Close your eyes

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Before you came into my life
Everything was black and white
Now all I see is colour
Like a rainbow in the sky
So, tell me your love will never fade
That I won't see no clouds of grey
'Cause I don't want another
You bring colour to my life, baby

Life was so heavy, I was giving up,
But since you came along,
I'm light as a feather,
You give me something incredible, sensational, baby
When we're together,
everything is better my darling.

Only you can brighten up my day
You make everything change,
you rearrange... don't go away.
[Colour; MNEK]

Fuori dalla finestra il cielo sembrava un quadro dai toni pastello mentre il sole segnava l’inizio di una nuova giornata di Settembre e Federico si svegliò con una scia di brividi sulla pelle. Sbatté le palpebre un paio di volte prima di realizzare che Benjamin lo stava toccando piano, pianissimo, con la punta delle dita tracciando cerchi invisibili sul suo addome prima di risalire sul petto, spostarsi verso le clavicole e le spalle, fino ad arrivare al braccio e tornare indietro, sempre allo stesso modo. Sorrise nel vederlo completamente avvinghiato a sé e fece del suo meglio per rimanere immobile, non voleva che capisse che si era svegliato e lasciò che continuasse a sfiorarlo, a disegnare il profilo dei suoi tatuaggi, ma sussultare fu automatico quando sentì le sue labbra posarsi in un punto imprecisato del torace. 
«Sei… sei sveglio», sussurrò infatti Benjamin senza però arrestare i suoi movimenti. 
«Potrei addormentarmi di nuovo se continui così, mi rilassa tantissimo», bisbigliò chiudendo gli occhi, facendo scivolare la mano tra i suoi capelli. 
Il moro non rispose ma si alzò quanto bastava per baciargli le labbra e sorridervi sopra, si sentiva ancora un po’ vuoto ma poteva quasi percepire quanto il cuore fosse pieno d’amore, amore per Federico e quello che stavano costruendo insieme. 
«Non si rubano i baci alle persone che dormono», scherzò il biondo. 
«Ma io avevo voglia di baciarti», rispose sincero. «E poi non stavi dormendo e so che volevi baciarmi anche tu», precisò e Federico gli accarezzò la schiena, infilando le mani sotto la maglietta per sentire la sua pelle chiara sotto le dita. 
«Touché», rispose ridendo prima di sollevargli il mento e baciarlo ancora, seguendo il profilo delle sue labbra con la lingua ma senza schiuderle. «Come stai amore?», si azzardò a chiedere e capì che il moro non aveva una risposta alla sua domanda perché lo vide scrollare le spalle e tornare a stendersi addosso a lui. 
«Al solo pensiero di alzarmi da qui e fare qualcosa mi manca l’aria… non posso costringerti, so che tu hai delle cose da fare ma vorrei solo restare qui con te, so che tu stai bene e vorresti fare altro, so che magari ti annoi a rimanere semplicemente sdraiato sotto le coperte e lo capisco se vuoi andare, davvero lo capisco solo resta almeno un po’», disse confusamente dopo minuti interi riempiti solo da carezze e respiri, e senza accorgersene circondò in una presa più stretta i fianchi del biondo. 
Federico scivolò a sedere contro la spalliera del letto e gli fece posare la testa sulle gambe, intrecciando le dita tra le sue ciocche per poi lasciarle scorrere lungo i suoi lineamenti così particolari, così incredibilmente e semplicemente bellissimi. Gli sfiorò le tempie, la mascella e risalì a toccargli le labbra, il naso, gli occhi socchiusi pensando che il ragazzo che aveva tra le braccia era forse la persona più incasinata che aveva conosciuto in vita sua ma l’unica che aveva saputo provocargli emozioni così forti, intense, inspiegabili. 
«Posso restare per sempre?», disse senza neanche pensare a quanto quella frase potesse suonare scontata. Per lui non lo era, voleva davvero restare accanto a Benjamin per sempre perché non riusciva più a immaginare di poter passare un solo giorno senza di lui. 
«Vorrei che lo facessi, vorrei davvero che tu restassi per sempre», rispose e giocò con le sue dita, incastrandole piano tra le proprie. «Solo con te voglio pensare al futuro, solo con te… prima non riuscivo a pensare neanche al giorno successivo e ora sono qui a dirti che vorrei tu restassi per sempre e lo penso davvero, non riesco a pensare bene alla mia vita futura, non riesco neanche a decidere cosa farò domani ma so che voglio stare con te. A prescindere da tutto e tutti, io voglio stare con te e credo di non essere mai stato così sicuro di qualcosa come lo sono di questo».
Federico sentì il cuore saltare un battito e rimase immobile qualche istante. 
«Solo un folle si lascerebbe scappare una persona bella come te amore», disse e neanche si accorse di aver parlato in italiano tanto era emozionato. 
«Non ho capito quello che hai detto ma se è una cosa brutta non ripeterla», gli fece notare Benjamin e il biondo gli sfiorò la guancia. 
«Tutt’altro», spiegò. «Ho detto che solo un folle si lascerebbe scappare una persona bella come te», ripeté e il moro lo guardò come se gli avesse appena detto qualcosa di assurdo. 
«Io invece credo che solo un folle potrebbe stare con me», ammise scrollando le spalle. 
«Quindi fammi capire, io sarei un folle?», si finse offeso indicandosi. 
«Certo che lo sei ma ne sono felice perché se non lo fossi ora non saremmo qui e onestamente io non riesco ad immaginare di poter essere altrove se non qua con te che mi ami senza fare domande e sopporti i miei sbalzi d’umore, le mie paranoie e tutto il resto», rispose e si sistemò meglio per abbracciarlo, aveva così dannatamente bisogno di sentirlo addosso, pelle contro pelle, e lo guardò dritto negli occhi prima di far scivolare le mani ai bordi della maglietta e stringerli piano. Rifletté solo qualche istante prima di sfilargliela sotto il suo sguardo confuso ma accomodante e nascondersi subito contro il suo petto, nella sua stretta calda che era decisamente il suo angolo di mondo preferito. 
«Hai… hai freddo?», chiese poi, realizzando che l’aveva praticamente costretto a stare a torso nudo senza chiedergli se stesse bene.
«No amore», lo tranquillizzò sfiorandogli il braccio. «Puoi fare ciò che vuoi», aggiunse. 
«Voglio solo che mi abbracci», rispose strusciando il naso sulla pelle sensibile del collo facendolo rabbrividire. 
«Sembri un bimbo, lo sai?», chiese retorico scompigliando il suo ciuffo disordinato. «Sei così dolce… me lo fai un sorriso?», tentò sfiorandogli le labbra. «Sorridi per me». 
Benjamin lo guardò intensamente per un attimo e pensò che non aveva alcuna voglia di sorridere ma per Federico poteva farlo, poteva fare qualsiasi cosa per lui e così incurvò leggermente gli angoli della bocca. 
«Mi mancava tanto il tuo sorriso», disse il biondo facendolo arrossire. «Amo quando sorridi per me».
«Per te posso fare qualunque cosa, tu rendi possibile quello che credevo impossibile… lo fai da quando sei entrato nella mia vita», rispose e a Federico balenò in testa un’idea.
«Mi è venuta un’idea», esclamò rendendolo partecipe. «Però è una sorpresa quindi devi restare un attimo qui, ok? Faccio presto, promesso». 
«Dove vai?», chiese perché davvero l’idea di restare da solo e precipitare di nuovo nel buio gli faceva crollare il mondo addosso. Solo con Federico i suoi mostri sembravano lasciarlo in pace e odiava ammetterlo, odiava essere così debole ma aveva bisogno di lui. 
«Nell’altra stanza amore, ci metto solo cinque minuti», spiegò accarezzandogli la guancia e vide qualcosa di strano nei suoi occhi, capì che non voleva che se ne andasse e gli si strinse il cuore, lo amava così tanto. 
«Va bene però prima dammi un bacio», cedette e il biondo si lanciò sulle sue labbra, voleva baciarle piano ma non riuscì a resistere e le accarezzò con la lingua sussultando quando Benjamin le schiuse. Gli prese il viso tra le mani e continuò a baciarlo, era un bacio quasi disperato ma pur sempre dolce e pieno di sentimenti, un bacio che volevano entrambi. 
Federico gli baciò il naso e aprì l’armadio porgendogli una maglietta e un paio di pantaloni puliti aggiungendo anche una felpa nel caso in cui avesse freddo e gli porse il tutto prima di uscire lasciando la porta socchiusa. Fece il più in fretta possibile, era piuttosto confuso perché non sapeva bene cosa servisse ma si lasciò guidare dall’istinto e meno di cinque minuti più tardi era di nuovo lì, in quella che era ormai la loro camera ad osservare il moro, in piedi davanti alla finestra con lo sguardo fisso nel vuoto. 
«Ehi amore», sussurrò avvicinandosi in punta di piedi, cingendolo da dietro. «Vieni con me», lo invitò e Benjamin sobbalzò quando il biondo si fermò davanti alla porta della stanza che usava come studio per dipingere. 
«Tu… cosa...», riuscì a dire nella confusione e sgranò gli occhi quando Federico lo condusse all’interno. Vide qualche tela pronta per essere dipinta, alcuni pennelli disposti sul tavolo e i tubetti di pittura aperti, vide anche un blocco per gli schizzi e si girò a guardare il suo fidanzato, trovandosi ad annaspare completamente nei suoi occhi. 
Credeva davvero di non poter respirare se il biondo continuava a guardarlo in quel modo. 
«Lo so che hai detto che non vuoi fare nulla oltre stare nel letto ma so che dipingere ti piaceva tanto e ho pensato che… che fosse una buona idea ma non sapevo bene cosa ti servisse quindi ho solo riordinato un po’ e preso alcune delle cose fondamentali, se ti serve qualcos’altro dimmelo e...», l’abbraccio in cui Benjamin lo strinse interruppe la sua risposta ma gli regalò una profonda sensazione di calore al centro del petto.
Il moro lo stava abbracciando in un modo tutto suo, quel modo che usava per trasmettergli tutto senza parlare, quel modo di cui Federico era innamorato fin dall’inizio. 
«Grazie», sussurrò al suo orecchio. «Grazie amore», precisò e il biondo sorrise. 
«Allora… dipingi per me? Voglio guardarti mentre lo fai, lo voglio tantissimo», disse e Benjamin non poté far altro che annuire. Mosse qualche passo incerto verso lo sgabello e si sedette davanti alla tela bianca, completamente nelle sue mani. 
Gli piaceva avere così tanto potere da plasmarla a suo piacimento, poteva decorarla in qualunque modo volesse e quello era ciò che più gli piaceva del dipingere, sapere di poter creare tutto ciò che desiderava senza alcuna gabbia mentale, senza alcuna regola. 
Sentiva gli occhi di Federico puntati addosso e notò che aveva disposto sul tavolo solo tempere dai colori freddi e capì perché lo aveva fatto, stupendosi perché il biondo era sempre così attento a tutto ciò che faceva o diceva. 
«Non voglio che ti annoi però», disse Benjamin dopo minuti interi trascorsi a mescolare la pittura e a fare qualche schizzo sul blocco bianco, senza ben sapere cosa avrebbe dipinto. 
«Non mi annoio mai a guardarti, è bello vederti così concentrato e poi non ti ho mai visto dipingere… voglio farlo, posso solo stare qui e guardarti?», rispose con un tono a metà tra l’affermativo e l’interrogativo. 
«S-sì», rispose un po’ imbarazzato, iniziando a schizzare un po’ di nero sulla tela usando un vecchio spazzolino. Procedette così per un po’, tentando di rappresentare il caos che aveva nella testa ed in effetti a guardare il risultato finale l’impressione era proprio quella di osservare un intricato labirinto di emozioni.
Rimase a fissarlo per un po’, poi si voltò a guardare Federico e annegò nei suoi occhi celesti abbozzando un piccolo sorriso perché lo sapeva che il biondo non gli aveva mai tolto lo sguardo di dosso, l’aveva sentito puntato su di sé per tutto il tempo e pensò che in quel groviglio di colori scuri e tristi mancava qualcosa. 
«Amore puoi passarmi quella scatola?», gli chiese indicando uno scaffale accanto al muro. 
«Cosa c’è qui dentro? Pesa un sacco!», rispose porgendogliela. 
«Tempere, acquarelli e colori ad olio che non ho mai usato e userò oggi per la prima volta», spiegò con un tono leggermente enigmatico. 
«Perché non sono mai stati usati?», chiese curioso e Benjamin sollevò gli angoli del cartone mostrandogli il contenuto, sapeva che non avrebbe dovuto spiegarglielo e infatti Federico lo guardò dritto negli occhi facendogli capire che aveva compreso ciò che voleva dirgli. 
«Sono… sono tutti colori caldi, accesi», quasi sussurrò il biondo e si guardò intorno anche se conosceva a memoria quei quadri e sapeva benissimo che erano tutti scuri, quasi tetri ma così incredibilmente intensi. 
«Voglio usarli», decretò convinto. «La mia testa è un totale casino e questo quadro lo dimostra ma non c’è solo dolore, non c’è solo confusione… c’è anche altro, altro che prima non c’era… i miei sentimenti per te, le cose belle che abbiamo vissuto insieme, i nostri ricordi e la mia rinascita, le risate e la libertà di quando sono tornato a surfare», spiegò prendendogli la mano e portandosela sulla guancia. «Questo», disse guardandosi intorno, «rappresenta il mio passato ma adesso nel mio mondo non c’è più solo ciò che vedi su queste tele tutte scure e tristi, adesso ci sei anche tu e hai colorato tutto permettendomi di vedere oltre le ombre e il nero che avevo davanti agli occhi, permettendomi di tornare a vedere tutte le sfumature esistenti, tutte le emozioni e non solo quelle che mi ostinavo a vivere», concluse e il biondo si sistemò in piedi tra le sue gambe facendogli posare la testa sul proprio petto. 
«Sono senza parole», ammise Federico tenendolo stretto. «E non succede spesso», specificò incastrando le dita tra i suoi capelli. 
Benjamin gli rivolse un piccolo sorriso e aprì per la prima volta il tappo del tubetto arancione, poi di quello rosso e infine del giallo usandoli per dare vita a quel quadro tutto grigio, nero e blu notte. Infine guardò l’azzurro e pensò che somigliava tanto agli occhi di Federico, così ne prese una generosa quantità e alla fine diventò il colore prevalente su quella tela. E pensò che in effetti quella tonalità prevaleva anche nella sua vita, perché quegli occhi azzurri erano il mare in cui voleva annegare ogni giorno. 
«È bellissimo amore!», esclamò sistemandosi dietro di lui, chinandosi per lasciargli un bacio sulla guancia. «E sai cos’altro è bellissimo? Guardarti dipingere, potrei farlo per ore», aggiunse e il moro arrossì ruotando sullo sgabello per guardarlo negli occhi. 
Appoggiò la schiena al tavolo e lo avvicinò di più a sé, respirando il suo profumo finché gli venne un’idea che gli sembrava alquanto folle. 
«Posso… posso fare una cosa?», gli chiese mordendosi il labbro. 
«Puoi fare qualunque cosa tu voglia», rispose senza alcuna esitazione e Benjamin sorrise, Federico si fidava di lui ed era una sensazione meravigliosa. 
«Chiudi gli occhi», lo invitò. 
«Ma sono curioso Ben, dai… posso tenerli aperti?».
«No che non puoi», disse cercando di assumere un tono autoritario facendolo ridacchiare. 
«Bel tentativo amore ma sei un bimbo, è inutile che fai il finto prepotente», scherzò baciandogli il naso. «Ma va bene, li chiudo… tu però fai veloce che non resisto a lungo», aggiunse e il moro annuì. 
Aspettò che chiudesse le palpebre e cogliendolo alla sprovvista gli tolse la maglietta lanciandola in un punto imprecisato sul pavimento facendolo sussultare, sapeva che non se lo aspettava e lo sentì sospirare confuso. La sua confusione aumentò quando prese uno dei tanti pennelli e lo immerse nel colore prima di iniziare a scrivere sul suo addome contratto. 
«Amore oddio, che stai… che stai facendo», disse sorpreso tentando di non ridere per il solletico delle setole contro la pelle. «Potevi dirlo se volevi un’altra tela», scherzò e Benjamin sbuffò. 
«Zitto che rovini il mio capolavoro», intimò e Federico rise di nuovo. 
«Amore te lo ripeto, è inutile che provi a fare l’autoritario… sei un bimbo, arrenditi», rispose ma il moro lo ignorò continuando ciò che stava facendo, fermandosi solo quando finì il colore ed ebbe bisogno di immergere nuovamente il pennello. 
«Non ho ancora finito, non aprire gli occhi… ho quasi fatto», lo avvisò e qualche secondo dopo posò tutto sul tavolo fermandosi a guardare il risultato finale. «Ora puoi aprirli amore», disse un po’ incerto, mordendosi il labbro per placare l’ansia. 
Federico gli mostrò il suo sguardo azzurro e lo baciò ancora prima di controllare cosa ci fosse scritto sulla sua pelle, poi lanciò uno sguardo verso il basso e con qualche difficoltà riuscì a leggere tutto, sentendo le ginocchia tremare un po’. 
«Resti… qui… per… sempre?», lesse ad alta voce e sfiorò con le dita il disegno di una piccola casetta, sul fianco sinistro. «Benjamin cosa… cosa significa?», chiese emozionato, con la voce tremante e gli occhi lucidi. 
«Vieni a vivere con me», disse tutto d’un fiato prendendogli la mano, sentendo il cuore battere impazzito contro le ossa. «Vieni a vivere con me qui per davvero», precisò e il biondo si asciugò una lacrima con un gesto veloce. 
«Amore...», bisbigliò. «Sul serio mi stai chiedendo di trasferirmi ufficialmente da te?», chiese perché gli sembrava impossibile che stesse succedendo una cosa simile. 
«Io… sì, sul serio», confermò e allungò il braccio per sfiorargli la guancia. «Voglio viverti tutti i giorni e voglio farlo qui, tra queste mura che sono diventate finalmente una casa, non una qualsiasi ma quella che voglio chiamare casa nostra sapendo che è davvero così», aggiunse e Federico lo attirò a sé per baciarlo, impedendogli di parlare ancora. 
Lo baciò piano, con tutta la calma del mondo prima di cedere e spingerlo contro il muro mordendogli il labbro inferiore, creando un intreccio perfetto. 
«Ti amo», soffiò sulla sua bocca schiusa. «Ti amo Benjamin», ripeté completamente sconvolto da tutto ma soprattutto dalla sicurezza con la quale il moro aveva parlato. 
«Ti amo anche io però non ho capito se vuoi vivere con me oppure...»
«Certo che lo voglio», lo interruppe sorridendo. «Lo voglio eccome amore mio, voglio vivere qui con te», disse più chiaramente e Benjamin sentì gli occhi farsi lucidi. 
«Sono così fortunato ad averti», esclamò nascondendo la testa sulla sua spalla, sfiorandogli la schiena. «Così tanto fortunato». 
«Ehi, guardami», lo invitò sollevandogli il mento con due dita. «So che avrai bisogno di tempo per riuscire a credere a quello che sto per dirti ma sei la cosa più bella che ho Benjamin, sei proprio la cosa più bella che ho mai avuto nella vita», disse accarezzandogli la guancia con la mano libera sentendolo tremare sotto il suo tocco. 
Si allontanò e corse a sporcarsi le dita con qualche colore, poi lo raggiunse di nuovo e si inginocchiò alzandogli la maglietta quanto bastava per scoprire una porzione di pelle su cui scrivere. 
«Voglio risponderti per bene e voglio farlo così», spiegò prima di appoggiare i polpastrelli sul suo addome. «Ecco fatto», esclamò soddisfatto dopo qualche minuto e gli regalò uno dei suoi sorrisi migliori. 
«Resto qui per sempre», lesse Benjamin e con qualche difficoltà riuscì a leggere anche l'altra frase scritta in stampatello. «Questa è la nostra abitazione ma tu sei casa mia*».

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*Purtroppo in italiano non rende ma ci tenevo tantissimo a scrivere questa frase visto che nella storia Benjamin e Federico comunicano in inglese. Non voglio fare la lezioncina ma mi riferisco al fatto che in inglese “home” e “house” si usano per indicare la stessa parola, “casa” ma con due significati completamente diversi ed era quello che volevo che Federico dicesse a Benjamin. La frase che infatti gli scrive, in inglese, sarebbe “This is our house but you’re my home”. 

As free as the ocean | FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora