzo immediatamente facendo finire la sedia sul pavimento.

<<Vi prego, smettetela...>> mormora Tamara. Guarda da un capo all'altro della camera, tentando di fermare la discussione, ma non funzionerà il suo intento. Le sue guance sono rosse e i suoi occhi imbarazzati. Mi fa tenerezza e francamente, è davvero una ragazza amorevole e sa prendersi cura di chiunque. Purtroppo, ha una madre che la usa come pedina in un gioco di potere. Le poche volte che la giovane mi si è avvicinata l'ho trattata come una sorellina, ma la paura nei suoi occhi quando doveva tornare nelle sue stanze mi ha sempre tormentato.

<<Zitta, stupida!>> ringhia sua madre inviperita.

Mi muovo verso l'uscita e mentre oltrepasso la porta sento dire da mio padre <<Ordinate alla cucina di non dare nessuna pietanza a mia figlia fino ad un nuovo ordine! Non mangerà né berrà finché non si comporterà come una principessa!>>.

<<Davvero molto matura, mia signora. Avreste dovuto lasciar perdere, mostrare superiorità. Avete reagito e le avete dato motivo per provocarvi>> mi rimprovera Nana.

Sospiro sconfortata <<Lo so, ma ogni volta lui prende le sue parti. Lei ha cercato di avere il trono di mia madre fin da quando si è sparsa la voce che era solo un matrimonio di convenienza e nulla più. Quel giorno erano insieme, invece mamma era sul campo di battaglia contro i barbari sul confine settentrionale. Porto rispetto solo a chi mi rispetta. È entrata nel letto di mio padre molto prima che la regina morisse. Usa i vestiti di mia madre, i suoi gioielli e le sue stanze, senza neanche aver avuto la decenza di domandarmi come mi sentissi nel vedere lei cancellare i ricordi della presenza di mamma. Lui ha lasciato morire mia madre per quella! I rinforzi che lei aveva chiesto, non sono mai arrivati. Avevo quattordici anni ed è come se fossi rimasta orfana! Non li perdonerò mai per ciò che hanno fatto!>> grido e a passo spedito, immersa in quei sentimenti che mi stanno per soffocare, vado alla camera dell'accademia dove i cavalieri prestano l'esame per diventare ufficiali o salire di rango. Qui, tra queste mura e avvolta dal silenzio della sera, mi sento libera e posso finalmente essere me stessa. Prendo una spada ed inizio a rotearla e a combattere contro i manichini. Paro e affondo. Stoccata, giravolta e affondo. Continuo così mentre il mio cuore ed i miei occhi piangono, la mia mente attraversa il tempo. In quel giorno maledetto a cavallo tra l'inverno e la primavera, l'esercito reale aveva fatto ritorno. Le perdite erano state molte e su un carro decorato e avvolto dalle rose bianche e con sfumature scarlatte giaceva il suo corpo. La sua espressione era serena e per qualche istante mi parve di sentirla al mio fianco ad accarezzarmi le lacrime che mi erano sfuggite. Il corteo funebre ed i successivi funerali durarono una settimana, mio padre si fece vedere all'ultimo giorno. Era accompagnato da Guenda e dietro a loro, nascosta in un angolo si trovava Tamara. Quando la tomba di mamma fu ricoperta e le persone si erano allontanate, quella piccola e graziosa bimba dai capelli caramello e gli occhi rosa, mi si era avvicinata e mi aveva abbracciata. Aveva appoggiato una margherita sulla lapide di mamma e mi aveva stretto la mano. Per qualche tempo ci eravamo avvicinate, ma il giorno del mio sedicesimo compleanno, dopo essere stata nominata Comandante, la Corte propose al re una mozione in cui si riteneva che Tamara fosse più idonea a succedere al trono ed il sovrano non aveva obiettato. Anzi, addirittura aveva riso e ringraziati gli Aristocratici perché avevano riconosciuto in quella dolce fanciulla una possibile degna regina. Al termine dei festeggiamenti, avevo tentato di parlarle, ma tutto ciò che mi rivolse fu <<Temo che da questo giorno in avanti, non potremmo più essere amiche e sorelle, ma solo rivali. Non desidero il trono, ma non ho abbastanza carattere per oppormi al volere degli altri>> mi voltò le spalle e si allontanò. Da quel momento, divenne strumento di paragone nei miei confronti e motivo di lite. Speravo di aver guadagnato una sorellina, oltre che un buon amico, ma quel giorno capii che a fare troppo affidamento sugli altri, si finisce per essere traditi e feriti. 

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