Keep breathing,
'cause I'm not leaving you anymore.
Believe it, hold on to me
and never let me go
Keep breathing,
hold on to me
and never let me go.
[Far Away; Nickelback]
Le giornate soleggiate a Byron Bay sembravano trascorrere più lentamente del solito, o almeno quella era la sensazione di Benjamin che solitamente era abituato a riempirle con la sua routine per farle passare più in fretta. Aveva imparato, o meglio stava imparando, a lasciarsi sorprendere nonostante avesse comunque degli impegni da rispettare.
Quegli impegni riguardavano soprattutto il suo lavoro di fisioterapista che gli stava regalando grandi soddisfazioni; aveva smesso di vederlo come un modo per farsi male e aveva iniziato a viverlo come un’opportunità.
Non soffriva più facendo massaggi ai surfisti, non viveva quelle ore nel suo studio come semplice abitudine ma come un modo per aiutare gli altri grazie alla professionalità che lo aveva contraddistinto fin dall’inizio.
Ogni sera tornava a casa gratificato e soddisfatto, sapeva che non era la carriera che aveva sognato eppure al pensiero di lasciarla sentiva di compiere un errore.
Stava attraversando un momento delicato, ricco di enormi cambiamenti che era certo di non poter gestire senza l’aiuto fondamentale della sua psicologa e di tutte le persone che aveva accanto, soprattutto Federico che nonostante il suo lavoro come insegnante di italiano e il suo impegno per la ristrutturazione era sempre pronto ad esserci per lui.
Riuscivano a vedersi quasi ogni giorno e Benjamin ancora non si era del tutto abituato a condividere la sua vita con un’altra persona, lo spaventava il fatto che con il biondo fosse stato spontaneo e totalmente guidato dalle emozioni.
«Ciao Fede, dove sei?», chiese quando lo sentì rispondere al telefono. «Ho appena salutato l’ultima paziente della giornata, ti va di raggiungermi qui allo studio? Ti porto a cena a quel ristorante messicano che volevi provare!», propose entusiasta.
«Ho già fame al solo pensiero, va bene amore!», lo sentì dire e sorrise istintivamente.
«Tra mezz’ora sono da te, ok? Mi faccio dare un passaggio da Dylan, tra dieci minuti abbiamo finito qui all’hotel», aggiunse e il moro sentì il suo amico salutarlo in sottofondo.
«Ne approfitto per rilassarmi un po’, il divano della sala d’aspetto è comodissimo!», rispose ironico e chiuse la chiamata, andando a sdraiarsi allungando le gambe sul bracciolo.
Controllò qualche notifica e cercò in rubrica il numero del ristorante per assicurarsi un tavolo ma lo sguardo gli cadde sul numero di sua madre e il cuore sembrò arrestarsi per qualche istante.
Fissò quelle cifre per una quantità di tempo imprecisata e sentì un nodo stringergli le corde vocali, gli occhi riempirsi di lacrime, un senso di vuoto invadergli ogni fibra del corpo.
Fu un attimo e il dito scivolò sullo schermo, regalandogli la voce incredula di sua madre.
«Benjamin!», disse soltanto e il moro percepì le lacrime scivolare implacabili lungo le sue guance. «Ben… come… come stai?»
«Mamma», rispose tra i singhiozzi. «Mi manchi, mi mancate tu e papà».
«Anche tu tesoro, anche tu», rispose con la voce tremante. «Torna qui, so che hai paura e ti senti in colpa, so che non è lo stesso senza Aiden ma questa è ancora casa tua e non abbiamo mai smesso di aspettare e di sperare che tu entrassi da quella porta».
«Lo so ma io non volevo essere un peso per voi, allontanarmi mi è sembrata la scelta migliore per tutti… so che ho sbagliato ma in questi anni mi sono autodistrutto in ogni modo possibile e non volevo che tu vedessi tuo figlio svuotarsi e ridursi a brandelli giorno dopo giorno, dopo averne perso un altro», spiegò realizzando quanto fosse distrutto per aver potuto credere che quella di andarsene fosse la soluzione giusta. «Non ero in me mamma, ero completamente annebbiato… gli anni senza Aiden sono stati come un buco nero, un immenso buco nero che sto superando solo adesso grazie all’aiuto di una professionista».
«Ti sei rivolto ad una psicologa?»
«Sì, mi sta aiutando tanto e senza il suo supporto non sarei riuscito a rialzarmi… sto finalmente affrontando il lutto e il trauma che ho vissuto quel giorno, so che è stato terribile per tutti noi ma io ero lì, ero lì ad un passo da lui mamma e quelle immagini mi tormentavano occhi notte, solo da qualche settimana riesco finalmente a dormire bene».
«Anche io e papà abbiamo chiesto aiuto e ci siamo rialzati insieme, sappi che non è passato un singolo giorno senza pensare a te, so che hai sempre pensato che avresti dovuto esserci tu al posto di tuo fratello ma noi non l’abbiamo mai pensato, mai Benjamin»,
«Lo so e adesso non lo penso più, sto sgretolando i miei sensi di colpa ma sarà un lavoro lungo e non voglio rovinare tutto, volevo guarire e stare bene prima di tornare da voi ma oggi ho letto il tuo nome in rubrica e…», si bloccò sentendo dei passi lungo le scale. «E ho avvertito il bisogno di sentire la tua voce, io… ti voglio bene mamma, ti voglio bene».
«Prenditi il tempo che ti serve tesoro ma ti prego, torna qui… abbiamo perso Aiden, non vogliamo perdere anche te», disse quasi pregandolo e Benjamin sentì il cuore lacerarsi nel pensare a tutto il dolore che le aveva causato.
«Non mi perderete, ve lo prometto», riuscì a rispondere mentre la testa bionda di Federico oltrepassò la soglia. «Devo… devo andare, non chiamarmi, per favore. Te lo prometto, verrò a casa ma non chiamarmi», aggiunse e gettò il telefono sul divano per poi alzarsi e gettarsi tra le braccia del fidanzato, nutrendosi del suo affetto.
Federico non gli fece domande, si limitò a stringerlo tra le braccia e a sfiorargli dolcemente la schiena prima di incastrare le dita tra i suoi capelli.
«Era mia madre», sussurrò il moro dopo qualche istante di totale silenzio. «L’ho chiamata io… volevo chiamare il ristorante ma ho visto il suo numero e senza nemmeno realizzarlo ho premuto il tasto verde, mi mancava la sua voce».
«Come ti senti amore?», chiese ma prima di sentire la sua risposta la cercò nei suoi occhi.
«Non so dirtelo Fede», ammise confuso. «Sentirla mi ha fatto bene e male, bene perché mi mancava e mi ha detto tante parole che avevo bisogno di ascoltare ma male perché ho pensato a quanto l’ho fatta soffrire, rendendomi conto di quanto sono stato egoista», continuò a spiegare, impegnandosi per interpretare le proprie emozioni come gli suggeriva sempre la sua terapeuta. «So che non posso cambiare quello che ho fatto ma posso rimediare e infatti le ho promesso che andrò a casa, non so quando ma lo farò».
«Sono tanto orgoglioso di te», rispose sfiorandogli la guancia. «Sei sempre più consapevole di quello che provi e ora sai disinnescare i pensieri negativi, stai facendo un gran bel lavoro su te stesso e io sono proprio tanto orgoglioso».
«Le ho detto che senza il supporto della psicologa non sarei riuscito a rialzarmi ed è vero, lei mi sta aiutando con la sua professionalità ma tu mi hai aiutato semplicemente standomi accanto Fede… tu hai iniziato a salvarmi ancora prima che io riuscissi ad ammettere di averne bisogno, ti devo tutto», disse sentendo gli occhi farsi lucidi. «E lo dirò anche a mia madre, le farò conoscere la persona che mi ha restituito la voglia di vivere».
«Voglio conoscere i tuoi genitori Ben, davvero, ma credo che prima dovresti andare da loro da solo… se vuoi vengo con te e ti aspetto fuori mentre faccio due passi, sai che ci sono sempre per te ma questo è un passo importante, una cosa soltanto vostra».
«Lo so amore, hai ragione… ci andrò da solo ma voglio che ti conoscano perché è merito tuo se sono qui, se sono il Benjamin che hai davanti», replicò prendendogli la mano. «La mia rinascita è iniziata grazie a te… se non ti avessi incontrato avrei continuato a vivere in bilico tra la depressione e l’euforia del weekend, avrei continuato a rinchiudermi tra le quattro mura di casa mia, del mio studio e del Birdees perché niente riusciva a darmi la scossa di cui avevo bisogno, tu me l’hai data e mi hai fatto sentire vivo, mi hai fatto credere di potermi rialzare e l’ho fatto, io l’ho fatto per me ma anche per te e lo so che sembra esagerato da dire ma è così, tu mi hai salvato da me stesso e sono stati i miei sentimenti per te a farmi capire che ero ancora vivo, vivo per davvero».
«Benjamin…»
«Non devi rispondere per forza, so che questo discorso è un po’ strano ma è reale Federico, tu sei stato ossigeno pompato dritto al cuore ma ciò che provo per te è vero, non mi sono innamorato di te perché mi stavi salvando», disse parlando a raffica, lasciando i suoi sentimenti liberi di fluttuare come farfalle.
«Mi sono innamorato di te perché nei tuoi occhi ho visto tutte le cose belle del mondo e tra le tue braccia mi sono sentito al posto giusto, perché prima di te l’amore non sapevo neanche cosa fosse e perché mi hai fatto ridere dopo mesi, anni, di lacrime e dolore, perché ogni volta che non c’eri io ti sentivo dentro di me», continuò. «Mi sono innamorato di te senza nemmeno rendermene conto, mi sono innamorato di te e ho riscoperto la vita».
«Ti amo», rispose soltanto, prima di baciarlo piano facendolo indietreggiare per imprigionarlo contro la scrivania, sulla quale lo fece sedere. «Ti amo Benjamin».
«Forse anch’io», soffiò sulle sue labbra e gli circondò il bacino con le gambe, intrecciandole dietro la sua schiena. «Forse», precisò e il biondo gli morse, dispettosamente, la lingua.
«Ouch, quella mi serve!», scherzò guardandolo storto. «Altrimenti non posso più baciarti e farti urlare quando...»
«Non fare il melodrammatico, sono sicuro che potrai ancora baciarmi… perché non provi?», lo stuzzicò strizzandogli l’occhiolino e il moro non se lo fece dire una seconda volta, gli prese il viso tra le mani e seguì il profilo della sua bocca con la lingua, giocandoci piano, prima di baciarlo con trasporto e passione, azzerando la razionalità.
«Visto, amore? Puoi ancora baciarmi e lo fai benissimo, te lo assicuro», affermò soddisfatto quando Benjamin smise di far confondere le loro labbra.
«Scemo», lo canzonò saltando giù dalla scrivania. «Stavolta non hai fame? Che strano, sei sempre affamato e oggi ancora non mi hai chiesto di sbrigarci per andare a mangiare», gli fece notare ridendo.
«Come sei simpatico», disse sarcastico pizzicandogli il fianco. «In realtà te lo avrei detto tra poco, ho una voglia incredibile di mangiare burritos!», esclamò circondandogli le spalle per guidarlo fuori dalla porta e giù dalle scale, senza contemplare l’idea di stargli lontano.
«Amore domani ho la giornata libera, hanno disdetto i due appuntamenti che avevo! Ti va se la passiamo in spiaggia? Non la solita, voglio portarti in un posto più lontano da qui… è sempre a Byron Bay ma un po’ fuori mano», propose mentre aspettavano le loro ordinazioni. «Puoi restare da me stanotte, se vuoi, così usciamo presto domattina».
«Certo che voglio amore, sia dormire da te che andare al mare», rispose raggiungendo la sua mano ferma sul tavolo. «Perché non dovrei?».
«Non lo so, stiamo dormendo insieme praticamente ogni sera da quando siamo rientrati da Sydney… non voglio toglierti i tuoi spazi, l’hai detto tu che ne abbiamo bisogno e...»
«Amore ti interrompo subito, stai dando voce alle tue paranoie e non devi… ho detto che abbiamo bisogno dei nostri spazi perché è vero ma li abbiamo, tu trascorri quasi tutta la giornata in studio e io all’albergo o a dare lezioni di italiano!», rispose bloccando subito quel flusso di insicurezze prima che potesse sfociare come un torrente impetuoso. «Durante il giorno ci vediamo raramente e quando capita è solo per pranzare insieme, la sera è l’unico momento libero e lo voglio passare con te, è una scelta che faccio perché la voglio fare… voglio raccontarti la mia giornata, scherzare mentre guardiamo un film, abbracciarti mentre dormi, svegliarmi con il tuo profumo addosso e guardarti mentre fai il caffè».
«Anche io voglio tutto questo, amo tornare a casa e trovarti già lì… ecco perché ti ho dato le chiavi e ti ho chiesto di portare le tue cose da me», disse sorridendo. «E per la prima volta vedo quelle quattro pareti non come un rifugio dal mondo ma come un posto in cui sentirmi amato, prima non era una casa ma soltanto un luogo in cui abitare adesso sa di te e di me, sa di noi anche se tecnicamente tu vivi da un’altra parte».
«Allora perché ti fai venire mille paranoie Ben?», chiese sfiorandogli il dorso della mano.
«Perché non so come ci si comporta in una relazione, io sono sempre stato abituato a stare da solo Fede… pensavo soltanto a me stesso, ero troppo distrutto per poter pensare anche a qualcun altro ma adesso ci sei tu e sto imparando a pensare per due, a condividere quello che vivo e che mi accade durante le mie giornate», rispose provando a spiegarsi. «È che ho paura di non trovare il giusto equilibrio… di non lasciarti respirare, di essere un peso perché ora che so quanto è bello avere una persona accanto io...»
«Amore smettila, sul serio», lo fermò con dolcezza. «Guardami», lo invitò prima di ringraziare il cameriere che aveva portato loro le bibite.
Benjamin alzò gli occhi e trovò il suo spettacolo preferito in quelli dell’altro.
«Non sei un peso per me, non lo sei mai stato! Nemmeno quando eri a pezzi, nemmeno quando sono corso da te a Brisbane prendendo un taxi all’alba, nemmeno quando hai pianto per minuti interi bagnandomi la maglietta… non sei mai stato un peso e non lo sarai mai», disse il biondo, serio e determinato a fargli capire che quei pensieri erano fuori luogo.
«Stai scoprendo quanto è bello amare ed essere amati, quanto è bello avere una persona che pensa a te e ti augura il buongiorno o la buonanotte, quanto è bello guardare il telefono e trovare un messaggio, lo so che è tutto nuovo per te ma non stai esagerando in nulla amore, solo nelle paranoie che ti fai perché davvero, abbiamo un equilibrio come persone singole e come coppia… è normale che tu abbia voglia di vedermi, di abbracciarmi, di raccontarmi tutto perché sono il tuo fidanzato Benjamin, non perché tu non sappia più stare da solo o perché stai diventando dipendente da me», concluse centrando in pieno le sue insicurezze più grandi.
«Come hai fatto a capire che...»
«Ti conosco amore», lo interruppe e gli sorrise. «Sai stare da solo ma insieme è sempre più bello… è normale voler stare con la persona che ami così come è normale se a volte senti la necessità di stare con te stesso, come quando sei andato alla scogliera dopo aver discusso con Scott, oppure se hai voglia di stare solo con i tuoi amici come quando hai cenato con Brad», lo rassicurò e Benjamin si sporse a baciargli le labbra.
«Sai sempre cosa dire per rassicurarmi, come ci riesci Federico? Davvero, mai nessuno mi ha capito al volo come fai tu… mi capisci prima che possa farlo io stesso», disse addentando il suo burrito.
«Non ho una risposta amore», rispose serio.
«A parte che i tuoi occhi parlano più di quanto faccia tu, ma comunque credo che tra me e te ci sia sempre stato qualcosa di inspiegabile che ci ha unito ancora prima che potessimo rendercene conto», aggiunse e il moro annuì, sentendosi enormemente grato alle congiunzioni astrali dell'universo che lo avevano portato ad essere lì insieme alla persona migliore che avesse mai potuto sperare di incontrare.
«Sicuramente ci ha unito prima che me ne accorgessi io, ce ne ho messo di tempo… grazie di avermi aspettato», rispose e sorrise nel vedere l'espressione compiaciuta del biondo dopo aver assaggiato i tacos.
«Ti ho aspettato per ventidue anni Benjamin, credi che non avrei saputo aspettarti per qualche mese?», replicò e il moro incurvò le labbra rivolgendogli uno dei sorrisi più sinceri e raggianti che avesse mai fatto.
«Credo di amarti, lo sai?», chiese retorico sentendo un insolito calore tra lo sterno e il cuore. «Credo davvero di amarti».
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As free as the ocean | Fenji
FanfictionOgni persona vive il dolore in modi diversi. C'è chi lo combatte e reagisce, rialzandosi più forte di prima e portando con orgoglio le proprie cicatrici, dimostrando che si può rinascere dalle ceneri. E poi c'è chi lo assorbe fino a farlo diventare...