Vorrei darti molto di più di tutto il mare
Vorrei sempre il tuo bene,
fosse anche il mio male.
E con te è come dentro a una giostra,
la gente ci guarda e non importa,
siamo un disegno appeso ad una porta.
Ma te... solo tu mi dai questa forza,
potrei correre senza sosta.
Siamo il quadro più bello della mostra io e te.[Disegno; Alfa]Benjamin, seduto comodamente sul tavolo, era intento a baciare maliziosamente le labbra del biondo, stringendogli le gambe intorno ai fianchi per attirarlo più vicino.
Erano circondati da teglie e vassoi colmi di leccornie pronte ad essere servite, la cucina era invasa da profumi dolci e salati che stimolavano il loro appetito mentre approfittavano degli ultimi momenti di tranquillità prima della cena con le loro rispettive famiglie che sarebbe iniziata da lì a poco.
«Benjamin», sussurrò staccandosi a fatica dalla sua bocca schiusa. «Rimarrei qui a baciarti per ore ma se non la smettiamo adesso sono certo che ci faremo cogliere in questa situazione compromettente... è meglio che vada a portare fuori queste bontà», disse indicando con un cenno della testa tutto quello che avevano cucinato aiutati dalle loro madri, tornate momentaneamente a casa per cambiarsi dopo un'intera giornata tra i fornelli.
«Mh, hai ragione», confermò ridendo. «Secondo me mangeremo avanzi per una settimana considerando che non verranno qui a mani vuote... so per certo che mia mamma porterà la sua pavlova e chissà cos'altro», aggiunse scrollando le spalle.
«Mi sono divertito tantissimo oggi, è stato entusiasmante collaborare tutti insieme qui a casa nostra... vedere mia madre e la tua scambiarsi consigli e ricette mentre aspettavano il tempo di cottura, per non parlare di quando si sono messe a criticare il nostro disordine!», commentò riflettendo su quale dei tanti vassoi prendere per primo. «Credo vadano piuttosto d'accordo, a dire il vero ero un po' preoccupato perché i miei sanno l'inglese ma non lo parlano quasi mai, non l'hanno tenuto allenato invece vedo che non hanno problemi a parlare con te e i tuoi, la questione della lingua mi spaventava e invece sembra che se la cavino bene», aggiunse uscendo in giardino seguito dal moro.
«Io non ho mai avuto difficoltà a capire cosa volessero dirmi, sanno farsi capire anche se comunque si sente la differenza rispetto a come lo parli tu che ormai lo conosci come l'italiano... io cerco sempre di parlare piano ma forse a volte accelero e non me ne rendo conto, però mi sembra che mi capiscano», rispose controllando che la tavola fosse in perfetto ordine. «Credi che parli troppo veloce? A me oggi è sembrato che mia madre lo facesse, forse devo dirle di scandire meglio le parole».
«Ma no amore, stai tranquillo», disse intercettando nella sua voce incerta i primi segnali di agitazione.
Benjamin era il più preoccupato tra i due, era felice ma quella situazione gli sembrava troppo surreale per riuscire a crederci e ad essere totalmente rilassato.
«Non vedo l'ora che arrivino almeno mi calmo», ammise appoggiandosi al muro e pochi minuti dopo sussultò sentendo suonare il campanello. «Vado io, meglio se i vassoi che mancano li porti tu perché sarei capace di farli finire per terra», disse entrando per aprire la porta e far accomodare i loro ospiti, salutandoli con un sorriso e un abbraccio.
«È molto accogliente, complimenti!», commentò Davide guardandosi intorno, era l'unico a non aver ancora visto la casa. «L'hai arredata tu?», chiese al moro.
«Non proprio, diciamo che era già ammobiliata ma abbiamo cambiato la disposizione dei mobili quando Fede è venuto a vivere qui... siamo riusciti a renderla più nostra, prima era molto spoglia», rispose facendogli vedere le altre stanze. «Quando vivevo da solo era fin troppo grande per me però il proprietario me l'ha affittata ad un prezzo davvero stracciato quindi non ho potuto rifiutare», disse omettendo i dettagli sugli eventi che l'avevano spinto a lasciare la casa dei suoi genitori.
«Mi piace un sacco Ben!», esclamò sorridendo. «Riesco a riconoscere l'impronta di Federico, non ho abbastanza informazioni per individuare anche la tua ma sicuramente questo posto è perfetto per voi... si vede che ci tenete a mantenerlo bene, è curato nei minimi dettagli», spiegò dandogli una pacca sulla spalla.
«Grazie», rispose imbarazzato. «Bianca ci ha dato alcuni consigli, secondo lei dovremmo cambiare il colore alle pareti del salotto... io e Fede abbiamo deciso di farlo, sarà divertente».
«Mia moglie non perde occasione per regalare consulenze ovunque vada, capisco che è una sua deformazione professionale ma non può far uscire il suo lato da interior designer ogni volta», scherzò scuotendo la testa. «Strano che non si sia messa a spostare mobili».
«No, anzi! Ci ha fatto i complimenti per l'arredamento e anche per com'è curato il giardino... è stata davvero gentile, mi ricorda tanto Federico nei modi di fare», disse abbassando la voce, guidandolo all'esterno.
«Sono molto simili, l'ho sempre detto ad entrambi», confermò Davide prima di afferrare una birra dal tavolo e raggiungere Riley al barbecue.
Benjamin rimase in disparte ad osservarli chiacchierare, avrebbe voluto avvicinarsi per sentire cosa si stessero dicendo perché era curioso ma si limitò a sorridere e sospirare sollevato, sapeva che suo padre avrebbe messo a proprio agio chiunque e che avrebbe apprezzato l'atteggiamento ironico e frizzante di Davide ma averne la conferma lo tranquillizzò all'istante. Lanciò un'occhiata all'interno della casa attraverso la porta finestra e vide sua madre scherzare con Federico mentre portavano fuori alcune bevande fresche, sentì il cuore scoppiare dalla gioia e non riuscì a togliersi il sorriso dalle labbra.
Entrò per aiutare Bianca, intenta a friggere gli ultimi antipasti italiani e ne approfittò per scambiare qualche parola con lei prima di godersi la cena in giardino.
Il sole non era ancora tramontato del tutto ma la veranda era completamente all'ombra mentre gli ultimi raggi rimbalzavano sull'erba e il cielo iniziava a colorarsi di sfumature rosa pastello screziate di arancione.
La brezza leggera rendeva piacevole stare all'aperto e ben presto l'aria si riempì di discorsi di ogni genere e risate, oltre che di apprezzamenti sui diversi piatti italiani e australiani che sembravano mettere d'accordo tutti.
«Chloe, complimenti davvero!», commentò Davide dopo aver assaggiato ogni cosa. «È tutto buonissimo, non avevo idea di cosa si mangiasse qui ma wow, c'è da leccarsi i baffi!», esclamò soddisfatto.
«Grazie, io invece avevo grandi aspettative sulle specialità italiane e non sono state affatto deluse... capisco perché è una delle cucine più apprezzate al mondo, se non la più apprezzata», rispose sorridendo. «Avevo già assaggiato qualcosa ma devo dire che questa cena mista mi sta piacendo molto!», precisò lanciando un'occhiata ai ragazzi.
«Beh sì, abbiamo avuto proprio una grande idea», si vantò Benjamin. «La cucina è un disastro e siamo tutti esausti per quanto abbiamo cucinato ma ne è valsa la pena, non sarebbe stato lo stesso se avessimo ordinato da asporto», aggiunse scrollando le spalle.
Vide suo padre alzarsi per controllare la carne sul fuoco e decise di seguirlo per parlargli in disparte, senza farsi sentire dagli altri.
«Papà, vedo che tu e Davide andate d'accordo», disse felice. «Ti senti a tuo agio, qui a casa di tuo figlio con i genitori del suo fidanzato?», chiese riflettendo sul fatto che nessuno si aspettasse da lui una relazione così stabile, un cambiamento tanto importante.
«Certo Ben, sono tranquillo... Federico mi piace e la sua famiglia altrettanto», rispose girando le bistecche. «L'inaugurazione è servita per rompere il ghiaccio, stasera sembra di essere ad una cena tra vecchi amici ed è una bella sensazione!», aggiunse stringendo affettuosamente la spalla del figlio.
«Mamma mi ha detto la stessa cosa», ammise sorridendo. «È bello vedervi chiacchierare con i genitori di Fede... sono delle belle persone, mi hanno trattato come un figlio fin dal primo giorno e non mi hanno mai guardato con compassione nonostante io abbia detto loro di Aiden, anzi sono stati comprensivi e dolci con me».
«Il fatto che tu abbia parlato di Aiden la dice lunga, non l'avresti fatto se non avessi percepito di poterti fidare... sono contento Ben, sono davvero contento di vedere che stai riprendendo la tua vita in mano in ogni senso e modo possibile, ti vedo cambiato ogni volta che passiamo del tempo insieme anche se ci vediamo almeno una volta a settimana», rispose e lo attirò in un abbraccio poco prima che Davide li raggiungesse con un vassoio.
«Scusate, non volevo interrompere ma ho pensato che vi servisse», disse alludendo all'oggetto che aveva in mano. «Arriva un ottimo profumino, immagino che la carne sia cotta», precisò scrollando le spalle.
«Te l'avrei chiesto tra qualche minuto, grazie!», rispose Riley.
«Ben, quando la organizziamo un'altra giornata di surf?», chiese il padre del biondo.
«Quando vuoi, sono a disposizione!», replicò Benjamin. «Ci sono onde meravigliose in questi giorni, potremmo organizzare un bel picnic in spiaggia», rifletté a voce alta.
«Volentieri, hai proprio idee geniali ragazzo!», commentò con tono scherzoso dandogli una pacca sul braccio. «Riley, vuoi unirti?», chiese.
«Non scandalizzarti ma a me surfare non piace, sono capace perché qui lo sono praticamente tutti ma ho sempre avuto altri interessi... non sono stato io a trasmettere ai miei figli la passione per questo sport ma mio fratello», disse e lo vide sgranare gli occhi incredulo. «Sì, so che è quasi sconvolgente come rivelazione... io amo l'oceano ma preferisco rilassarmi in spiaggia o andare in barca, surfare non mi entusiasma anche se da ragazzo l'ho fatto spesso», precisò lanciando un'occhiata al figlio.
«Mi hai davvero sconvolto», scherzò. «A me è piaciuto molto, ho bevuto come minimo un litro d'acqua ma tutto sommato me la sono cavata bene... merito di Ben ovviamente», aggiunse mentre tornavano al tavolo.
«Cosa è merito di Ben?», si informò Federico curioso.
«La mia performance come surfista», rispose Davide compiaciuto. «Ho scoperto che a Riley non piace surfare, sono profondamente turbato».
«Ho avuto la stessa reazione, io davo proprio per scontato che fosse stato lui a trasmettere la passione per il surf a Benjamin», commentò il biondo. «Beh comunque tu ami le moto eppure io non ne ho mai guidata una, non abbiamo hobby in comune io e te quindi è abbastanza normale dai!», constatò corrugando la fronte.
«In effetti hai ragione», si arrese scrollando le spalle. «A proposito di hobby, hai qualche quadro dipinto da te appeso alle pareti?», chiese guardando il moro.
«Qui a casa no ma ho una stanza che uso come studio e i miei quadri sono tutti lì... dopo se volete ve li faccio vedere, non li ha visti nessuno eccetto Fede», disse imbarazzato perché mostrare i suoi dipinti equivaleva a mostrare la parte più nascosta di sé. «Qualche dipinto l'ho appeso dove lavoro, ho rinnovato un po' l'ambiente nell'ultimo mese... alcuni clienti sono rimasti sorpresi quando hanno saputo che li avevo realizzati io», spiegò ricordando quei momenti con un sorriso sulle labbra.
«Ora sono proprio curiosa», intervenne Bianca. «Hai mai pensato di organizzare una mostra?», domandò ricevendo occhiate di approvazione da tutti i presenti.
«A dire il vero no», confessò timidamente. «Dopo capirete perché... sono molto personali ed esporli da qualche parte significherebbe permettere a tante persone di entrare nel mio mondo, l'idea non mi entusiasma... mostrarli a Federico mi ha fatto sentire libero ma è diverso, volevo che lui conoscesse tutto di me ma farli vedere a degli sconosciuti è troppo azzardato, almeno per adesso», precisò e sentì la mano del biondo sfiorargli la base della schiena con gesti lenti. Si girò a cercare i suoi occhi azzurri e vi annegò dentro prima di sorridergli e ringraziarlo senza parlare, sapeva che il suo supporto lo avrebbe avuto sempre.
La cena proseguì alternando discorsi seri ad altri più leggeri, il clima era sereno e tranquillo, non ci fu alcun momento di silenzio imbarazzante né di tensione e ognuno si sentiva a proprio agio.
«Pensavo che sarebbe bellissimo replicare questa cena anche a casa nostra, a Roma», disse all'improvviso Bianca, quando finirono di mangiare. «Non siete mai stati in Italia, giusto?», chiese rivolgendosi ai genitori di Benjamin.
«No, purtroppo no... a dire il vero non ci siamo mai spostati dal nostro continente se non per il nostro viaggio di nozze», rispose guardando il marito. «Siamo andati in Argentina... avevamo considerato anche l'Italia come meta per la luna di miele ma poi abbiamo scelto il sud America! Voi dove siete andati?», domandò curiosa.
«Scozia e Irlanda», rispose sorridendo. «So che è un po' complicato visto che entrambi lavorate e la distanza è notevole ma ci piacerebbe molto ospitarvi nella nostra città», disse parlando anche a nome del marito. «Ovviamente mi riferisco anche a te Benjamin, già lo sai», specificò sorridendogli.
«L'ho già detto a Fede, io voglio assolutamente venire a Roma... ogni volta che mi parla dell'Italia me ne innamoro, non vedo l'ora», disse il moro entusiasta. «Al momento sto progettando diversi impegni per i prossimi mesi e ho in ballo alcune cose importanti ma appena avremo più certezze organizzeremo un viaggio, è una promessa», aggiunse parlando al plurale senza neanche accorgersene, ormai il biondo era parte di sé e non riusciva più a pensare al suo futuro senza includerlo.
«Sta anche imparando la lingua», commentò Federico ridendo. «Ormai è un allievo modello, fa ancora degli errori assurdi e con la pronuncia è un disastro ma ci stiamo lavorando», lo prese in giro circondandogli le spalle con un braccio.
«Oggi è stata una bellissima giornata», disse Benjamin in un italiano quasi perfetto, esitando solo qualche secondo. «Sono felice, grazie per... per stare qui», aggiunse incerto.
«Grazie per essere qui», lo corresse il biondo. «Bravo amore, c'eri quasi», lo incoraggiò.
«Complimenti Benjamin!», esclamò Bianca, profondamente colpita. «Non ascoltare quel burlone di mio figlio, la tua pronuncia non è affatto male... certo, hai un accento molto particolare ma sei bravissimo, considerando quanto la nostra lingua è difficile».
«Ma lo sa che scherzo dai!», si difese il biondo sbuffando. «Solo il mio nome lo pronuncerà sempre malissimo ma a me fa troppo sorridere quando lo dice», aggiunse ridendo.
«Sono certa che l'abbia già detto davanti a noi e sono altrettanto certa di non averglielo sentito dire così male, come sei esagerato Fede», rimbeccò Bianca.
«Grazie, quando ci si mette è proprio antipatico», rispose il moro roteando gli occhi.
«Dai amore dillo, ti prego», gli chiese trattenendo una risata.
Benjamin arrossì e si morse il labbro, fulminandolo con lo sguardo.
«Federico», disse imbarazzato sentendo le guance incendiarsi.
Il biondo rise notando che anche suo padre era sul punto di farlo, poi gli sfiorò la guancia e si avvicinò per parlargli all'orecchio.
«Sei adorabile quando diventi tutto rosso», sussurrò. «E sei ancora più adorabile quando pronunci il mio nome, mi fa tanto ridere quanto impazzire», aggiunse prima di lasciargli un bacio sulla tempia.
«Lo dici in modo simpatico Ben, è carino il tuo accento quando parli in italiano», commentò Bianca prima di alzarsi per aiutare Chloe a sparecchiare e fare spazio per i dolci.
Gli uomini raggiunsero il barbecue per controllare che fosse in ordine e sgranchirsi le gambe, così Federico ne approfittò per voltare il viso del moro verso il proprio e stampargli un bacio sulle labbra schiuse.
«Sei tranquillo amore?», chiese sfiorandogli il naso.
«Sì, sta andando tutto alla grande... guardali, sembrano due amiconi», rispose indicando Davide e Riley, intenti a sorseggiare una birra in un angolo del giardino. «Mi fa strano essere qui con le nostre famiglie però è bellissimo, chi l'avrebbe mai detto... se mi guardo indietro di qualche mese mi sembra impossibile e invece la mia vita è cambiata a tal punto che quasi non la riconosco più quella di prima».
«Sai cosa accomuna tutti noi?», rispose retorico. «Siamo orgogliosi di te Benjamin... io, i tuoi genitori e persino i miei, che ti conoscono da poco eppure hanno già capito quanto vali e quanto è bello il mondo che hai dentro».
«Amore mio», sussurrò il moro lasciando scivolare la testa sulla sua spalla, godendosi il suo abbraccio caldo e accogliente. «Voglio davvero far vedere loro i miei quadri ma ho bisogno di te, puoi intervenire se mi agito e vado nel panico?», bisbigliò respirando il suo profumo.
«Certo, ci penso io Ben ma sono sicuro che andrà tutto bene... non credo che i miei ti faranno domande troppo personali! E i tuoi genitori sanno già cosa quei dipinti rappresentano senza dovertelo chiedere», lo rassicurò accarezzandogli la schiena.
Era fiero di lui e di quanto era cambiato ma gli si scioglieva il cuore quando mostrava le sue insicurezze e fragilità, cercando sicurezza nel suo abbraccio.
«Tu sei sempre la mia àncora di salvezza», disse allontanandosi quanto bastava per guardarlo negli occhi e a Federico tremarono le gambe per il modo in cui aveva pronunciato quella frase così importante.
Non riuscì a rispondere perché proprio in quell'istante i loro genitori tornarono al tavolo ma lo guardò e gli sorrise, parlandogli con lo sguardo e sapendo che avrebbe capito tutto quello che voleva dirgli a parole.
«Questi dolcetti sembrano deliziosi», esclamò Davide indicando i lamington con un cenno della testa. «Per non parlare della pavlova, ho sempre voluto assaggiarla!».
«Meritano entrambi papà, questi si chiamano lamington e sono la fine del mondo, uno tira l'altro, e la pavlova di Chloe è qualcosa di paradisiaco», commentò Federico.
«Troppo gentile tesoro, se vuoi un giorno venite a casa e ti insegno tutti i segreti per farla», rispose la mamma del moro sfiorandogli il braccio.
Volarono complimenti reciproci e frasi di apprezzamento ma anche risate e proposte per i giorni seguenti, neanche si accorsero che erano trascorse quasi tre ore dall'inizio della cena e che da lì a poco sarebbe iniziato un nuovo giorno.
Benjamin entrò in casa a prendere qualche bottiglia d'acqua dal frigo e rimase per un attimo fermo sulla soglia della veranda, sentendo una familiare sensazione di calore bruciargli il cuore. Era felice di vedere la casa invasa da allegria e tranquillità ma soprattutto era felice di essere parte di quella famiglia che gli regalava sorrisi e affetto.
Oltre alla felicità, però, un'altra emozione dolceamara si infilò al centro del suo petto e gli fece alzare istintivamente gli occhi al cielo per incontrare una stella più luminosa delle altre.
Mancava soltanto una persona per rendere perfetto quel momento ma Benjamin pensò che Aiden fosse proprio lì, seduto tra gli astri a controllare che tutto procedesse per il meglio e a fare il tifo per lui. Un brivido risalì rapido incastrandosi tra le sue vertebre e lo fece sentire contemporaneamente vulnerabile ma protetto, al sicuro.
Macinò i pochi passi che lo separavano dagli altri e dopo aver posato le bottiglie sul tavolo si prese qualche attimo sedendosi in disparte per godersi il suo silenzio, finché Federico lo raggiunse sfiorandogli impercettibilmente la spalla.
«Amore va tutto bene?», chiese cauto.
«Sì», rispose ma si appoggiò al suo addome chiudendo gli occhi.
Il biondo non parlò, si limitò a incastrare le dita tra le sue ciocche scure giocandoci lentamente perché sapeva quanto quel gesto lo facesse rilassare; rifletté e intuì che la sua necessità di isolarsi dipendesse dalla mancanza di Aiden. Ancora una volta notò quanto le sue reazioni fossero più sane di quelle che aveva prima, riusciva a ridimensionarle invece di lasciarle precipitare e soprattutto le accettava senza renderle parte dei suoi sensi di colpa.
«Sarebbe stato felice di conoscerti», sussurrò Benjamin confermando la sua ipotesi. «Avreste avuto tanto di cui parlare e sono certo che sareste diventati amici... lui si sarebbe divertito tantissimo stasera, mi avrebbe preso in giro raccontando chissà cosa di quando eravamo piccoli», aggiunse e si lasciò coccolare mentre continuava a parlare. «Sono davvero contento per come sta andando questa serata, mi sento bene e ho una famiglia meravigliosa che mi ama ma non ho potuto fare a meno di pensare che mi manca qualcosa, mi manca mio fratello e volevo soltanto un momento per fare i conti con questo anche se so che devo concentrarmi su ciò che ho, non su quello che manca».
«Non è una debolezza ammettere che senti la mancanza di Aiden... siamo ad una cena con le nostre famiglie e lui è parte della tua, sarebbe strano se non ti mancasse», lo rassicurò baciandogli la testa. «All'inaugurazione mi sono preso un momento per pensare a mia nonna, ho guardato l'hotel e poi ho chiuso gli occhi pensando a lei... avrei voluto che ci fosse, è normale ricordare le persone che ci mancano quando viviamo qualcosa di bello, non significa che non sappiamo goderci quello che abbiamo», aggiunse alzandogli il viso per accarezzargli una guancia.
«È che a volte ancora ho difficoltà a capire quello che è normale e quello che non lo è, ho sempre paura di superare il confine che potrebbe portarmi a sprofondare di nuovo... è come se camminassi sempre sul ciglio del precipizio rischiando di cadere giù al primo passo falso», tentò di spiegare. «Ma non voglio parlarne ora, domani ne parlerò con la psicologa visto che le avevo già accennato di questa mia preoccupazione», precisò e sorrise, alzandosi prima di rubargli un bacio e tornare dagli altri per invitarli ad osservare i suoi quadri.
Tutti lo seguirono curiosi e Benjamin indugiò qualche istante con la mano ferma sulla maniglia della porta, poi prese un respiro e la abbassò spalancando l'ingresso nel suo mondo mostrandolo senza alcuna vergogna.
Dopotutto era convinto che ognuno avesse un universo dentro di sé e nessuno poteva essere migliore o peggiore di quello altrui, semplicemente era unico e prezioso, ricco di ammaccature e crateri ma anche di cicatrici riempite d'oro e angoli luminosi da valorizzare.
«Sono bellissimi tesoro», sussurrò Chloe, visibilmente commossa, mentre lasciava oscillare lo sguardo tra una tela e l'altra. Aveva notato la forte predominanza di colori scuri e pennellate decise, comprendendo che l'arte era stata l'unica via d'uscita del figlio.
L'unica via per esprimere tutto il dolore che aveva dentro e provare ad esorcizzarlo.
Le mancò l'aria per un istante osservando tutti quei quadri, vedere la sofferenza di Benjamin incisa sulle tele fu come ricevere uno schiaffo in piena faccia e scontrarsi con quello che non aveva mai potuto condividere con lui, con quei cinque anni che pesavano come macigni.
«Complimenti davvero Benjamin», commentò Bianca spezzando il silenzio, intuendo quanto la madre del moro fosse scossa. «Ogni quadro sembra entrarti dentro trasmettendo tante emozioni diverse... sono tutti molto profondi, hai un vero e proprio dono», aggiunse sorridendogli.
Il moro ricambiò imbarazzato e distolse lo sguardo, aveva notato quanto i suoi genitori fossero impressionati e sapeva che non avevano avuto difficoltà a dare la giusta interpretazione ai disegni che stavano guardando perché avevano tutti gli elementi per poterne ricostruire la storia.
Si sentiva in difficoltà, incerto su cosa dire o fare e guardò Federico, rivolgendogli una silenziosa richiesta di aiuto.
«Questo è l'ultimo quadro che ha dipinto... l'ha fatto davanti a me e non riuscivo a togliergli occhi di dosso, vederlo dipingere è rilassante e incredibile perché riesce a trasmettere tutta la sua passione!», intervenne il biondo indicando la tela alla quale si riferiva. «Quello stesso giorno mi ha chiesto di venire a vivere qui, a dire il vero non me l'ha proprio chiesto ma me l'ha scritto addosso con le tempere!», aggiunse alleggerendo l'atmosfera.
«Originale, complimenti ragazzo!», esclamò Davide facendogli un cenno di approvazione. «Scherzi a parte, grazie di averci mostrato i tuoi dipinti... sono uno più bello dell'altro», aggiunse strizzandogli l'occhiolino, poi diede un'ultima occhiata a tutte le tele e uscì tornando in giardino, seguito da Bianca che comprese subito la sua intenzione di lasciare Benjamin da solo con i suoi genitori.
Federico gli sfiorò la mano e gli sorrise, sapeva che il moro non avrebbe avuto niente in contrario se fosse rimasto ma decise di non farlo e lasciò la stanza socchiudendo la porta.
«Tesoro», sussurrò Chloe e lo attirò in un abbraccio. «Si respira un'aria molto triste qui dentro, l'unico quadro che infonde sensazioni diverse è quello che ha indicato Federico», disse cercando il suo sguardo.
«Dipingevo per esprimere quello che non riuscivo ad esternare in altri modi e per provare a liberarmi del dolore, non ha funzionato ma almeno attraverso i quadri sono riuscito a dargli una forma», spiegò scrollando le spalle. «Fede non l'ha detto perché c'erano i suoi ma l'ultimo quadro l'ho dipinto dopo un crollo, ero stato male e per un attimo ho pensato di essere sprofondato di nuovo nella depressione ma per fortuna sono riuscito a rialzarmi subito con il suo aiuto e quello della mia psicologa... lui mi ha proposto di dipingere per distrarmi e ha funzionato, mi sentivo meglio e ho deciso di usare toni più allegri per rappresentare la mia rinascita».
«Ti sentivi come quella barca», affermò Riley indicando lo stesso quadro che, mesi prima, aveva colpito Federico. «Persa tra le onde, in balia della tempesta... spacciata, ormai vittima di qualcosa di troppo grande», aggiunse senza distogliere lo sguardo dalla tela.
«Sì papà, mi sentivo così... quello è forse il dipinto più significativo per me», confessò sincero. «Mi piacerebbe esporlo da qualche parte insieme agli altri, forse potrei allestire una mostra tra un po' quando avrò realizzato altri quadri per mostrare le due facce della medaglia... il prima e il dopo, il dolore e la vita», disse riflettendo a voce alta.
«È una bella idea», commentò Chloe guardando il marito. «Sei sempre stato riservato e molto protettivo, so che non vuoi esprimerti su tutto quello che riguarda Aiden ma lui sarebbe contento se tu mostrassi come hai ricominciato a vivere dopo l'inferno che hai attraversato a causa di quello che è successo... non ci sarebbe niente di male tesoro, anzi, lanceresti un messaggio di speranza e positività», disse dolcemente.
«Tua madre ha ragione», si intromise il padre. «Non fai un torto né a noi, né a tuo fratello o a te stesso se parli di quello che hai passato e sono certo che nessuno ti giudicherebbe».
Subito il pensiero del moro volò a Scott e alle accuse che gli aveva rivolto ma decise di non condividerle con loro e rifletté pensando che avessero ragione, convincendosi che non ci sarebbe stato niente di male se avesse deciso di raccontare i suoi anni più bui.
«Credete davvero che Aiden condividerebbe questa decisione?», chiese sussurrando.
«Ma certo tesoro», confermò Chloe.
La donna sapeva quanto per Benjamin era sempre stato importante essere un buon esempio per suo fratello e quanto per lui contassero i suoi consigli, i suoi pensieri.
«Sono d'accordo», disse il padre stringendogli la spalla. «Pensaci Benjamin, parlare di quello che hai vissuto può aiutare non solo te ma anche tantissime altre persone e tu che sei empatico e altruista dovresti sapere quanto è forte il potere della condivisione», lo incoraggiò regalandogli un sorriso.
«Ci penserò, ve lo prometto», rispose sicuro di quello che stava dicendo, voleva davvero riflettere sulla possibilità di condividere la parte di sé vissuta per troppo tempo come qualcosa di cui vergognarsi.
«Mi piacerebbe appenderne uno a casa», disse Chloe alludendo ai quadri.
«Sceglilo tu, puoi prendere quello che preferisci mamma», acconsentì. «Potete restare ancora un po' qui se vi va, io vado di là... prendetevi il tempo che volete», aggiunse deducendo che avessero bisogno di rimanere per un attimo da soli a fare i conti con le emozioni che avevano provato in quella stanza.
Uscì quasi in punta di piedi e si prese un momento per sé, lasciando scivolare lo sguardo sulla libreria che un tempo era vuota e invece poi si era arricchita di foto che l'avevano resa viva.
Foto con Federico e i loro amici, foto scattate ai panorami di Sydney, foto con Aiden.
Ne prese una che lo ritraeva insieme al fratello e sfiorò la cornice con il dito, sorridendo senza neanche accorgersene.
Non soffriva più quando guardava vecchi scatti, anzi li osservava con un sorriso perché erano fotogrammi di momenti da ricordare e sarebbero rimasti per sempre, nonostante fosse cambiato tutto.
«Ehi piccolino», sussurrò Federico stringendolo da dietro. «Ecco dov'eri».
«Ho lasciato i miei a scegliere un quadro da portare a casa loro», disse lasciandosi andare tra le sue braccia. «Sto bene amore, stavo solo riguardando queste foto perché abbiamo parlato di Aiden e mi hanno suggerito quello che pensi anche tu... che dovrei parlare di me e di quello che ho passato senza vergognarmi e temere il giudizio degli altri», lo rassicurò.
«E ora stai considerando l'idea di farlo?», chiese facendolo voltare nel suo abbraccio.
«Sì, mi hanno rassicurato sul fatto che per loro non sarebbe un problema se ne parlassi... forse mi sono solo lasciato influenzare da quello che mi ha detto Scott ma l'ultima cosa che vorrei è che qualcuno pensasse che sfrutto la tragedia che abbiamo vissuto per ricevere complimenti e visibilità», spiegò guardandolo negli occhi. «Io vorrei poter aiutare le altre persone, vorrei lanciare messaggi positivi e far capire che la depressione è una bestia che può prosciugarti la linfa vitale ma che non è invincibile... che sembra che non ci sia mai una fine ma in realtà c'è, solo che a volte siamo noi a non vederla perché io davvero pensavo che non sarei mai riuscito ad uscirne e invece sono qui e nonostante i miei alti e bassi posso dire di stare bene», continuò con determinazione. «E poi vorrei sottolineare quanto è importante chiedere aiuto ai professionisti e alle persone che ci vogliono bene perché dalla mia esperienza ho imparato proprio questo, che non è una colpa stare male e sentirsi il mondo crollare addosso. Ho imparato che non è una vergogna mostrarsi deboli e lasciarsi aiutare, vorrei poter evitare che qualcun altro faccia i miei stessi errori come escludere gli amici e la famiglia, o fronteggiare il dolore con azioni sbagliate rischiando di perdere la vita... ogni tanto ci penso, lo sai? Penso che ero talmente arrabbiato e distrutto per la morte di Aiden eppure non pensavo che stavo mettendo in pericolo me stesso sfrecciando come un pazzo o rischiando di diventare un alcolista... ero talmente annebbiato dal fatto che lui avesse perso la vita che nemmeno realizzavo che stavo facendo un gioco pericoloso con la mia! E siccome so cosa vuol dire affrontare l'inferno rischiando di bruciarsi, voglio poter impedire che qualcuno butti via il dono più prezioso che abbiamo, il regalo che purtroppo a qualcuno è stato tolto troppo presto», concluse e Federico lo abbracciò stretto, trasmettendogli tutto l'orgoglio che provava per lui.
«Lo vedi che ho ragione quando dico che sei una persona splendida amore?», sussurrò commosso dall'intensità del suo discorso. «Sono fiero di te, lo so che te lo ripeto sempre ma è solo la verità... quello che intendi fare è un gesto importante e io sarò al tuo fianco a prescindere da ciò che deciderai».
«Senza di te al mio fianco non sarei quello che sono adesso», rispose emozionato. «Io ti devo tutto amore, tu hai salvato me ed è per questo che so quanto è importante lasciarsi aiutare, affidandosi alle mani di chi ci vuole stare vicino. Non so bene cosa dirò ma so che tu sarai in ogni mia parola perché mi hai insegnato a vivere e ad essere felice di nuovo».
«Così mi fai piangere», si lamentò asciugandosi una lacrima. «Mentre lo insegnavo a te lo imparavo anch'io Ben, la felicità in due è molto più bella», aggiunse e lo baciò, sorridendo sulle sue labbra morbide.
«Ho la sensazione che ogni cosa sia più bella se la vivo insieme a te», bisbigliò il moro senza allontanarsi dalla sua bocca schiusa. «Amo quello che stiamo costruendo giorno dopo giorno e non cambierei proprio niente della nostra vita in due, forse non è perfetta ma è nostra e a me piace così com'è perché l'abbiamo creata io e te».
Federico gli sfiorò il naso e si immerse nei suoi occhi, sentendo il cuore accelerare il battito mentre pensava che quei pochi mesi di relazione con Benjamin erano i migliori dei suoi ventidue anni e che non era mai stato così soddisfatto di qualcosa come lo era della loro storia, imperfetta e incasinata ma meravigliosa.
«Ti amo più di ogni altra cosa al mondo», disse scostandogli una ciocca di capelli scivolata sulla fronte. «Non ho mai avuto bisogno di grandi cose per essere felice ma ora so che me ne basta una sola e sei tu Benjamin, so che è una di quelle romanticherie da film strappalacrime ma sono serio... sei la mia felicità».
Il moro si tuffò tra le sue braccia e lo strinse forte posandogli la testa sulla spalla mentre respirava il suo profumo e sentiva un brivido infiltrarsi tra le costole.
«Tu sei la mia», disse baciandogli il collo. «Sei la mia felicità e l'amore della mia vita».-
Angolo autrice
Ciao ❤
Mi prendo questo piccolo spazio per ringraziarvi, ancora una volta, di tutto il vostro affetto. Questa storia è importante per me, fin da quando la trama ha iniziato a delinearsi nella mia testa ho deciso di voler lanciare tanti messaggi diversi e spero che possa farvi riflettere, o aiutare, o semplicemente emozionare.Ne approfitto per precisare che il titolo del capitolo è una frase tratta dal film "Into the wild", se non l'avete visto rimediate perché merita.
Ultima cosa e vi lascio, promesso.
Ho pubblicato una One-Shot Fenji ispirata alla situazione che stiamo vivendo e alle dirette di Benjamin e Federico... la trovate tra le mie storie, si intitola "A un abbraccio da te".A presto, scusatemi per l'attesa ma la scrittura della os mi ha rallentato con la scrittura dei capitoli.
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As free as the ocean | Fenji
FanfictionOgni persona vive il dolore in modi diversi. C'è chi lo combatte e reagisce, rialzandosi più forte di prima e portando con orgoglio le proprie cicatrici, dimostrando che si può rinascere dalle ceneri. E poi c'è chi lo assorbe fino a farlo diventare...