I love your taste on my lips

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Fading in, fading out
on the edge of paradise.
Every inch of your skin
is a holy grail I've gotta find.
Only you can set my heart on fire.
Yeah, I'll you set the pace,
'cause I'm not thinking straight.
My head spinning around,
I can't see clear no more.
What are you waiting for?
Love me like you do,
touch me like you do.
[Love me like you do; Ellie Goulding]

La cucina di Benjamin, solitamente ordinata e semivuota, sembrava quella di un ristorante nel pieno della preparazione di una lista di comande impegnative. 
Ingredienti e cibi di vario genere erano sparsi sul ripiano in legno e sul tavolo, padelle e pentole ben disposte sui fornelli e profumi intensi aleggiavano tra le pareti stuzzicando l’appetito e la voglia di assaggiare tutto. 
Federico era perfettamente organizzato e sentiva una leggera agitazione, non aveva mai cucinato per così tante persone ma ad un’ora dall’orario di arrivo degli ospiti era a buon punto, grazie all’aiuto fondamentale del moro. 
«Perfetto, questo è pronto!», esclamò soddisfatto, finendo di spargere il cacao sul tiramisù. «Puoi metterlo in frigo amore?», chiese mentre controllava l’orologio. 
«Non vedo l’ora di assaggiarlo!», esclamò Benjamin prendendo il vassoio per sistemarlo. «Ora cosa devi fare? Mi sono già dimenticato il nome di tutti i piatti che vuoi preparare», aggiunse ricordando le risate che avevano riempito l’aria durante il pomeriggio, quando il biondo aveva tentato di farglieli imparare in italiano. 
«Direi che è arrivato il momento di rilassarci», rispose raggiungendolo, imprigionandolo tra il proprio corpo e la porta del frigorifero. 
«Mh, interessante», commentò allacciandogli le braccia al collo, intrecciando le mani dietro la sua nuca. «Ti dona quest’aria da chef stellato», aggiunse stampando un bacio sulle sue labbra schiuse.
«Dimostramelo», lo provocò sussurrando maliziosamente al suo orecchio e pochi istanti dopo era seduto sul ripiano in marmo con Benjamin in piedi tra le gambe, le sue mani intorno alle guance e la sua lingua a fare l’amore con la propria. 
Istintivamente se lo tirò più vicino posandogli le mani sul fondoschiena perfettamente fasciato da un paio di pantaloni stretti che lasciavano poco spazio alla fantasia e gli morse il labbro inferiore; insinuò le dita sotto la sua maglietta sfiorando i suoi brividi e desiderò poter far sparire tutti i vestiti sul pavimento e sentire la sua pelle a contatto con la propria. 
«Amore», sussurrò il moro scendendo a lasciare baci umidi lungo il collo. «Te l’ho dimostrato abbastanza bene quanto sei attraente?», chiese prima di mordergli il lobo. 
«S-sì», rispose respirando a fatica mentre il tessuto dei suoi jeans si faceva più stretto e il cuore accelerava il battito. «Potresti fare di meglio ma non è il momento, se non la smetti subito non riuscirò a fermarti Benjamin», disse spingendo il bacino contro il suo. 
Lo sapeva, lo sentiva, che il moro lo voleva tanto quanto lo voleva lui. 
Leggeva il desiderio e l’eccitazione nelle sfumature del suo sguardo, di qualche tonalità più scure del solito. 
«Cosa cuciniamo adesso?», chiese allontanandosi ma non prima di rubargli un ultimo bacio. «Conoscendo Rachel, sicuramente arriverà tra poco… è sempre in anticipo», aggiunse e si guardò intorno, notando quanto fosse bello vedere la cucina così piena di oggetti e di vita. 
«Metto l’acqua per la pasta e intanto tiro fuori gli antipasti così appena arrivano posso friggerli», rispose e con un balzo scese dal ripiano, tornando con i piedi per terra. «Tu puoi affettare il guanciale, ricordi quando ti ho fatto la carbonara la prima volta?».
«Certo, come potrei dimenticarmi un piatto così buono? I miei amici impazziranno, hai fatto bene a scegliere di farla anche oggi, sicuramente vorranno assaggiare tante altre specialità e scommetto che ti chiederanno di cucinare di nuovo per loro», disse facendolo ridacchiare. 
«Beh, questo risveglia il mio lato patriottico… è un piacere cucinare i piatti tipici italiani, ero davvero indeciso su quali proporre a questa cena e ho scelto quelli che mi riescono meglio», replicò mentre accendeva il fornello. «Vediamo se sei stato attento, quali sono gli antipasti?», domandò vedendolo sgranare gli occhi. 
«Non mi ricordo i nomi ma cosa sono sì», si difese scrollando le spalle. «Polpette di riso con sugo e mozzarella», disse e Federico trattenne una risata. «E poi sandwich di mozzarella impanata». 
«Amore scusa ma mi fa troppo ridere la tua descrizione, ci sei andato molto vicino!», esclamò ridacchiando. «Supplì e mozzarella in carrozza», disse in italiano. 
«Perché è così difficile la tua lingua?», chiese retorico sbuffando. «Mi arrendo, non ci provo neanche», aggiunse e il biondo rise ancora di più. 
«Quanto sei carino quando fai così», affermò raggiungendolo per scompigliargli i capelli. 
Benjamin per tutta risposta gli fece una linguaccia e Federico gliela prese tra i denti mordendola piano prima di coinvolgerlo nell’ennesimo bacio di quel pomeriggio. 
Bacio che si interruppe grazie al suono improvviso del campanello. 
«Quando tutti andranno via riprenderemo da qui», sussurrò il biondo fingendo di minacciarlo, dandogli una pacca sul fondoschiena e Benjamin gli strizzò l’occhiolino prima di andare ad aprire e scontrarsi con lo sguardo verde smeraldo di Rachel. 
«Ciao tesoro», le disse abbracciandola. «Proprio poco fa ho detto a Fede che saresti arrivata per prima, ormai ti conosco», aggiunse spostandosi per farla entrare.
«Ciao Ben», rispose sorridendogli. «Ho portato qualche bottiglia di vino, ero indecisa così l’ho preso sia rosso che bianco», annunciò indicando la borsa che aveva in spalla. 
«Grazie ma sai che non dovevi», replicò e in quel preciso istante una sensazione poco definita lo fece agitare ma l’amica se ne accorse in tempo. «Parlami, cos’hai?», chiese e lo invitò a seguirla in giardino. 
«Non bevo alcol da quella sera al Birdees», disse sedendosi sull’amaca. «O meglio, ho bevuto qualche calice di vino quando Fede mi ha portato a cena fuori a Sydney e una birra quando abbiamo organizzato un pic-nic in spiaggia ma eravamo solo noi due, invece stasera saremo in tanti e sai che spesso quando siamo insieme succede di bere un po’ di più, l’abbiamo sempre fatto e ho paura di non riuscire a controllarmi», confessò abbassando gli occhi. «Ho paura di ricadere in quella spirale tossica e di non poter più bere qualcosa in compagnia senza finire per ubriacarmi, ho paura che il mio corpo si sia abituato agli alcolici e non riesca a farne a meno dopo qualche bicchiere».
«Ben non sei mai stato un alcolista e te l’ha confermato anche la tua psicologa, ti ha spiegato che la tua situazione era diversa», lo rassicurò posandogli una mano sul ginocchio. «Hai avuto un problema con l’alcol ma ne stai uscendo, era grave e da risolvere ma non hai motivo di preoccuparti per questa serata… un bicchiere di vino ad una cena tra amici non ti renderanno di nuovo dipendente perché stai imparando a controllarti, prima bevevi proprio per perdere il controllo, ora non è più così e vedrai che con il tempo andrà sempre meglio».
«Avevo bisogno di sentirmelo dire», rispose cercando un abbraccio. «Grazie Rachel, non voglio rovinare tutto… so che sono forte, so che sto uscendo dallo schifo in cui ero ma a volte ho ancora la sensazione di poter precipitare al primo soffio di vento e mi agito anche per le piccole cose». 
«Non devi giustificarti o scusarti Ben, è normale che tu abbia paura ma io credo in te e dovresti farlo anche tu», lo rassicurò baciandogli la guancia. «Andiamo dentro, il tuo fidanzato è solo soletto a cucinare… avrà bisogno di aiuto!», aggiunse e Benjamin le circondò le spalle con un braccio. 
«Amore, cosa possiamo fare?», chiese entrando in cucina ma il biondo non fece in tempo a rispondere, il campanello suonò di nuovo. «Credo che tu possa friggere, sicuramente sono Steve e Dylan, venivano con la stessa auto!», esclamò prima di andare ad aprire. 
«Federico ti avviso che sto morendo di fame!», strillò Dylan appena mise piede in casa. 
«Ne terrò conto!», rispose a voce alta per farsi sentire, mentre l’odore di fritto invadeva l’ambiente. Poco dopo comparve in giardino con il vassoio degli antipasti e sei paia di occhi si voltarono nella sua direzione, facendolo quasi imbarazzare. 
«Il cibo conquista sempre tutti!», esclamò per sdrammatizzare. «E pensare che ho conquistato Benjamin prima di poterlo fare sfoggiando le mie doti culinarie», aggiunse e il moro, in piedi accanto a lui con le brocche d’acqua tra le mani, arrossì diventando dello stesso colore dei tovaglioli con i quali aveva apparecchiato la tavola. 
«Vorrei far notare che nel nostro gruppo è proprio Ben l’unico fidanzato», intervenne Dylan fingendosi sconvolto. «E nessuno di noi ci avrebbe scommesso, senza offesa eh!». 
«Nessuna offesa, non ci avrei scommesso nemmeno io», rispose il moro e in quell’istante notò il modo in cui Rachel stava guardando Steven ma non ci prestò troppa attenzione. «Se l’ho trovato io l’amore c’è speranza per chiunque», aggiunse e Federico lo guardò storto prima di sorridergli facendogli capire che non doveva sottovalutarsi. 
Il biondo rilasciò il fiato che non si era accorto di aver trattenuto quando vide tutti mangiare di gusto e sentì i loro complimenti sinceri, era felice di aver portato l’Italia in tavola riproponendo le ricette di sua nonna, quelle che cucinavano insieme la Domenica e durante le vacanze estive trascorse in campagna. 
Si alzò per andare a scolare la pasta e sentì gli occhi farsi lucidi, sussultando quando due braccia che profumavano già di casa lo circondarono da dietro per stringerlo forte. 
«Amore va tutto bene?», sussurrò Benjamin, premuroso. 
«Sì, tranquillo Ben», lo rassicurò sfiorandogli il braccio. «Stavo pensando a mia nonna… ho avuto un attimo di nostalgia ma sto bene, so che sarebbe fiera di me e di come ho perfezionato ogni ricetta nel corso del tempo… non c’è ma è qui», spiegò e sentì le sue labbra posarsi tra i capelli prima di ritrovarsi con la testa sul suo petto e una stretta calda ad accoglierlo. Sentì il cuore saltare un battito, forse per la prima volta era lui ad avere un momento di debolezza e Benjamin ad averlo capito, mostrandogli il suo supporto e dandogli l’unica cosa di cui aveva bisogno, soltanto un abbraccio. 
«È fiera di te e lo sono anch’io», disse guardandolo negli occhi, mentre il suono del timer annunciava il termine del tempo di cottura. 
«Grazie amore», rispose rubandogli un bacio leggero. 
Qualche minuto più tardi, Federico era seduto al tavolo a godersi tutti i complimenti degli amici che erano appagati e curiosi di conoscere la ricetta. 
«Direi che il mio fidanzato si merita proprio un applauso!», intervenne Benjamin facendolo arrossire e un coro di applausi si sollevò in giardino. 
«Io direi che si merita anche un bacio da te», lo provocò Steven guadagnandosi l’approvazione degli altri e un’occhiataccia dal destinatario del messaggio. 
Il moro arrossì violentemente ma circondò il viso di Federico con una mano e fece scontrare le loro labbra mentre i suoi amici si divertivano ad applaudire e fischiare creando un simpatico caos e un’atmosfera gioviale. 
La serata proseguì sulla scia di un clima di festa e il biondo, invitato dagli altri, parlò un po’ di sé per farsi conoscere meglio, raccontando la sua storia e la sua vita in Italia prima di descrivere qualche tradizione della sua città e mostrare loro alcune foto dei suoi viaggi in mete che agli australiani sembravano incredibilmente lontane.  
Tutti si erano accorti del modo in cui Benjamin e Federico si guardavano, di come le loro dita s’intrecciavano sul tavolo e di come i sorrisi del moro fossero spontanei e colmi di emozioni che in lui non vedevano da tempo. 
Quella sera Benjamin rimase un po’ in disparte, lasciando al fidanzato la possibilità di farsi conoscere meglio; riconosceva di essere stato al centro dell’attenzione per troppo tempo e non voleva più che fosse così. 
Non voleva che i suoi amici stessero sempre sull’attenti, pronti a intercettare il suo malumore, non voleva che tutti avessero un occhio di riguardo nei suoi confronti ma soprattutto desiderava che chiunque potesse notare quanto Federico fosse speciale e ascoltare tutto ciò che aveva da dare agli altri. 
«Non ti manca il tuo paese, la tua famiglia?», chiese Rachel curiosa. «Io non credo che riuscirei a lasciare Byron Bay… o magari lo farei ma rimarrei comunque in Australia», aggiunse spiegando il suo punto di vista.
«Certo, mi mancano entrambe le cose ma qui sto bene», rispose e fu spontaneo cercare l’oceano calmo negli occhi di Benjamin. «I miei genitori vogliono soltanto che io sia felice ed è così, ci sentiamo sempre e appena l’albergo sarà finito verranno a vederlo», precisò e sorrise scrollando le spalle. «Sono nato e cresciuto a Roma, avevo un lavoro che mi piaceva e una relazione che credevo solida ma di punto in bianco il mio ex ragazzo mi ha lasciato e l’agenzia viaggi in cui lavoravo ha chiuso… mi sono sentito perso, avevo degli amici ma vi assicuro che mi sono sentito compreso e accettato più con voi che mi conoscete da qualche mese rispetto a quanto mi sentissi con loro», continuò e notò che il moro si stranì nel sentirlo parlare del suo ex fidanzato, così gli sfiorò dolcemente la guancia prima di proseguire. «Ho un ottimo rapporto con i miei genitori ma eccetto loro e mia nonna non avevo più nulla che mi facesse vedere Roma come il mio posto nel mondo, non mi apparteneva… e proprio nel periodo in cui lo stavo realizzando lei mi ha lasciato, donandomi però questo hotel… l’ho preso come un segno e sono partito, lo rifarei altre mille volte», concluse e sentì le dita di Benjamin sfiorargli il fianco. 
«Sei stato coraggioso a lasciare tutto e trasferirti in un paese nuovo, completamente diverso dal tuo e soprattutto a farlo da solo, senza avere conoscenze o punti di riferimento qui», commentò Steven. «Dovremmo imparare tutti ad uscire dalla zona di comfort, ti ammiro molto perché tu l’hai fatto e ora sei felice, a dimostrazione del fatto che farsi bloccare da ciò che sembra difficile è sbagliato». 
«Come sei saggio bro!», lo schernì Dylan dandogli una gomitata, suscitando una risata che venne interrotta dal suono del campanello. 
«Vado io, finalmente è arrivato Brad!», annunciò Benjamin e quasi corse alla porta, aveva un incredibile bisogno di riabbracciare il suo migliore amico. «Com’è andato il viaggio?», gli chiese stringendolo. 
«Bene bro ma così non respiro, giuro che non scappo… resto qui per una settimana e per quanto io adori Federico, ti prenoto per una sera da passare solo con te», lo prese in giro. «Mi avete avanzato qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame, sull’aereo mi hanno dato solo qualche snack!», aggiunse sistemandosi i riccioli, lasciati sciolti. 
«Sì, vieni… ti stavamo aspettando», rispose e gli fece strada anche se il ragazzo conosceva quella casa come fosse la propria. «Vi ho portato lo straniero!», annunciò e tutti risero, dando inizio ad una nuova ondata di chiacchiere e risate che si esaurì soltanto qualche ora più tardi, quando l’orologio aveva oltrepassato di parecchio la mezzanotte. 
«Io e te avevamo qualcosa da continuare», sussurrò provocante Federico. 
Il moro aveva avuto a malapena il tempo di chiudere la porta dopo aver salutato gli altri e si ritrovò schiacciato tra essa e il corpo tatuato del fidanzato. 
«Mh, rinfrescami la memoria perché non so proprio a cosa tu ti stia riferendo», replicò ammiccando, mordendosi il labbro e assumendo una finta espressione confusa. 
Il biondo lo guardò negli occhi e si chinò a baciargli il collo, premendosi contro di lui annullando ogni distanza. 
Continuò a tracciare scie umide sulla sua pelle, mordicchiandola di tanto in tanto mentre infilava le mani sotto la sua maglietta scura, accarezzando i suoi brividi risalendo verso l’alto seguendo il profilo dei suoi addominali contratti. 
«Allora amore… ora te lo ricordi?», gli sussurrò all'orecchio prima di mordergli il lobo, senza smettere di stringergli i fianchi tra le dita. 
«Q-quasi», rispose gettando la testa all’indietro, posandola sul legno della porta mentre infilava le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans. 
Federico sentì un’altra briciola di autocontrollo svanire e ansimò ad un millimetro dalla sua bocca prima di schiuderla con la lingua e coinvolgerlo in un bacio bagnato, tanto dolce quanto esigente e passionale. 
Un bacio in cui Benjamin annegò tutte le insicurezze.
Senza staccarsi dalle sue labbra spinse Federico facendolo indietreggiare, seguendo l’istinto e la voglia di sentire di nuovo il suo corpo nudo addosso al proprio. 
Il percorso verso la camera non gli era mai sembrato così lungo e nel raggiungerla si fermò più volte, facendo scontrare la schiena del biondo contro il muro e la libreria prima di farle sfiorare la morbidezza del materasso. 
«A-ah… Benjamin», gemette quando il moro si sedette sul suo bacino; sentì la sua eccitazione e la lesse anche nelle sue iridi scure. 
Sussultò quando le sue mani esplorarono ogni millimetro di pelle infilandosi sotto la maglietta prima di toglierla facendola scivolare sul pavimento e rabbrividì quando le sue dita raggiunsero la cerniera dei jeans.
«Ben...», riuscì a dire mordendosi il labbro. 
«Shh… baciami», lo zittì premendosi su di lui cercando la sua bocca schiusa, senza però smettere di giocare con la zip fino ad abbassarla completamente. 
Sfiorò la sua intimità facendolo gemere prima di lasciare le sue labbra per far sparire gli skinny, e tornare a baciarlo, sentendo la sua eccitazione aumentare a dismisura; adorava vederlo così perso tra i suoi gesti, vedere il suo corpo scosso dai brividi e voleva sentire il suo respiro diventare irregolare fino a spezzarsi dal piacere.
Gli rubò un ultimo bacio prima di chinarsi a baciarlo ovunque, schiudendo la bocca sulla sua pelle ambrata fino a scendere pericolosamente verso il basso. 
Sapeva, sentiva, di averlo sorpreso ed era esattamente ciò che voleva; senza dargli il tempo di accorgersene, gli abbassò i boxer con i denti e sfiorò la sua erezione con il naso prima di accoglierla tra le labbra e sentire i suoi gemiti accarezzargli le orecchie. 
«A-ah amore», urlò inarcando la schiena, sentendo scintille infuocate fargli tremare corpo e cuore. «Dio, non...a-ah», ansimò sentendo la sua bocca sempre più calda e stretta muoversi su tutta la sua lunghezza. 
Benjamin aumentò la velocità dei movimenti per poi rallentare, godendosi ogni istante di quei gesti compiuti, per la prima volta, con amore. Era lì, era lì davvero e non voleva altro che sentire ancora e ancora il suo nome pronunciato dalla voce eccitata di Federico. 
Sapeva che il biondo si stava controllando alla luce di ciò che gli aveva raccontato del suo passato sbagliato e lo apprezzò, nonostante fosse certo che sentire le sue dita tra i capelli sarebbe stato bellissimo, così come lo sarebbe stato sentire il suo bacino alzarsi ed abbassarsi ritmicamente per andargli incontro. 
«A-ah, Ben… così», gridò quando il moro si concentrò sulla punta prima di accogliere la sua erezione fino in fondo, sentendola pulsare tra le labbra. «M-mh… Benjamin!». 
Il moro alzò gli occhi e vederlo così ansimante e in preda al piacere gli fece saltare un battito, amava avere quell’effetto su di lui e anche se non era la sua prima volta, era come se lo fosse perché ciò che stava facendo con il biondo era completamente diverso da ciò che aveva fatto innumerevoli volte inginocchiato sul pavimento sudicio dei bagni del Birdees.
Lo sentì inarcare la schiena e gli prese la mano portandosela tra i capelli per fargli capire che poteva lasciarsi andare; Federico esitò qualche secondo ma vedendolo tranquillo incastrò le dita tra le sue ciocche scure tirandole piano, continuando a gemere il suo nome. 
«B-ben… a-aah, cazzo! A-ancora...», lo pregò quando sentì la sua lingua seguire il profilo di una vena e la sua bocca farsi sempre più stretta. «Io… a-ah», continuò senza sapere cosa dire, era tutto troppo intenso e inaspettato. 
Benjamin per tutta risposta continuò a muoversi veloce per poi rallentare, iniziando a muovere anche la mano con gesti lenti e controllati, per farlo letteralmente urlare. 
«Ben sto… a-ah…», gemette reclinando la testa tra i cuscini. «Spo… spostati a-amore», riuscì a dire tra un respiro e l’altro, con la mente annebbiata dal piacere, ma l’altro non aveva alcuna intenzione di farlo. 
Il calore che invase il cuore nel sentire Federico così attento al suo benessere nonostante fosse ad un passo dall’orgasmo fu indescrivibile e sembrò cancellare quei ricordi che sapevano di sesso e alcolici, di gesti rudi e quasi violenti. 
«Ben… Benjamin!», urlò prima di riversarsi tra le sue labbra con il corpo scosso dai brividi e il battito accelerato. «Dio… amore...», sussurrò tentando di regolarizzare, con scarso successo il respiro. 
Gli girava la testa per tutte quelle sensazioni inaspettate, sapeva di aver provocato il suo fidanzato ma non credeva che avrebbe preso il controllo. 
«È stato bellissimo Federico», bisbigliò ad un millimetro dalla sua bocca prima di baciarlo posandogli le mani sulle guance, accarezzandole con i pollici. «Tu sei bellissimo», precisò staccandosi solo per dirglielo, tornando subito a fare l’amore con la sua lingua. 
«Mh, dovrei essere io a dire com’è stato», scherzò sfiorandogli la schiena. 
«Ma amore!», lo rimproverò roteando gli occhi. 
«Sto scherzando piccolino, ho capito cosa intendi dire», disse tornando serio senza usare troppe parole, sapeva che i loro sguardi intrecciati comunicavano senza bisogno di discorsi. 
«Tu puoi farlo», affermò dopo qualche secondo passato a guardarsi. 
«Cosa Ben?», chiese confuso, non si era ancora del tutto ripreso dal suo orgasmo e dall’ondata di emozioni che aveva provato.
«Mettermi le mani tra i capelli e spingerti contro di me», rispose calmo. «L’ho capito che ti stavi frenando e non voglio che tu lo faccia… c’è amore nei tuoi gesti, tu puoi fare ciò che vuoi perché mi rispetti sempre e so che mi ami», precisò e a quel punto Federico lo abbracciò stretto, continuando ad accarezzargli la schiena. 
«Confermo tutto… ti rispetto e ti amo», disse baciandogli il naso. «E ora voglio sentirti urlare il mio nome», aggiunse ribaltando le posizioni, deciso a compiere lentamente ogni movimento per farlo impazzire. 
Con una lentezza estenuante e controllata gli sfiorò l’addome contratto e il petto prima di sfilargli la maglietta e chinarsi a lasciare baci invisibili tra i suoi tatuaggi, schiudendo le labbra mentre scendeva a raggiungere le ossa del bacino seguendone il profilo con la lingua. Lo sentì inarcare la schiena e decise di provocarlo, giocando con l’elastico dei suoi pantaloni stretti che mostravano tutta la sua eccitazione.  
«Amore… a-ah», ansimò quando il biondo iniziò a muovere la mano sulla sua intimità, da sopra il tessuto della tuta. 
«Sì?», disse fingendo indifferenza. 
«Ti… a-ah, non fare lo stronzetto, ti prego», rispose mordendosi il labbro. 
«Non lo faccio ma tu dimmi cosa vuoi», replicò ammiccando, senza smettere di muoversi. 
«Toglimi questi maledetti vestiti», rispose arrossendo e Federico assecondò la sua richiesta, tornando a sedersi sul suo bacino, pelle contro pelle. 
«E adesso?», chiese chinandosi a mordergli le labbra schiuse. 
Benjamin sentì l’erezione pulsare contro l’addome del biondo e inarcò la schiena, ansimando mentre gli graffiava la schiena. 
«Toccami, voglio le tue mani addosso», disse respirando a fatica. 
Federico lo baciò con urgenza rincorrendo la sua lingua, facendo scivolare la mano fino a circondare la sua intimità sentendola calda e pulsante tra le dita. 
«A-ah… Fede», gemette nella sua bocca, sperando che si muovesse più veloce perché sentiva di poter impazzire. 
«Lo so che cosa vuoi Ben… ma voglio che tu me lo dica», commentò il biondo intercettando i suoi pensieri. «Dimmelo amore».
Benjamin non capiva a quale gioco pericoloso stesse giocando ma smise di farsi domande e reclinò la testa tra i cuscini socchiudendo le palpebre. 
«P-più veloce», disse ansimando. «A-ah, così», aggiunse quando Federico lo fece. 
«Voglio che tu capisca che per me conta quello che vuoi tu amore», disse spiegandogli perché volesse sentirglielo dire. «Voglio che tu capisca che per me è importante farti stare bene, è importante che tu ti senta libero di dirmi quello che ti piace», aggiunse e Benjamin comprese il senso di quelle parole, stupendosi ancora una volta per il modo in cui Federico sapeva prendersi cura di tutti i suoi graffi sull’anima. 
«A-ah amore!», urlò quando Federico schiuse le labbra intorno alla sua erezione cogliendolo alla sprovvista; portare le dita tra le sue ciocche bionde fu istintivo così come attorcigliarle e inarcare la schiena. «A-ancora… sì Federico, a-ah», gemette sentendo la sua lingua esplorare e vezzeggiare ogni millimetro della sua lunghezza. 
Continuò a sentire scariche elettriche lungo la colonna vertebrale e iniziò a comprendere cosa significasse, per davvero, sentirsi una persona anche durante l’intimità; si era sempre sentito un oggetto, un inutile e insignificante oggetto usato per soddisfarsi e quella sera, per la seconda volta, Federico gli stava dimostrando di volere tutto di lui, cicatrici e demoni compresi. 
«Sposta-ah, spostati», disse stringendo il cuscino tra le dita. «O-oddio… a-ah Federico!», esclamò un attimo prima che le sue labbra accogliessero il suo piacere. 
«Non mi sposterò mai», sussurrò baciandolo. «Amo il tuo sapore sulle mie labbra», aggiunse sfiorandogli il naso con il suo. 
«Cazzo… ci sai fare stronzetto», commentò mordendogli il labbro inferiore. 
«Anche tu sei niente male», replicò strizzandogli l’occhiolino, spostandosi dal suo corpo per scivolare al suo fianco e mettersi comodo, invitandolo a stringersi a lui. «Vieni qua, abbracciami», lo invitò e Benjamin lo fece, sentendosi un tutt'uno con il suo corpo.
«Prima Brad mi ha chiesto cosa provo per te», confessò dopo qualche minuto di silenzio, trascorso a sfiorarsi. «Gli ho detto che ho ancora qualche difficoltà a dare un nome ai miei sentimenti ma che sono consapevole di essere innamorato», aggiunse e Federico gli baciò i capelli, scompigliandoli piano. 
«E lui che cosa ti ha risposto?», chiese curioso.
«Che si vede da come ti guardo e da come sorrido quando ti ho vicino», raccontò felice. «In quel momento è intervenuta Rachel, voleva sapere com’era stato dire il mio primo ti amo», disse giocando con le sue dita intrecciate alle proprie. 
«Uh, ora sono davvero curioso di sapere cosa hai detto!», affermò corrugando la fronte. 
«La verità… che ancora non l’ho fatto», ammise arrossendo. «So che se lo aspettavano perché mi conoscono però mi hanno detto una cosa bella», continuò e cercò i suoi occhi, capaci di brillare anche nel buio della sera. «Hanno detto che si vede da lontano che ti amo anche se non riesco ancora a dirtelo, hanno detto che chiunque lo capirebbe vedendomi insieme a te». 
Federico si emozionò perché sapeva quanta verità fosse racchiusa in quelle poche parole, sapeva che lo sguardo e i gesti di Benjamin sapevano comunicare più amore di quanto potesse fare un “ti amo”.
«È proprio vero amore», confermò sfiorandogli il braccio con movimenti controllati, dal basso verso l’alto, a toccare tutti i suoi brividi. «Me l’hai detto tante volte, solo non a voce». 
«Perché tu sai leggermi dentro, ti parlo con gli occhi e tu mi capisci più di quanto mi capisca io stesso… è surreale se ci penso, se penso che la mia persona viveva in un altro paese a migliaia di chilometri da qui fino a pochi mesi fa… se penso che avrei potuto non incontrarti mai e non scoprire quanto fosse bello sentirsi amati». 
«Amore mi rendi instabile… ma quanto posso amarti?», sussurrò accarezzandogli il viso come se stesse sfiorando una margherita in un prato. «È lo stesso per me… sono venuto qui per iniziare un nuovo capitolo della mia vita ma volevo solo ristrutturare il mio hotel, non pensavo di innamorarmi, non era nei miei piani eppure eccomi, innamorato perso di un surfista attraente che devo controllare a vista per evitare che qualcuno me lo porti via», aggiunse finendo il discorso con una spruzzata di ironia. 
«Non è necessario, io voglio stare con te», rispose sentendo il cuore accelerare. «È assodato che io di relazioni e sentimenti non capisca un cazzo ma se l’amore non sei tu allora credo proprio che non esista». 

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