«Amore quale camicia metto?», chiese il biondo raggiungendolo in bagno.
Benjamin era intento a farsi la barba e si sciacquò il viso prima di guardare il fidanzato attraverso lo specchio.
«Quella bianca, ti fa risaltare gli occhi e sta bene con la tua abbronzatura», rispose strizzandogli l’occhiolino. «Metti i pantaloni blu, quelli che ti lasciano le caviglie scoperte», lo invitò poi e Federico si morse il labbro.
«E perché proprio quelli? Volevo mettere i jeans neri!», disse ingenuo.
«Stronzetto!», esclamò roteando gli occhi. «Sai benissimo che mi piace come ti stanno».
«Mh, sì Ben… lo so ma sai che puoi essere molto più preciso?», lo provocò avvicinandosi per abbracciarlo da dietro e mordergli il collo.
«E va bene, ti fanno un sedere da urlo quei pantaloni!», ammise arrossendo. «Sono stato abbastanza preciso?», chiese retorico.
«Decisamente sì», confermò ridendo. «Metterò quelli, mi hai convinto!», aggiunse prima di tornare in camera e finire di prepararsi per la cena con i genitori di Benjamin.
Il moro gli aveva raccontato i dettagli del pomeriggio in cui li aveva rivisti, avevano parlato a lungo davanti ad un tramonto osservato dal giardino ed erano passati solo pochi giorni da quel momento ma entrambi erano piuttosto rilassati nonostante una leggera agitazione.
«Ti sta proprio bene questo ciuffo!», esclamò il biondo quando lo vide uscire dal bagno. «Ora ancora di più», specificò scompigliandolo.
«Dai Federico, ci avevo messo cinque minuti per sistemarlo!», si lamentò sbuffando.
«Sei carino quando sbuffi così, come se fossi un bimbo di tre anni», lo prese in giro.
«Tu invece non sei per niente carino quando fai il dispettoso», rispose frugando nell’armadio alla ricerca di qualcosa da indossare.
«Ma smettila, io sono sempre carino», si vantò sistemandosi il colletto della camicia.
«E anche modesto!», ribatté Benjamin ridendo. «Se proprio vogliamo essere sinceri sei molto più di carino, sei proprio bellissimo».
«Ora sì che si ragiona!», scherzò e lo colse alla sprovvista agitandogli una polo blu davanti al viso. «Metti questa amore», propose anche se sapeva che lo avrebbe convinto con facilità. Spesso si divertivano a creare uno gli outfit dell’altro, soprattutto per le occasioni più importanti.
«Agli ordini», rispose afferrandola. «Metto i jeans bianchi, quelli con gli strappi sulle cosce», lo informò tranquillo, sapendo quanto al biondo piacessero.
«Così però non vale, quei pantaloni non lasciano spazio alla fantasia! Sono strettissimi!», gli ricordò bloccandolo tra l’anta e il proprio corpo. «E non posso saltarti addosso a casa dei tuoi», aggiunse sfiorandogli l’addome contratto.
«A casa dei miei no ma a casa nostra sì», disse e vide Federico arrestare ogni movimento mentre gli occhi azzurri sembravano illuminati da una luce nuova.
«Hai… hai appena detto casa nostra», sussurrò posandogli una mano sul collo per accarezzargli la guancia con il pollice. Era piacevolmente stupito da quell’affermazione inaspettata; aveva portato molti oggetti personali e vestiti a casa di Benjamin e il moro aveva fatto lo stesso. La loro non era una vera e propria convivenza ma dormivano insieme quasi tutte le sere, o dall’uno o dall’altro, e ogni weekend.
«Io… sì, non… non me ne sono neanche accorto, cioè...», rispose inciampando nelle sue stesse parole.
«Ti è venuto spontaneo ed è meraviglioso», lo aiutò il biondo prima di rubargli un bacio.
«Sì, è così», confermò arrossendo. «Se penso a questo posto non lo vedo più come casa mia ma come casa nostra… c’è il tuo profumo sulle lenzuola, il pacco dei tuoi biscotti preferiti nella credenza, il tuo pigiama ai piedi del letto, la tua biancheria nel primo cassetto e a me tutto questo piace tantissimo, mi piace sentire che ora queste pareti raccontano una vita, la nostra vita», aggiunse e Federico si emozionò a tal punto da nascondere la testa sulla sua spalla per non fargli vedere quanto fossero lucidi i suoi occhi.
«La nostra vita insieme», sussurrò e gli baciò il collo sfiorandolo con il naso. «Ti amo».
«Anche io amore», rispose e gli accarezzò i capelli giocando con le sue ciocche chiare. «Sono felice di farti conoscere i miei genitori, di farti vedere un’altra parte di me», disse sereno, era consapevole dell’importanza di quel passo ma voleva compierlo.
«Non vedo l’ora di poter fare lo stesso, mia madre sembra essere più curiosa di conoscere te che di rivedere me!», esclamò e Benjamin rise.
«Beh, sono piuttosto interessante in effetti», si vantò inarcando un sopracciglio. «Devo ancora vestirmi, che ore sono? Non voglio far tardi!».
«Siamo in orario Ben, mi hai detto che ci vogliono solo dieci minuti di moto… hai tutto il tempo per finire di prepararti, io vado a sistemarmi i capelli», annunciò e il moro gli prese il polso prima di lasciarlo andare.
«Abbiamo tutto il tempo anche per qualche bacio, fai in fretta biondino», gli disse avvicinandosi al suo orecchio e Federico ammiccò nella sua direzione mordendosi il labbro.
«Puoi giurarci bellezza», disse e sparì oltre la porta, tornando dal fidanzato qualche minuto dopo. Trovò Benjamin intento a fissare la sua immagine nello specchio, con lo sguardo assente, così sbatté le mani e lo fece spaventare.
«Cazzo amore ma sei cretino?», strillò portandosi una mano sul petto. «Mi hai fatto prendere un colpo, sei completamente pazzo!».
«Non sono cretino, sono Federico», affermò con nonchalance e lo vide roteare gli occhi.
«Non puoi averlo detto sul serio, mi rifiuto di crederlo», rispose ridendo, portandosi una mano sulla fronte.
«Invece l’ho fatto», si vantò e si guardarono, ricominciando a ridere spensierati.
Entrambi amavano quei loro momenti fatti di risate e battibecchi, momenti che si concludevano sempre con un bacio e un sorriso nel cuore.
Quella volta fu Benjamin ad avvicinarsi e prendergli il viso tra le mani, cercando le sue labbra morbide per incastrarle con le proprie.
«Sei un po’ cretino ma ti amo perché mi fai ridere sempre», disse ad un millimetro dalla sua bocca. «Avrei dovuto immaginarlo, sei riuscito a farmi ridere quando credevo di non esserne più capace, quando ridere era l’ultima cosa che volevo fare», aggiunse serio e grato per l’arcobaleno che il biondo aveva fatto sorgere nel suo cielo grigio.
«Farei qualsiasi cosa pur di vederti ridere», rispose e lo baciò di nuovo, fino a far gonfiare le sue labbra. «Andiamo dai, sennò perdo l’autocontrollo e va a finire malissimo amore», lo provocò dandogli una pacca sul sedere.
«Benissimo vorrai dire», ammiccò strizzandogli l’occhiolino.
«Beh sì ma non credo sia carino arrivare in ritardo la prima volta che conosco i tuoi genitori, soprattutto dopo qualche follia tra le lenzuola e il sapore dei tuoi baci ancora addosso», rispose e il moro dovette dargli ragione.
Salì in moto e sorrise come la prima volta quando Federico si strinse a lui; partì e si sentì leggero come una nuvola di fumo nel guidare con calma tra le vie illuminate della baia, senza provare mai la voglia di spingere l’acceleratore oltre il limite.
«Amore dammi un bacio prima di entrare», chiese il biondo per tranquillizzarsi.
Era stato sereno fino a quel momento ma quando Benjamin aprì il cancello per incamminarsi lungo il vialetto sentì l’ansia aumentare e sapeva che sarebbero bastate le labbra del fidanzato tra le sue per farla svanire.
«Andrà tutto bene Fede», lo calmò prima di baciarlo e incastrare le dita con le sue, percorrendo i pochi passi che li separavano dall’ingresso.
«Ciao tesoro», salutò Chloe aprendo la porta. «Ciao Federico, è un piacere conoscerti», aggiunse porgendogli affettuosamente la mano.
«Buonasera signora», disse imbarazzato come lo era stato poche volte. «Il piacere è mio».
«Non so cosa mio figlio ti abbia detto di me ma non sono affatto vecchia, puoi darmi del tu e chiamarmi Chloe», rispose ironica per metterlo a suo agio. «Entrate», li invitò spostandosi per farli passare.
«Papà, ecco Federico… il mio fidanzato», annunciò il moro.
«Piacere, Riley», si presentò l’uomo.
«Salve», rispose cauto.
«Oh, andiamo… puoi chiamarmi per nome ed evitare le formalità», lo informò cordialmente dandogli una pacca sulla spalla.
«Va… va bene», acconsentì guardando entrambi e notò quanto fosse forte la loro somiglianza con Benjamin e Aiden.
Gli occhi di quel colore particolare erano decisamente un dono di famiglia ma quelli del moro erano unici e Federico li cercò con lo sguardo, annegandovi dentro.
«Sediamoci un po’ in giardino, la cena sta finendo di cuocere in forno», propose Chloe guidandoli all’esterno, invitandoli a prendere posto sul dondolo mentre lei e il marito si accomodavano sulle poltrone.
«Straniero, raccontaci qualcosa di te!», lo invitò Riley scherzoso e Federico apprezzò il suo modo di fare, così sopra le righe ma decisamente accogliente.
«Vivo a Byron Bay da quasi sei mesi e sono venuto qui per ristrutturare un vecchio albergo che apparteneva alla famiglia di mia nonna. Lei aveva origini australiane e mi ha trasmesso l’amore per questa terra che mi sta piacendo ogni giorno di più anche se ogni tanto mi manca l’Italia perché è comunque il posto in cui sono nato e cresciuto», iniziò a dire, un po’ in difficoltà. «Ho ventidue anni e sono laureato in scienze del turismo, mi piacerebbe gestire il mio hotel e vederlo pieno di turisti, amo stare a contatto con persone di ogni nazionalità».
«Io e te abbiamo una cosa in comune», intervenne Chloe. «Non so se Ben te l’ha detto ma lavoro come receptionist in un resort e amo il mio lavoro proprio perché mi permette di conoscere tanti viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo», spiegò e il biondo annuì.
«Sì, me l’aveva detto… credo sia proprio bello potersi interfacciare con tante realtà diverse e allargare sempre i propri orizzonti!», commentò. «In Italia lavoravo in un’agenzia viaggi e mi piaceva perché ho sempre amato progettare itinerari perdendomi ad osservare i vari cataloghi e siti web ma tutti i clienti erano italiani e non avevo un gran contatto con loro se non per presentare preventivi e offerte», aggiunse e la donna gli sorrise.
«Mi sembri un ragazzo molto ambizioso, è una bellissima qualità», gli disse e Federico arrossì, senza sapere bene cosa rispondere.
«Grazie», si limitò a dire e sentì le dita di Benjamin sfiorargli impercettibilmente la base della schiena. «È molto grande il resort in cui lavori?», chiese curioso.
«Sì, è uno dei più frequentati perché si trova a due passi dalla costa e offre una vista incredibile», rispose. «Come procede la ristrutturazione del tuo hotel?».
«Bene, ci sono stati un po’ di rallentamenti con gli impianti nuovi e la posa dei pavimenti ma Dylan ha fatto un lavoro straordinario e tra qualche giorno verranno gli imbianchini per imbiancare le stanze, volevamo farlo io e Benjamin ma abbiamo deciso di affidarci a dei professionisti», spiegò e d’istinto posò una mano sul ginocchio del moro.
«Ovviamente quando sarà finito ci piacerebbe venire a vederlo», commentò la donna, già affezionata a quel ragazzo che aveva reso felice il figlio.
«Certo!», esclamò sorridendo. «Farò sicuramente un’inaugurazione alla quale sarete invitati», aggiunse e guardò il fidanzato notando quanto fosse a suo agio.
Il timer del forno suonò interrompendo, momentaneamente, la loro chiacchierata che si spostò all’interno quando presero posto intorno al tavolo.
«Come vi siete conosciuti?», chiese Riley porgendo al biondo il cestino del pane.
«Niente di romantico, spero di non deludere le vostre aspettative», scherzò Federico. «Ero sudato e stremato dopo una corsa di non so quanti chilometri ed ero anche dolorante per una contrattura quando Benjamin è apparso praticamente dal nulla mostrandomi le sue doti da fisioterapista», raccontò e sentì la mano del moro posarsi sul ginocchio.
La raggiunse con la propria e la strinse forte, rivolgendogli un sorriso che non sfuggì a Chloe e Riley.
«Mi ha rimesso a nuovo e da quel giorno abbiamo iniziato a vederci sempre più spesso ma ho dovuto aspettare mesi per riuscire ad invitarlo ad un vero appuntamento, è successo solo qualche settimana fa a Sydney», continuò a raccontare e Benjamin gli diede una gomitata.
«Ehi!», si lamentò arrossendo. «Così mi fai sembrare un...»
«Un cosa?», lo interruppe. «Un ragazzo che mi ha fatto penare tantissimo? Lo sei amore!», gli ricordò ridacchiando.
«Mamma difendimi!», la implorò con tono teatrale.
«Tesoro mi dispiace ma so quanto puoi essere testardo e scommetto che hai dato a Federico del filo da torcere ma ora mi sembrate piuttosto affiatati ed è questo che conta», rispose Chloe e Benjamin roteò gli occhi.
«Lo conosci da mezz’ora e già difendi il mio fidanzato invece di difendere me?», scherzò e Riley rise scuotendo la testa, felice di vedere il figlio così sereno.
«Non fare l’offeso dai», lo punzecchiò Federico trattenendosi dal baciare il suo finto broncio.
«E va bene», si arrese. «Lo ammetto, dovrebbero dargli un premio per il modo in cui si è comportato con me e per tutta la pazienza che ha avuto», precisò e il biondo sorrise compiaciuto, senza ben capire come fosse nato quel battibecco divertente.
«Complimenti per la tenacia», affermò Riley rivolto a Federico.
«Diciamo che non mi arrendo facilmente!», rispose e guardò Benjamin mostrando tutto l’amore che provava per lui. «E poi devo ammettere che a suo modo mi ha sempre dimostrato tanto, persino quando non voleva», aggiunse e il moro arrossì prima di abbassare lo sguardo a fissare ciò che aveva nel piatto.
Chloe sentì il cuore riempirsi di gioia nel vedere quanto suo figlio fosse tranquillo e quanto splendesse accanto a Federico, non le era servito molto per comprendere che li univa qualcosa di grande e inspiegabile a parole.
Ogni tentativo di spiegarlo sarebbe stato troppo riduttivo.
«Voi come vi siete conosciuti?», chiese il biondo curioso. «Se non sono troppo indiscreto», precisò imbarazzato mentre Riley e Chloe si guardarono per decidere chi dovesse rispondere.
«A scuola», disse il padre di Benjamin. «Eravamo nella stessa classe e abbiamo legato fin dal primo giorno… Chloe era la mia compagna di banco», raccontò e la guardò per invitarla a continuare.
«Eravamo amici e abitavamo abbastanza vicini quindi facevamo sempre la strada insieme e con il passare dei mesi e degli anni sono arrivate le prime battutine da parte dei nostri compagni ma entrambi negavamo che ci fosse di più», disse e sorrise facendo incuriosire il biondo. «Il fatto è che ci credevamo davvero quando dicevamo di essere solo amici, per noi era normale trascorrere tutte quelle ore a chiacchierare, erano normali gli abbracci e le passeggiate sul lungomare, io non avevo mai pensato a Riley in quel senso ed ero certa che per lui fosse lo stesso».
«Ne era certa perché non si era accorta che non guardavo nessuna come guardavo lei e non aveva capito che cercavo di farla ingelosire per avere una qualche reazione da parte sua, era un po’ ingenua», intervenne l’uomo e Benjamin rise nonostante avesse sentito quella storia tantissime volte.
«Se tu fossi stato un po’ più chiaro!», lo rimproverò scherzosa. «Poi è successo che siamo andati a Brisbane per una piccola gita ed eravamo rimasti un po’ indietro rispetto ai nostri compagni, io sono sempre stata curiosa e mi guardavo intorno estasiata così Riley aveva rallentato per starmi vicino e ad un certo punto mi ha preso la mano, io non me l’aspettavo perché non l’aveva mai fatto prima e ci siamo guardati a lungo, finché mi ha confessato di essere innamorato di me da diverso tempo».
«Tre anni per la precisione», specificò il marito. «E sai cosa mi ha detto lei, con tutta la nonchalance del mondo?», chiese retorico guardando Federico. «Mi ha chiesto cosa stessi aspettando per darle un bacio».
«Wow!», esclamò il biondo ridendo. «Quindi anche tu avevi capito di essere innamorata di lui?», domandò a Chloe.
«Ci ho messo un po’ a capirlo ma quando mi ha preso la mano ho desiderato che non la lasciasse mai più», rispose emozionata. «E in effetti non l’ha fatto, stiamo insieme da quasi venticinque anni», precisò e Federico si commosse nel notare quanto fossero uniti e innamorati dopo tutto quel tempo.
«Fede è un romanticone, sapevo che avrebbe amato questa storia», affermò Benjamin allungando il braccio per sfiorargli la guancia.
«Tu non sei da meno, fai solo finta di non esserlo!», si difese.
Chloe rise e guardò il figlio scrollando le spalle.
«Anche questa volta devo dar ragione a Federico», disse seria prima di versare l’acqua nei bicchieri vuoti. «Sei bravo ad indossare maschere e proteggerti da tutto, tesoro, ma chi ti ama davvero sa leggere i tuoi occhi e quelli non mentono mai», aggiunse e istintivamente il biondo cercò la sua mano sotto il tavolo, facendo incastrare le loro dita.
Benjamin lo guardò e desiderò baciarlo prima di dirgli che lui i suoi occhi aveva saputo decifrarli fin dall’inizio e avrebbe voluto che continuasse a farlo per sempre.
«Riley vieni ad aiutarmi in cucina», disse Chloe dopo aver sparecchiato e il marito la seguì oltre la porta, capendo subito il motivo di quella richiesta.
Bastò un attimo e le labbra del moro incontrarono quelle dell’altro in un bacio leggero e colmo d’amore.
«Ti amo», sussurrò Federico sfiorandogli il naso.
«Anch’io ti amo stronzetto», rispose e rise felice, sentendosi incredibilmente bene.
Si era allontanato da quella casa perché piena di ricordi e dolore, perché si sentiva soffocare dall’assenza di Aiden che riempiva ogni angolo e credeva che non sarebbe stato possibile sentirsi tranquillo tra quelle mura eppure lo era, era lì insieme a Federico e si sentiva felice.
«I tuoi genitori sono persone bellissime», disse e gli sorrise. «Mi hanno fatto sentire a mio agio fin da subito, come se ci conoscessimo da sempre».
«Ero calmo proprio per questo, sapevo che ti avrebbero messo a tuo agio e che ti avrebbero adorato ma questo non mi stupisce, è impossibile non adorarti», rispose e giocò con le sue dita strette tra le proprie. «Sto davvero bene stasera, qui con te e la mia famiglia… non lo credevo possibile, mi sembrava assurdo anche solo pensarla una cosa del genere».
«Vederti stare bene è un regalo incredibile, splendi più del sole amore», disse e gli sorrise osservando le sue guance arrossarsi.
«Immaginavo che tu avessi già assaggiato i lamington quindi ho fatto un altro dolce tipico», annunciò Chloe interrompendo il loro momento di dolcezza. «La Pavlova*», specificò posando il vassoio al centro del tavolo.
«Ma è stupenda!», esclamò sbalordito.
Sembrava una di quelle torte da riviste di dolci, era curioso di assaggiarla perché ne aveva sempre sentito parlare ma non aveva mai avuto occasione di farlo.
«La pavlova di mia madre è l’ottava meraviglia del mondo», lo avvisò Benjamin.
«Ne ho fatta un’altra così la portate a casa», li informò lei ed entrambi la ringraziarono.
«Mh, è veramente qualcosa di incredibile», affermò il biondo dopo la prima forchettata. «Non ho mai mangiato una meringa così buona!».
«Tesoro non gli hai mai fatto assaggiare le tue meringhe?», chiese al figlio.
«No, non c’è mai stata occasione… ho cucinato spesso ma mai i dolci in effetti, lui invece mi ha fatto assaggiare il tiramisù e una torta che non ricordo come si chiama, mi insegna a parlare in italiano ma è troppo complicato», rispose e Federico rise.
«Non è complicato, sei tu che non ti applichi amore», disse finendo di mangiare il dolce. «Era la pastiera, un dolce tipico di Napoli», spiegò ai genitori del moro.
«Ci sarà occasione di farcela assaggiare», affermò Riley strizzandogli l’occhiolino.
«Senz’altro!», confermò. «Mi farebbe piacere cucinare per voi i piatti tipici del mio paese, non sono bravissimo ma me la cavo».
«Sta mentendo», intervenne Benjamin. «Si sminuisce da solo, è bravissimo ai fornelli e ci alterniamo sempre quando cuciniamo, ci divertiamo un sacco!», esclamò e Chloe sgranò gli occhi, lo sguardo emozionato e felice.
«Vivete insieme?», chiese incredula cercando gli occhi del marito.
«No, noi...», rispose e si bloccò deglutendo a fatica. «Non viviamo insieme, non ufficialmente ma è come se lo facessimo perché stiamo sempre a casa mia o a casa sua, non… non voglio più stare senza Federico», aggiunse e il biondo gli circondò le spalle con un braccio per attirarlo a sé e posargli un bacio sulla tempia.
«A volte non è necessario dare una definizione alle cose», disse la donna sorridendo, ancora scossa perché sapeva che negli ultimi anni Benjamin si era rinchiuso nella solitudine, escludendo chiunque.
Aveva allontanato tutti e si era creato la sua routine ma l’amore gli aveva ridato il sorriso e la gioia di vivere, e Chloe sapeva quanto per il figlio fosse difficile affrontare i cambiamenti e fidarsi degli altri ma si era accorta di come guardava Federico, di come si era fidato di lui e affidato a lui.
«Ho sempre detto a Fede di voler andare piano in qualunque cosa ci fosse tra di noi e lo stiamo facendo, stiamo andando piano ma facciamo sul serio perché sappiamo che quello che ci unisce è davvero importante», disse e Riley si sentì pienamente orgoglioso del figlio, di come era maturato e cresciuto nonostante tutto il dolore che si era portato addosso.
«L’amore è sempre un regalo meraviglioso», affermò Chloe e si avvicinò per abbracciarli.
«Ve lo meritate», sussurrò e Benjamin la strinse forte, emozionandosi per l’intensità di quel momento.
«Faccio vedere a Fede la mia stanza», annunciò quando il padre iniziò a sparecchiare la tavola.
Federico lo seguì lungo il corridoio e si aspettava tutto tranne di ritrovarsi incastrato tra la porta chiusa e il corpo del fidanzato, con la sua lingua impegnata a schiudergli le labbra. Benjamin non aveva aspettato neanche un secondo, aveva bisogno di quel bacio e di sentirlo addosso, senza più distanze.
«Non vedevo l’ora di farlo», confessò soffiando sulla sua bocca schiusa. «Non vedevo l’ora», ripeté tornando a baciarlo con passione, posandogli le mani ai lati del viso per accarezzargli le guance.
«Amore mi fai impazzire quando fai così», ammise il biondo che ancora non si era abituato al modo in cui Benjamin sapeva prendere il controllo.
«Lo so e mi piace», rispose compiaciuto. «Volevo baciarti ma volevo davvero farti vedere la mia… la… la nostra stanza», disse incerto.
Federico era curioso di esplorarla ma non voleva forzarlo in alcun modo quindi aspettò che fosse lui a fargli strada tra quei ricordi, in quella camera che sembrava rispecchiare perfettamente la sua personalità di un tempo.
«Quello era il mio letto», disse indicandolo. «La scrivania invece la condividevamo ma non era un problema perché io avevo sempre gli allenamenti quindi studiavo di sera, mentre Aiden lo faceva di pomeriggio», aggiunse e si avvicinò alla parete sulla quale erano appese le medaglie.
«Sono tutte tue?», domandò Federico osservandole estasiato.
«Sì», rispose timidamente. «Questa è la prima», spiegò sfiorandone una, «e questa invece è l’ultima», disse prendendone tra le dita un’altra.
«Sono tantissime amore», si complimentò cercando i suoi occhi lucidi.
«Guarda… questa me l’ha scattata mio fratello il giorno della mia prima vera gara. Ci sapeva fare con le fotografie», disse prendendo una cornice che conteneva uno dei suoi scatti preferiti. Riguardarlo con il biondo accanto gli fece uno strano effetto.
«Quanti anni avevi?», chiese osservando i suoi lineamenti poco marcati e la sua espressione soddisfatta, felice, serena.
Era la stessa in ogni fotografia appesa nella stanza e Federico si emozionò nel vedere quella parte della sua vita che non conosceva, si emozionò nel sentirsi parte di quel passato che aveva reso il suo fidanzato la persona che aveva accanto. Un passato non facile ma pieno di significato che sembrava sentire sulla propria pelle, perché lì dentro si respirava ancora la presenza costante di Aiden.
«Quindici», rispose sicuro, ricordava ogni competizione perché il surf era tutto il suo mondo.
«Eri belloccio già da piccoletto», scherzò e Benjamin rise.
«Tu sei di parte, non vale», rispose e si appoggiò alla sua spalla. «Puoi guardare tutte le foto che vuoi amore, ti ho portato qui perché volevo mostrarti un po’ di me… questa stanza l’ho odiata per mesi dopo la morte di mio fratello, l’ho odiata perché l’aria era asfissiante, perché in quel letto ci passavo le giornate intere e non mi alzavo se non per andare in bagno, perché qui dentro c’era stata troppa felicità sparita in un soffio ma ora sto meglio e sono pronto a condividere di più se vuoi».
«Va… va bene», disse Federico a bassa voce e iniziò a guardarsi intorno, muovendosi piano come fosse in un negozio di cristalli.
Non si sentiva di troppo ma era comunque molto cauto, la paura di dire o fare qualcosa di sbagliato non si toglieva di dosso.
Guardò qualche polaroid appesa alle pareti, aveva già visto gli album che Benjamin aveva portato a casa ma le foto che aveva davanti erano più vere e spontanee, selfie scattati con il cellulare e momenti indelebili di giornate spensierate e felici.
«Questi sono Aiden e Rachel?», chiese curioso.
«Sì, avevano circa dieci anni», rispose sereno. «Questi invece siamo io e Brad, quando ancora non aveva deciso di farsi crescere i capelli e la barba», disse mostrandogli un altro scatto. «È sempre stato un po’ hippie ma dopo i diciott’anni ancora di più, adoro la sua personalità perché è eccentrica e mai banale».
«Oddio ma che faccia avevi qui amore!», esclamò Federico. «È troppo buffa, vedo che anche da piccolo avevi il vizio di fare il broncio».
«Credo risalga al giorno del battesimo di Aiden», affermò ridacchiando. «Quello che mi tiene in braccio è mio zio, è stato lui a trasmettermi la passione del surf», spiegò.
«Eri troppo carino, che faccino dolcissimo!», rispose e Benjamin rise imbarazzato.
«Dai amore mi imbarazzi se fai così», affermò nascondendosi sulla sua spalla.
«Dico solo la verità», rispose incastrando le dita tra i suoi capelli. «È davvero bella questa stanza così personalizzata, avete appeso un sacco di cose… la mia è spoglia, qualche anno fa l’ho rinnovata un po’ e ho tolto molti poster, molti oggetti di quando ero piccolo per renderla più ordinata», aggiunse e Benjamin annuì.
«Mio fratello era fissato con l’ordine, ti dico solo che nei suoi cassetti la biancheria è ordinata per colore… quindi la camera è sempre stata tenuta bene però ad entrambi piaceva che fosse personalizzata. Diciamo che avevamo le stesse passioni ma con gusti diversi, amavamo leggere ma romanzi di generi praticamente opposti infatti se noti la libreria ci sono titoli che cozzano l’uno con l’altro, stessa cosa per i dischi musicali», disse e Federico sorrise attirandolo a sé con un braccio intorno alle spalle.
«Anche io e te abbiamo gusti diversi eppure troviamo sempre un compromesso», gli fece notare lasciandogli un bacio tra i capelli. «Questa stanza racconta di te… le medaglie e le coppe che hai vinto, i tuoi dischi, le foto, i libri di scuola e quelli che hai letto per hobby, i vari oggetti… qui dentro ci sei tu, invece la prima impressione che ho avuto entrando in casa tua era che fosse impersonale, come se lì dentro non ci vivesse nessuno. Era spoglia e sembrava uscita da un catalogo di un negozio di mobili, era spenta e triste come lo eri tu ma adesso non lo è più, l’hai personalizzata nel tempo e ora racconta non solo la tua nuova vita ma anche quella che stiamo costruendo insieme».
«Che bello quello che hai detto», disse e lo spinse a sedere sul letto per accomodarsi sulle sue ginocchia e incastrare le dita tra le sue ciocche chiare, giocandoci come faceva spesso. «Mi piace quando fai il filosofo amore», precisò e Federico rise.
«Non faccio il filosofo, dico quello che penso… e poi sei tu che mi stimoli a dire tutte queste cose, ti assicuro che prima di conoscere te non ero così riflessivo», replicò scrollando le spalle. «Starti vicino mi fa questo effetto», aggiunse guadagnandosi un’occhiata ammiccante.
«A me invece fa questo effetto», sussurrò prima di stringergli il labbro inferiore tra i denti e succhiarlo piano. «E mi fa venire voglia di spingerti su questo letto e baciarti fino a domani mattina, tra queste lenzuola che hanno avuto sempre e solo il mio profumo».
«Allora fallo amore», disse e sussultò quando il moro lo fece, sistemandosi sul suo bacino mentre gli circondava il viso con le mani e insinuava la lingua nella sua bocca.
Si arrese volentieri a quel bacio bagnato e sentì l’atmosfera farsi bollente, il desiderio di amare Benjamin con ogni grammo della sua anima cresceva sempre di più.
«Se fossimo stati a casa nostra avrei già fatto sparire tutti i tuoi vestiti sul pavimento», ammise il moro mentre lo guardava dritto negli occhi. «E se fossimo stati un film, in questo esatto momento sarebbe entrata mia madre ma so che non lo farà», aggiunse ironico.
«Il trucco è chiudere sempre la porta a chiave», affermò il biondo.
«Dimenticavo che tu sei esperto di queste cose», ribatté roteando gli occhi.
«A dire il vero no, non ho mai portato nessuno a casa mia ma ho sempre imprecato contro la tv quando i protagonisti si facevano beccare sul più bello, cioè capisco la foga del momento ma ci vuole un secondo per chiudere la porta a chiave!», disse fingendosi sconcertato.
«Davvero non hai mai portato nessuno a casa tua?», domandò curioso.
«Davvero», confermò sincero. «Guarda che sei tu che ti sei fatto strane idee, non ero mica un sex symbol!», esclamò ridendo.
«Vorresti dirmi che passavi inosservato tra i corridoi della scuola? Non ci credo neanche se lo vedo, con gli occhi che ti ritrovi hai sicuramente steso mezza Roma!».
«Quanto sei esagerato, sai quanta gente ha gli occhi azzurri?», replicò imbarazzato. «E poi parli tu? I tuoi sono di un colore così bello che non si può neanche descrivere e ho notato che gli occhi belli sono di famiglia».
«Anche i miei nonni li hanno così, i loro tendono più al verde che all’azzurro ma sono molto molto chiari», spiegò. «E comunque i tuoi non sono azzurri e basta, hanno dei riflessi particolari e sono i più belli che abbia mai visto».
«E guardano così solo e soltanto te», rispose prima di baciarlo, invertendo le posizioni. «Ero serio Ben, non so quali strane idee tu abbia ma non ero il più popolare della scuola e non ho avuto chissà quanti flirt, comunque nulla di serio e soprattutto nulla che possa lontanamente somigliare a quello che ho con te», aggiunse e gli baciò il naso.
«Ti amo occhioni blu», sussurrò e il biondo gli sorrise.
«Occhioni blu? Bel soprannome!», scherzò prima di baciarlo lentamente, facendo incastrare le loro labbra come pezzi di puzzle. «Ti amo anche io, bel nasino!», lo prese in giro.
«Bel nasino?», ripeté ridendo. «Ok sta diventando imbarazzante amore!», aggiunse ed esplosero in una risata che riecheggiò tra le pareti della stanza e probabilmente anche oltre la porta.
«Mi fa male la pancia dal ridere», affermò Federico stendendosi sul letto fingendosi sfinito. «I tuoi genitori là fuori penseranno che siamo matti, ti prego dimmi che le pareti non sono sottili!», esclamò e il moro rise.
«Ti assicuro che per loro non c’è cosa più bella che sentirmi ridere così insieme a te… e poi non abbiamo fatto nulla di male, sarebbe stato un problema se avessimo fatto qualcosa di più compromettente», rispose ammiccando e Federico lo zittì con un bacio.
«Smettila di provocarmi stronzetto», intimò mordendogli il collo, spalmandosi di nuovo sopra di lui. «Smettila o vado a chiudere la porta e questa camera vedrà cose che non ha mai visto».
«Mi piace questa minaccia», disse malizioso incastrando le dita tra i suoi capelli, soffermandosi ad osservare i lineamenti del suo viso. «Rimandiamo tutto a più tardi amore… da me o da te stasera?», chiese.
«Da me perché domani devo incontrare Dylan all’albergo e mi servono delle cose che ho lasciato a casa mia», rispose e si alzò tentando di ricomporsi come meglio poteva.
«Così ti accompagno direttamente io con la moto prima di andare in studio».
«Perspicace Ben», esclamò ridendo. «Sistemati i capelli altrimenti i tuoi pensano male!»
«Pensaci tu biondino visto che è colpa tua se sono così in disordine», lo invitò e Federico gli sorrise assecondando la sua richiesta, sapeva quanto Benjamin amasse quando giocava con le sue ciocche scure.
«Ragazzi volete un caffè?», chiese Chloe quando rientrarono in salotto.
«Io no mamma, se lo prendo adesso non dormo», rispose sorridendole e prendendo posto sul divano, accanto al padre mentre Federico seguiva la donna in cucina. «Papà», disse prendendo un respiro.
«Dimmi Ben», lo invitò curioso.
«Hai ancora la barca vero?», domandò sperando di ricevere una risposta affermativa.
«Certo!», rispose. «Non l’ho più usata, vado solo a metterla in moto ogni tanto per non farla stare ferma troppo tempo ed evitare che si rovini il motore», precisò e lo guardò per capire il motivo di quella richiesta.
«Pensavo di prendere la patente nautica», commentò mostrandosi più incerto di quanto in realtà fosse. «Vorrei guidarla se sei d’accordo, fare qualche gita e portare Federico in mezzo all’oceano come facevi tu con me e Aiden».
Vide gli occhi del padre farsi lucidi, sapeva quanto fosse legato a quei ricordi, ai momenti che trascorreva da solo con i suoi figli a insegnare loro la vita.
«Non dovevi nemmeno chiederlo Ben, certo che puoi guidarla», rispose e gli posò una mano sul ginocchio. «Mi manca andare in barca ma sai che alla mamma non piace molto e tu non c’eri quindi ho semplicemente smesso, sarei felice se la guidassi».
Benjamin lo abbracciò d’istinto racchiudendo in quel gesto troppe parole non dette e quella fu la scena che accolse Chloe e Federico al loro rientro in salotto. Rimasero tutti in silenzio per preservare l'intensità di quel momento finché la stanza si riempì di chiacchierate che proseguirono fino a tarda notte.
Benjamin sentiva di aver trovato il suo equilibrio e aveva ancora paura di perderlo, sapeva quanto potesse essere labile ma si godette ciò che aveva in quel preciso istante senza pensare al passato o al futuro.
Vide i suoi genitori ridere e scherzare con Federico come se lo conoscessero da anni, vide il fidanzato a suo agio e il modo in cui spesso si girava a guardarlo solo per lanciargli un'occhiata d'intesa. Avrebbe mentito se avesse detto di non sentire la mancanza di Aiden, il suo posto sul divano era vuoto e pesava vederlo così ma scelse di concentrarsi su ciò che aveva, non su ciò che gli mancava.
Aveva una famiglia. Una famiglia che lo amava nonostante i suoi errori e i suoi passi falsi, una famiglia che non gli avrebbe mai voltato le spalle, una famiglia di cui essere grato e orgoglioso.
«A cosa pensi amore?», gli chiese Federico sottovoce, accarezzandogli impercettibilmente la mano.
«Alla splendida famiglia che ho», rispose commosso. «E al fatto che adesso ne fai parte anche tu, anche tu sei la mia famiglia Federico».-
*La Pavlova è una torta tipica dell'Australia e della Nuova Zelanda, è realizzata principalmente con meringa, panna e frutta ma si può fare con diversi ingredienti a seconda dei propri gusti.
STAI LEGGENDO
As free as the ocean | Fenji
FanfictionOgni persona vive il dolore in modi diversi. C'è chi lo combatte e reagisce, rialzandosi più forte di prima e portando con orgoglio le proprie cicatrici, dimostrando che si può rinascere dalle ceneri. E poi c'è chi lo assorbe fino a farlo diventare...