L’aria salmastra proveniente dalla baia scompigliò i capelli biondi di Scott, intento a ripulire la sua tavola di surf dagli ultimi residui di sabbia. A nulla era servita la bandana nera avvolta intorno alla testa, quel giorno il vento soffiava forte e aveva creato onde incredibili, che il ragazzo aveva domato con grande entusiasmo.
Il tempo era trascorso senza che se ne rendesse conto, accadeva ogni volta che si fondeva con l’oceano dimenticando tutto il resto.
Da quando aveva chiarito con Benjamin sviscerando tutto ciò che aveva nascosto dentro di sé per anni, era riuscito a ritrovare la capacità di surfare per il puro piacere personale e si sentiva rinato. Era scomparsa la sua voglia di primeggiare, sapeva di non dover dimostrare nulla a nessuno, tantomeno a se stesso.
Aveva imparato ad amarsi così com’era, ad accettare di non essere sempre il migliore in ogni cosa, ad apprezzare quei pregi e quei difetti che lo rendevano semplicemente un essere umano degno di amore e stima, come tutti gli altri.
Imparare a volersi bene non era stato facile ma ci stava riuscendo giorno dopo giorno e, lo sapeva, il ringraziamento più importante lo doveva a quel ragazzo tutto riccioli e piercing che era riuscito a vedere in lui qualcosa che nessuno aveva mai visto.
Quel pensiero lo fece sorridere e accelerò i suoi movimenti, era impaziente di tornare a casa. Quella casa fatta non solo di pareti e mobili ma soprattutto di abbracci e di amore, quella casa che da mesi trovava negli occhi e nelle braccia di Bradley.
Si sistemò gli occhiali da sole sul naso e afferrò la tavola sotto braccio, risalendo le scale che dalla spiaggia conducevano alla strada, in quel momento trafficata.
Il telefono squillò e rispose senza guardare chi fosse, incastrandolo abilmente tra la guancia e la spalla.
“Ciao Scott, ti disturbo?”.
Era la voce squillante di Federico, allegra come sempre.
“Ciao biondo”, lo salutò abbozzando un sorriso che l’altro non poteva vedere. “Non disturbi, anzi hai un tempismo perfetto perché sono appena andato via dalla spiaggia… sto tornando a casa”, continuò controllando le auto di passaggio prima di attraversare e spostarsi dall’altro lato della via. “Dimmi tutto”, lo esortò.
“Domani sarà il primo anniversario dell’apertura di Waves on fire, voglio organizzare una semplice cena a casa nostra per festeggiare… tu e Brad siete dei nostri? Ovviamente Ben non sa nulla, è una sorpresa!”, disse tutto d’un fiato, non si era ancora abituato a quel rapporto instaurato con Scott. “Non è nulla di impegnativo, scusami se te lo dico solo ora ma è una cosa dell’ultimo minuto perché pensavo di non riuscire a trovare qualcuno che coprisse il mio turno domani sera.”
“Ci saremo, appena arrivo a casa chiedo a Brad e ti do la conferma”, rispose entusiasta. “Sei sempre il solito fidanzatino smielato con la sorpresa adatta ad ogni occasione ”, lo schernì ridacchiando, sentendo un sonoro sbuffo in risposta.
“Non sei nella posizione di sfottermi, non dopo aver organizzato una festa degna del miglior film per il compleanno di Brad… ti ricordo che mi hai trascinato da una parte all’altra della baia alla ricerca del regalo perfetto”, si difese punzecchiandolo di rimando. “Sono serio adesso, smettila di indossare sempre quella maschera da ragazzone duro e insensibile… lo sappiamo che non lo sei e lo sai anche tu.”
Scott arrossì e si strinse nelle spalle, rilasciando un sospiro.
Era grato a Federico, molto grato. Non poteva dimenticare l’astio iniziale, le sue occhiate glaciali e le sue minacce non troppo velate, pronunciate a denti stretti ogni qualvolta temeva che i suoi comportamenti potessero ferire Benjamin.
Eppure il biondo gli aveva concesso una tregua ma soprattutto gli aveva permesso di riscattarsi, di dimostrare che non era solo il ragazzo arrogante e spocchioso che tutti avevano conosciuto. Paradossalmente era stato proprio Federico il più disponibile, quello che più degli altri aveva scorto in lui qualcosa che gli suggeriva di fidarsi, di concedergli la possibilità di far conoscere quella parte di sé che teneva nascosta.
Certo, lo aveva tenuto d’occhio ogni qualvolta condivideva spazio vitale con Benjamin ma una volta compreso che non intendeva più ferirlo, aveva abbassato la guardia ed era stato il collante tra loro due, aiutandoli a risanare i vecchi dissapori.
“Colpito e affondato”, si arrese ridacchiando. “Grazie Fede”, aggiunse in un sussurro, consapevole che l’altro avrebbe capito al volo il motivo di quelle due parole.
“Lo vedi che sei smielato anche tu?”, rincarò addolcendo la voce. “Scherzo... sai che ti voglio bene ma ora devo lasciarti perché Ben sta tornando a casa e Daisy sta combinando un casino in giardino, questa vita da casalingo mi distrugge!”.
“Sei il solito coglione”, lo rimbeccò scuotendo la testa in segno di resa. “Saluta Ben, io sono quasi a casa… ciao bro, ci sentiamo più tardi”, lo salutò e chiuse la chiamata, imboccando il vialetto a passo svelto.
Si stupì sentendo un silenzio insolito, era abituato ad essere accolto da una delle playlist del suo fidanzato, ascoltata ad alto volume dal loro impianto stereo.
Quel giorno la casa sembrava vuota e mosse solo qualche passo in salotto prima di notare Bradley steso sul divano in una posizione scomoda e disordinata.
Il braccio sul quale giaceva la testa penzolava lungo il cuscino, una mano era incastrata sotto la guancia e il ginocchio era piegato di lato. Dormiva profondamente ma sembrava inquieto e Scott non esitò a raggiungerlo per poi chinarsi ed essere alla sua stessa altezza.
Osservò le sue labbra schiuse, le lunghe ciglia incurvate che proiettavano ombre leggere sulle sue guance, i ricci ribelli sfuggiti al suo chignon e scivolati sul viso, il suo petto che si alzava e abbassava ad un ritmo normale… era bellissimo, pensò.
Lo pensava ogni giorno, così come pensava a quanto fosse fortunato ad averlo accanto.
Allungò il braccio e con delicatezza gli scostò qualche ciocca dal volto, sfiorandolo come se potesse rompersi ma nonostante quel tocco leggero percepì un inaspettato calore sotto ai polpastrelli. La sua fronte scottava e solo in quel momento si accorse che era madido di sudore, dettaglio che lo fece scattare in piedi e sparire oltre la porta del bagno per cercare un termometro sepolto dalla montagna di bandane del suo fidanzato.
Le amava e molte gliele aveva regalate proprio lui ma in quel momento le maledì silenziosamente perché occupavano un intero cassetto.
“Amore”, lo chiamò a voce bassa qualche minuto più tardi, stringendogli piano la spalla.
Come risposta ottenne un mugugno poco definito e si intenerì come ogni mattina, quando Bradley imprecava contro la sveglia e si accoccolava sulla sua spalla.
Scott rischiava di soffocare a causa dei suoi ricci ribelli sparsi ovunque ma amava il modo in cui il fidanzato lo stringeva, amava i baci che gli lasciava ovunque, amava il suo calore e le sue dolcezze mattutine, intense ma delicate come fiori di campo.
“Amore”, tentò una seconda volta e poi una terza, finché gli occhi magnetici di Bradley incontrarono i propri. “Ehi, come ti senti?”.
“A pezzi”, mormorò abbassando immediatamente le palpebre, infastidito dalla luce che filtrava dalla tenda. “Mi esplode la testa, mi sono sdraiato perché davanti al pc mi sembrava di impazzire da quanto mi pulsavano le tempie”, spiegò stanco.
“Hai la fronte bollente”, lo informò sfiorandogli i capelli. “Ti ho preso il termometro, prova la febbre… ma perché non mi hai chiamato?”, chiese facendosi spazio accanto a lui, senza smettere di accarezzargli la testa.
“Sei riuscito a prenderti un pomeriggio di svago dopo settimane infernali, non volevo che rinunciassi al tuo tempo libero per colpa mia… è solo un po’ di influenza, sto bene amore”, lo rassicurò abbozzando un sorriso forzato, non stava affatto bene.
“Hai la febbre a trentanove”, constatò osservando il termometro. “Vai a stenderti a letto così stai più comodo, ti preparo qualcosa e ti raggiungo tra poco”, ordinò con dolcezza, passandogli una mano tra i ricci. “Ce la fai?”, chiese mentre si alzava a rilento, tenendosi la testa tra le mani.
“Sì amore, stai tranquillo… so che ti preoccupi sempre e sai che amo questo lato di te ma non sto per morire”, replicò ironico, sporgendosi per baciargli una guancia.
“Non ti insulto solo perché sei malaticcio”, scherzò roteando gli occhi.
Sparì in cucina e si appuntò mentalmente di dover fare la spesa il giorno successivo dopo aver realizzato che il frigo fosse quasi vuoto, poi lasciò la cena sui fornelli e raggiunse il fidanzato in camera. Era sepolto tra i cuscini, semiaddormentato e visibilmente debole ma comunque bellissimo ai suoi occhi. Lo era sempre, in qualsiasi circostanza.
Gli posò un panno bagnato sulla fronte e lo sentì bisbigliare un “grazie amore” strascicato ma profondo, al quale rispose con un sorriso e una carezza tra i capelli.
“Continua a riposarti, vado a controllare la situazione in cucina prima che salti tutto in aria”, scherzò alzandosi e sparendo oltre la soglia. Si fermò a guardarlo qualche istante, era strano vederlo così calmo e soprattutto così silenzioso, abituato com’era alla sua iperattività e loquacità, al fatto che trovasse sempre qualcosa da fare perché incapace di stare fermo.
Era insolito, per lui, prestare così tanta attenzione ai dettagli eppure quando si trattava di Bradley lo faceva sempre, quasi senza accorgersene.
Era naturale notare ogni suo più piccolo cambio d’espressione, ogni diversa sfumatura del suo sguardo, ogni sua strana abitudine, ogni sfaccettatura del suo carattere semplice ma magnetico e incapace di passare inosservato.
Il profumo della zuppa gli accarezzò il naso, distraendolo dai suoi pensieri.
Sistemò tutto su un vassoio camminando lentamente per non rovesciarlo e raggiunse la camera, aspettandosi di trovare Bradley addormentato. Il ragazzo invece era sveglio e semisdraiato, con la schiena appoggiata alla testiera del letto e le palpebre abbassate.
“Non serve a nulla dire che non ho fame, vero?”, chiese guardando il fidanzato.
“No amore”, confermò avvicinandosi. “Devi mangiare qualcosa, ti ho preparato la tua zuppa preferita con tutti quegli ingredienti dai nomi impronunciabili… almeno assaggiala e dimmi se sono migliorato, l’ultima volta ho fatto un disastro.”
Bradley abbozzò un sorriso e allungò la mano fino a incastrarla tra le sue ciocche bionde.
“Grazie”, sussurrò prima di affondare il cucchiaio nella minestra.
La percezione dei sapori era leggermente alterata e si sentiva incredibilmente accaldato, il suo stomaco era in subbuglio e il senso di fame inesistente ma si sforzò di assaggiarla almeno per ripagare gli sforzi di Scott.
“È buona… vorrei riuscire ad assaporarla meglio ma mi piace”, constatò strizzandogli l’occhiolino. “La prossima volta la facciamo insieme così la perfezioni ancora di più.”
Il surfista tirò un sospiro di sollievo e si sedette accanto a lui, apprestandosi ad assaggiare il frutto del suo impegno.
“Non è male ma continuo a non capire come si possa amare questo genere di cucina fatto di spezie e alimenti strani che conosci solo tu”, lo prese in giro.
“Non ho le forze per replicare, lascerò che tu mi sfotta sulla mia alimentazione ma non ti ci abituare”, disse allontanando il piatto per tornare a sprofondare tra i cuscini. “Continuiamo la nostra maratona di Grey’s Anatomy?”, propose consapevole che non sarebbe riuscito a guardare un intero episodio senza addormentarsi.
“Sì ma solo se la smetti di fare apprezzamenti su Mark Sloan”, acconsentì fingendosi geloso.
“Non è colpa mia se è sexy”, si difese ammiccando. “E poi parli tu che continui a ripetere quanto sia bello e tenebroso Owen Hunt? Cosa ci trovi in quel pel di carota poi...”
Scott ignorò la sua provocazione e fece partire l’episodio, affrettandosi a finire il suo piatto per poter accogliere Bradley tra le braccia. Amava averlo addosso, anche questo significava rischiare di ritrovarsi i suoi capelli sparsi ovunque, persino sul viso.
“Mi piace il modo in cui sai prenderti cura di me”, bisbigliò Bradley dopo interminabili minuti trascorsi con il fiato sospeso a causa di alcune scene particolarmente intense.
Il biondo sorrise e gli accarezzò la schiena, intrufolando la punta delle dita sotto la maglietta.
“Me l’hai insegnato tu, prima di te non sapevo cosa significasse prendersi cura di un’altra persona… non sapevo cosa volesse dire interessarsi a qualcosa che non fosse il mio ego smisurato”, disse sincero. “La cosa bella è che è stato tutto naturale… non me ne sono nemmeno accorto di quanto stessi cambiando, giorno dopo giorno.”
“Io invece sì”, rispose alzando lievemente la testa per incrociare i suoi occhi. “Me ne sono reso conto da tanti piccoli gesti che non ti avevo mai visto fare, dal modo in cui lentamente abbandonavi quella maschera di indifferenza ed egoismo riuscendo a mostrare tutti quei lati di te che avevi sempre nascosto.”
“È solo merito tuo”, gli ricordò posandogli un bacio sulla fronte ancora accaldata.
“Non è vero”, lo contraddisse stringendosi maggiormente al suo corpo, perfetto per incastrarsi al proprio. “Le cose si fanno in due amore, ricordatelo sempre.”
“Ancora mi chiedo cos’abbia fatto di così speciale per meritarmi qualcuno come te”, confessò imbarazzato. “Probabilmente non lo saprò mai ma l’importante è che ci sei.”
“Oltre alla febbre mi salirà anche la glicemia se continui così”, scherzò sporgendosi per baciargli le labbra con dolcezza. “Ti amo anche se mi verrà il diabete per colpa tua.”
“Torno a fare lo stronzo egoista se preferisci”, lo minacciò roteando gli occhi.
“Smettila idiota, sai che scherzo e che mi piace quando fai lo sdolcinato”, si oppose accoccolandosi con la testa incastrata sulla sua spalla.
“A me invece non piace quando rischi di soffocarmi con questa matassa di ricci”, si lamentò facendolo ridacchiare.
“È inutile che fingi di lamentarti, lo so che ami i miei capelli”, constatò compiaciuto.
Scott si morse il labbro, limitandosi ad intrufolare le dita tra quelle ciocche ribelli.
Ribelli come Bradley. Era vero, amava i suoi capelli.
Amava tutto di lui ma soprattutto amava il modo in cui lo faceva sentire e la persona che era diventata da quando condividevano la vita.
“Amo tutto di te”, disse sottovoce sapendo che ormai si fosse addormentato e non avrebbe potuto sentirlo.
La sirena dell’ambulanza proveniente dallo schermo lo riscosse dai suoi pensieri e catturò la sua attenzione; conosceva quell’episodio a memoria ma lo guardò per l’ennesima volta, amandolo come se fosse la prima.
Attese la fine e spense la tv, appoggiando il telecomando sul comodino di Bradley.
Chiunque avrebbe capito a chi appartenesse quel lato del letto; accanto all’abat-jour giaceva un romanzo classico che Scott non avrebbe letto nemmeno in cambio di soldi.
Sulla copertina del libro erano appoggiati diversi anelli in acciaio, di ogni genere e misura; ognuno aveva una storia diversa e Bradley amava raccontarla. Una quantità imprecisata di elastici era distribuita qua e là, accompagnata da una bandana nera necessaria nelle occasioni, rarissime, in cui il ragazzo si svegliava in ritardo e non aveva tempo di cercarne una che si adattasse al suo outfit giornaliero.
Scott si soffermò ad osservare tutti quegli oggetti sorridendo senza accorgersene, poi spostò lo sguardo sul proprio comodino, indubbiamente più vuoto e meno disordinato: un avvincente romanzo giallo, il caricabatterie perfettamente arrotolato, un solo anello da indossare sempre all’indice della mano sinistra e una piccola conchiglia a simboleggiare il suo amore immenso per l’oceano.
Scosse la testa e rilasciò un sospiro, bastava entrare in casa loro per accorgersi di quanto fossero estremamente diversi. Tra le pareti della loro villetta si respiravano due stili di vita quasi opposti, dall’arredamento ai romanzi disposti sulla libreria, dalla dispensa ai cd impilati sul mobiletto accanto al divano, dai fiori sul vialetto di casa ai dvd sulla mensola.
Eppure Scott e Bradley erano riusciti a fare di tutte quelle differenze il loro punto di forza.
Non erano mai state un problema anzi erano state un ottimo inizio, perché proprio da quelle diversità avevano imparato a conoscersi, a prendersi in giro, a discutere sull’importanza che alcune scelte avevano rappresentato nella loro vita.
Scott era sempre stato abituato a frequentare persone simili a lui e se gli avessero detto che un giorno si sarebbe innamorato di un ragazzo come Bradley non ci avrebbe mai creduto, invece era successo e più trascorrevano i giorni, più si accorgeva di quanto quel fotografo pieno di piercing e di sogni fosse ciò che aveva sempre desiderato, o forse aspettato.
Lo guardò ancora una volta, incapace di distogliere gli occhi da quello che, lo sapeva, sarebbe stato sempre il suo spettacolo preferito.
Percorse con lo sguardo la sua figura addormentata, indugiando sul profilo di tutti quei tatuaggi che raccontavano la sua storia. Tra quei disegni troneggiava un piccolo aereo di carta, un simbolo che nessuno avrebbe potuto collegare alla loro storia ma che rappresentava proprio il loro amore; lo avevano fatto insieme, a Bali, durante il primo viaggio di coppia. Era stato il tatuatore a decidere cosa imprimere sulla loro pelle.
“Rappresenta l’amore per la scoperta, per i viaggi e per l’avventura… ve lo leggo negli occhi che siete due persone avventurose, legate dalle stesse passioni nonostante le vostre differenze”, aveva spiegato l’uomo, con un inglese improvvisato. “Non solo, descrive anche l’amore per il viaggio più importante, la vita. E cosa sarebbe la vita senza la gioia della condivisione? Cosa sarebbe la vita, senza l’amore?”, aveva aggiunto mentre tracciava le prime linee sulla pelle abbronzata di Bradley.
Nessuno dei due aveva afferrato appieno la spiegazione dell’uomo ma si erano fidati di lui e a distanza di mesi, capirono di aver fatto bene.
Quell’aereo, apparentemente fragile perché di carta, era forte abbastanza per volare ovunque volesse, un po’ come loro due che insieme avevano saputo trovare la forza di far decollare ciò che li univa nonostante le paure iniziali.
Scott lo sfiorò con la punta delle dita e dopo aver depositato un ultimo bacio tra i ricci del fidanzato, si sistemò meglio lasciandosi cullare dal suo respiro.
Non aveva bisogno d’altro per essere felice.Angolo autrice
Ciao ❤
Vi avevo promesso degli special ed eccomi qua, anche se ormai è passato tanto tempo dall'ultimo aggiornamento.
Volevo scrivere di Brad e Scott ma non sapevo bene cosa raccontare, alla fine ho scelto un semplice contesto domestic per raccontare la loro quotidianità e soprattutto dare voce a Scott, personaggio che doveva essere un antagonista e che alla fine ho fatto redimere. Volevo che tutto filasse e che il suo cambiamento non risultasse fatto a caso, quindi ho pensato che dargli voce fosse la scelta più giusta.
Che dire, spero vi sia piaciuto.
A presto e grazie di essere ancora qui ❤
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As free as the ocean | Fenji
FanfictionOgni persona vive il dolore in modi diversi. C'è chi lo combatte e reagisce, rialzandosi più forte di prima e portando con orgoglio le proprie cicatrici, dimostrando che si può rinascere dalle ceneri. E poi c'è chi lo assorbe fino a farlo diventare...