Chemical Hearts

37. L'indipendenza del cuore

❝Ascolta bene. Il cuore dell'uomo è spregevole, spregevole, Miriam.
Non è come il ventre di una madre. Non sanguinerà, non si dilaterà per farti posto. ❞

𝑳𝒂𝒏𝒂

Il cervello umano è la fonte di ogni incipit all'interno dell'organismo umano, la sua capacità di scatenare impulsi e condurre azioni in modo conscio o inconscio lo rende il controllore per eccellenza.

Ogni via metabolica, ogni azione guidata dai muscoli, anche l'eco più recondito delle ossa avviene grazie a lui e al suo stimolo.

C'è solo una cosa però che non comanda, un impulso che non gli spetta. Per grande sorte della vita, l'unico impulso che il cervello non scatena nasce dal nodo senoatriale, un gruppo di cellule situate nella parete dell'atrio destro del cuore che sono in grado di produrre in modo spontaneo attività elettrica, consentendo poi all'impulso di raggiungere i punti critici dell'organo e causando così quello che noi chiamiamo battito.

L'unico punto cieco che il cervello non ricopre che è anche quello di cui il cervello stesso necessita per continuare la propria attività, perché senza battito, senza flusso, senza sangue, il cervello non può essere capace di elaborare e trasmettere informazioni. Mentre il cuore, lui, anche se con il più banale dei movimenti, sa essere indipendente.

Quella mattina il sole rilasciava un calore più intenso di quanto non aveva fatto nelle giornate precedenti, Londra sembrava essersi ripresa dalla nevicata invernale e mentre indaffarata continuavo a sistemare tutte le cose lasciate in giro per l'appartamento, Seth si impegnava a impartire ordini con una notevole parsimonia a Declan e Carter, spiegando quali fossero le poche mansioni di cui si sarebbero dovuti occupare.

«Ricordatevi di cambiarle il pannolino e non datele troppo latte, soprattutto dopo aver dormito, potrebbe rimetterlo tutto.» Effy se ne stava tranquilla in braccio a lui, imbambolata a fissare i due uomini di fronte a loro che a loro volta la guardavano intimoriti, ma allo stesso tempo inteneriti da quel visino dolce.

Mi piegai ad afferrare la coperta di pile caduta per terra, piegandola poi sul divano, mentre divertita ascoltavo Declan iniziare a preoccuparsi. «Non dobbiamo farle il bagnetto, vero? E se si sente male? Dobbiamo portarla subito al pronto soccorso?»

«Ci sono io», intervenne Carter, immediatamente. «Sono un medico».

Allora dovetti intromettermi inevitabilmente. «Non ce ne sarà bisogno.» Passai dolcemente una delle mie mani sulla testa della bambina per sistemarle i capelli scompigliati e lei distolse per un breve momento lo sguardo dai due uomini, puntandolo su di me per controllare che fossi io, con le manine intente a tenere uno dei suoi giochini che portava alla bocca in un gesto confortante, riempiendolo di saliva.

«Sarà solo fino a stasera, non staremo via a lungo. Per qualsiasi cosa potete chiamarci e se non rispondiamo potete chiedere aiuto a Genesis», precisò Seth, cercando di captare dalle espressioni dei due uomini se fosse tutto chiaro e sottintendendo a Declan di chiamare Genesis per altre ragioni e non solo per la bambina in caso ce ne fosse stato bisogno.

«Ma dov'è che andate?» a quella domanda posta da Carter ci ammutolimmo tutti insieme, dovetti guardarli a lungo per rendermi conto che qualcuno avrebbe dovuto rispondere o sarebbe sembrato sospetto.

«A Saint Ives, mio padre non sta bene e mia madre aveva bisogno di aiuto», mentii, consapevole che quella fosse la scusa più plausibile. Carter non sembrò completamente convinto, ma decise comunque di crederci, in fondo non aveva alcun sospetto riguardo quale fosse la nostra reale destinazione e non avrebbe avuto modo di comprenderlo tanto presto. Inoltre, Salisbury, che era la nostra reale destinazione, era davvero sulla via per andare a Saint Ives.