Rebirthing

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Let's get lost at sea,
where they will never find us.
Got stars at night to guide us,
lost at sea.
[Lost at sea; Zedd]

Benjamin sentì il freddo del bicchiere colmo d'alcol a contatto con le sue dita e annegò lo sguardo nel liquido trasparente, precipitandovi dentro come se fosse un precipizio in cui lasciarsi cadere, fino in fondo.
Voleva berlo per sciogliere tutti i nodi nel petto e sentire i nervi distendersi, voleva buttarlo giù tutto d'un sorso fino a sentir bruciare la gola e le labbra, fino a sentir la testa vorticare come aveva fatto troppe volte, con un gesto meccanico e ormai collaudato.
Lo fissò a lungo, alternando gli occhi tra il cocktail e la sua immagine allo specchio, quella di un ragazzo con lo sguardo assente e il volto teso, l'espressione di chi sa che si sta buttando via per l'ennesima volta.
Un'immagine che non voleva più associare a se stesso; forse fu quel pensiero a fargli lasciare la presa sul bicchiere, o forse fu un cambiamento interiore che ancora non aveva razionalizzato ma quel giorno Benjamin non cedette alla tentazione di ubriacarsi, la allontanò e si allontanò dal bancone come scottato, lasciando velocemente una banconota al barista prima di sgattaiolare in fretta fuori da quel posto che per un attimo aveva rischiato di essere teatro della sua ricaduta.
Si appoggiò al muro e un senso di nausea gli strinse lo stomaco in una morsa, facendolo sussultare quando una vibrazione proveniente dalla tasca dei suoi skinny neri segnalò l'arrivo di un messaggio.
In un primo momento decise di ignorarlo ma poi avvertì la necessità di controllare chi fosse e lo sguardo diventò lucido quando lesse il nome di Federico.
"Amore com'è andata a lavoro? Non ti sei più fatto sentire... mi manchi già!"
Senza pensarci troppo lo chiamò mentre si incamminava verso la scogliera, aveva bisogno di calmarsi guardando il mare e riflettendo capì che l'oceano al tramonto lo avrebbe tranquillizzato.
«Scusa se sono sparito nel nulla», disse appena udì la voce del biondo.
«Non preoccuparti Ben, eri a lavoro... lo capisco», rispose tranquillo. «Come stai amore?».
«Io... non molto bene», ammise ricacciando indietro le lacrime. «Stavo... stavo per fare una cazzata Federico ma mi sono fermato in tempo», aggiunse e lo sentì sospirare, percepì la sua preoccupazione e gli dispiacque ma non voleva mentirgli fingendo che quella giornata fosse stata serena.
«Cosa è successo?», domandò cauto, temendo la risposta mentre il suo battito accelerava.
«Ho ordinato un drink... avevo voglia e bisogno di bere, volevo spegnere i miei pensieri ma alla fine non ho bevuto nemmeno un sorso, sono uscito dal bar e adesso sto andando alla scogliera», rispose sospirando. «Ti ho deluso, vero?», aggiunse mentre i dubbi che gli aveva instillato Scott iniziavano a sbocciare.
«No amore, non mi hai deluso... sono solo preoccupato, perché non vieni da me? Stiamo un po' insieme e mi racconti perché volevi ubriacarti», lo tranquillizzò comprensivo, nonostante fosse realmente allarmato.
«Tutti pensano che tra noi non possa andare bene per colpa mia, perché combino sempre qualche casino», si lasciò sfuggire camminando tra la gente, distratto e pensieroso.
«Che cosa dici Ben?! Non è così... chi ti ha detto questa cazzata?»
«Scott e Brad, ma so che lo pensano anche gli altri... nessuno ha fiducia in me, nel fatto che io possa cambiare e farti stare bene, credono che finirò per rovinare ogni cosa come faccio sempre», disse confuso, sapeva che il suo migliore amico non lo pensava ma non era pienamente lucido.
«Amore non credo che i tuoi amici pensino questo e non lo penso nemmeno io», lo rassicurò chiedendosi se fosse giusto uscire di casa e raggiungerlo. «Scott non sa di cosa parla, lui non devi ascoltarlo!».
«Abbiamo litigato oggi... gli ho dato uno schiaffo», raccontò con tono piatto. «Lui ha detto cose che non doveva dire su te e su Aiden... non sono riuscito a controllarmi, non volevo fargli male ma ho agito d'impulso e poi tutto è degenerato, mi sono ricordato del nostro passato e quando se n'è andato ho chiamato Brad perché avevo soltanto voglia di bere», continuò agitandosi. «Appena gliel'ho detto lui ha pensato che fosse successo qualcosa con te e mi sono arrabbiato, poi abbiamo parlato un po' e sapevo di doverlo ascoltare ma non l'ho fatto, non ci sono riuscito e mi sono ritrovato seduto al bar, con un bicchiere pieno di alcool tra le mani».
«Dove sei ora?», domandò intercettando un cambiamento nella sua voce.
«Quasi alla scogliera», rispose sentendo il respiro affannarsi.
«Siediti sul muretto e respira amore, va tutto bene ok?»
«Non... non credo che vada tutto bene, mi gira la testa», rispose ascoltando il consiglio di Federico.
Si sedette e cercò di ricordare un momento felice; la sua mente volò al primo vero bacio con il biondo, al calore che aveva provato al centro del petto e alla sensazione di essersi sentito a casa tra le sue braccia.
«Benjamin sei ancora lì?»
«S-sì... va meglio ora, scusa se ti ho fatto preoccupare», rispose calmo, osservando l'oceano. «Vorrei correre da te e abbracciarti ma sento il bisogno di stare da solo... voglio guardare il mare e poi tornare a casa a stare un po' con i miei pensieri, a cercare di trovare un senso a questa giornata».
Federico non era affatto tranquillo, voleva fidarsi di Benjamin ma ciò che era accaduto nei mesi precedenti gli rendeva difficile evitare di pensare al peggio.
«Va bene ma chiamami se hai bisogno di me, promettimelo amore... promettimi che non ti farai del male», rispose senza preoccuparsi di sembrare esagerato. «Voglio lasciarti i tuoi spazi ma non sparire, scrivimi quando torni a casa, d'accordo?».
«Te lo prometto», rispose serio. Non era certo di poter fare quella promessa ma la fece, il pensiero di deludere Federico e di vedere di nuovo la paura nei suoi occhi lo convinse a pronunciare quelle parole. «Ma tu promettimi di non preoccuparti per me».
«Non posso farlo Benjamin e lo sai», disse e il moro sentì gli occhi farsi lucidi, Federico non era lì eppure lo sentiva vicino più che mai.
«Sono arrivato alla scogliera... rimango qui solo per un po', ti scrivo appena torno a casa», replicò e chiuse la chiamata, prima di chiudere anche gli occhi e ascoltare il suo rumore preferito.
Rimase lì, fermo, a godersi lo sciabordio delle onde e il vento tra i capelli mentre il sole si ricongiungeva all'orizzonte regalando sfumature rossastre al cielo terso.
Come aveva previsto, bastò quello spettacolo naturale a rimettere a posto le sue sensazioni senza nome e decise di scendere sulla spiaggia seguendo il sentiero ripido e scosceso che aveva percorso innumerevoli volte.
La sabbia fine scricchiolava sotto le sue scarpe, il bagnasciuga era pieno di conchiglie minuscole che riflettevano i colori del tramonto e prima ancora di poterlo realizzare, sentì l'acqua sbattere prepotente contro le sue caviglie e poi le sue braccia nuotare controcorrente, una bracciata dopo l'altra.
Tuffarsi era stato spontaneo come socchiudere gli occhi per ripararsi dal sole, era completamente da solo in mezzo a quell'enorme distesa blu e si sentiva invincibile, libero, sereno.
Ogni preoccupazione sembrava essersi dissolta come fumo nell'aria, pianse di gioia e stupore, di tristezza e insicurezza, ma era felice e grato per essere finalmente tornato a fare qualcosa che lo faceva stare bene.
Uscì soltanto quando diventò buio, aveva freddo ma non se ne preoccupò e indossò i vestiti in fretta, accelerando il passo per tornare a casa e scaldarsi con una doccia rigenerante.
"Ho fatto il bagno nell'oceano... ti chiamo dopo, sono a casa e mi fa strano non averti qui. Mi manchi", scrisse e inviò senza esitare, aggiungendo un cuore alla fine del messaggio.
Il getto caldo fece rilassare i suoi muscoli e i suoi nervi tesi, lasciò che l'acqua lavasse via ogni traccia negativa di quella giornata e improvvisamente un'idea si insinuò tra le sue sinapsi guidandolo prima in camera per indossare una vecchia tuta e poi in giardino, nel piccolo ripostiglio pieno di oggetti che non usava da tempo.
Sospirò piano e fece scattare la serratura, sentendo il cuore saltare un batto quando osservò la sua tavola da surf, impolverata e inutilizzata da troppi anni.
Era chiusa lì dentro, insieme a quella di Aiden, da quando si era trasferito nella nuova casa ed era stato Bradley a portarle via dalla villetta dei suoi genitori, assecondando la sua richiesta.
Benjamin gliel'aveva chiesto senza pensarci e si chiese perché non avesse mai voluto aprire quella porta prima di quel momento, rispondendosi che era troppo presto per scontrarsi con quei ricordi.
Entrò oltrepassando la soglia e sfiorò con il dito la sua tavola mentre lacrime leggere scendevano lungo le sue guance senza che se ne accorgesse; rivedere l'oggetto che aveva reso la sua vita incredibile gli fece uno strano effetto ma fu ancora peggio quando la spostò e vide quella di Aiden.
Sapeva che qualcuno l'aveva portata via dalla spiaggia lasciandola a casa dei suoi genitori ma per un attimo desiderò spezzarla in due, rompere in mille pezzi l'arma che aveva strappato via la vita di suo fratello, ma non lo fece.
La prese tra le mani spostandola contro la parete e appoggiarsi ad essa fu spontaneo e rigenerante, gli sembrava di sentire le braccia di Aiden stringerlo forte, il suo profumo ad accarezzargli le narici, la sua voce nelle orecchie.
La osservò meglio e non notò nulla di strano, capì che ricostruire la dinamica dell'incidente sarebbe stato impossibile ma a colpirlo fu una scritta che non aveva mai visto.
"Bibi", incisa in corsivo sul retro, troppo piccola per notarla senza osservare il surf da vicino.
Benjamin la sfiorò con le dita tremanti e sorrise senza accorgersene, chiedendosi quando il fratello avesse fatto incidere il suo soprannome sulla tavola.
Lui aveva compiuto lo stesso gesto anni prima, appena aveva comprato quello che definiva il suo nuovo gioiellino; il nome di Aiden troneggiava sul lato sinistro, scritto in blu con una calligrafia semplice e ordinata.
«Rachel?», disse piano, quando l'amica rispose alla chiamata fatta partire all'improvviso, senza nemmeno guardare l'ora.
«Ciao Ben! Va tutto bene?», chiese lei preoccupata, osservando l'orologio che segnava quasi mezzanotte.
«Sì, io... sto bene, credo», rispose esitante, senza riuscire a capire come effettivamente si sentisse. «Tu... tu lo sapevi che Aiden aveva fatto incidere il mio nome sotto la tavola?», chiese curioso e la sentì sospirare.
«Sì, lo sapevo... ero con lui, siamo andati insieme a farlo scrivere», confessò abbassando il tono di voce. «Mi ha pregato di accompagnarlo, diceva che aveva bisogno di un consiglio da ragazza, sai che adorava dire così per giustificare la sua indecisione», aggiunse mentre un sorriso amaro compariva sul suo volto.
«Lo so», confermò annuendo anche se la ragazza non poteva vederlo.
Rilasciò un sospiro e seguì con il dito il profilo di ogni lettera.
«Quando l'ha fatto incidere?», chiese curioso.
«Era il giorno successivo alla sua prima vera gara... tu avevi da poco vinto un'altra medaglia», disse e Benjamin capì subito a quale periodo si stesse riferendo. «Ti stimava tanto Ben... ogni volta che ti guardava dagli spalti era sempre più orgoglioso di te, gli brillavano gli occhi mentre ti applaudiva e quando qualcuno ti faceva complimenti parlando con lui».
Il moro sentì qualcosa spezzarsi e ricomporsi dentro di sé, come se qualcuno avesse rotto un vaso di porcellana solo per ricostruirlo minuziosamente.
«Il mio nome sulla tavola non è stato di buon auspicio...»
«Benjamin, cosa stai dicendo?», lo bloccò subito, fermando qualsiasi pensiero assurdo stesse attraversando la sua mente. «Gli incidenti succedono ogni giorno... so che vorresti sapere cos'è successo davvero, so che vorresti delle risposte ma a cosa servirebbero? Aiden non tornerà, non ha senso struggerti per cercare di comprendere cosa sia andato storto, non ha senso darti la colpa solo perché ti serve qualcuno da odiare», aggiunse consapevole di essere stata forse troppo diretta.
Benjamin incassò il colpo, sapeva che Rachel aveva ragione e apprezzò le sue parole dure ma giuste, ne aveva bisogno anche se non ne era pienamente cosciente.
«Vado a dormire», disse senza risponderle, non poteva farlo in quel momento. «Buonanotte tesoro e scusa se ti ho chiamato a quest'ora, sapevo di poter contare su di te».
«Ci sono sempre Ben, lo sai», rispose trattenendo uno sbadiglio. «Ti voglio bene, domattina mandami un messaggio... e rifletti su ciò che ti ho detto», si raccomandò prima di premere il tasto rosso e chiudere la comunicazione, lasciando il moro da solo nel ripostiglio con i suoi pensieri, in compagnia delle due tavole da surf che non facevano altro che ricordargli il passato al quale aveva detto addio.

As free as the ocean | FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora