Now we can look at the stars

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Look at the stars,
Look how they shine for you
and everything you do.
[Yellow; Coldplay]

«Ehi piccolino», sussurrò Federico mentre il sole tramontava oltre la linea dell’orizzonte e la barca si inclinava seguendo il ritmo delle onde. 
«Ehi», rispose godendosi il calore del suo corpo addosso al proprio. «Questa giornata non poteva proprio essere migliore di così… io e te, questa barca, l’oceano… ho amato ogni singolo momento, mi sono lasciato andare completamente e lo so che lo faccio sempre da quando stiamo insieme ma oggi è stato diverso, oggi mi sento in pace con il mondo intero, oggi non mi sento instabile». 
«Sapevo che prima o poi sarebbe successo, sapevo che prima o poi avrei visto scomparire anche l’ultima barriera… ora sei davvero libero Benjamin», disse e lo vide annuire. 
«Libero come l’oceano», confermò e si voltò a osservarlo. 
I suoi lineamenti riflettevano gli ultimi raggi del sole, l’azzurro dei suoi occhi sembrava un po’ più scuro e le sue labbra erano incurvate in un leggero sorriso. Ancora una volta impresse quell’immagine negli occhi, avrebbe voluto essere abbastanza bravo da disegnarla su una tela, avrebbe voluto poter rappresentare quella giornata surreale in un quadro da appendere nello spazio vuoto sulla parete del salotto. 
Reclinò la testa sulla spalla del biondo e rabbrividì sentendo le sue dita sfiorargli i fianchi, amava quei loro momenti in cui erano solo le carezze e i respiri silenziosi a riempire l’atmosfera. 
«È stata la mia prima volta», disse Federico sfiorandogli il naso. 
«La tua prima volta?», ripeté confuso, corrugando la fronte. 
«Non avevo mai fatto l’amore così Ben», rispose e il moro sgranò gli occhi. «Ho sempre lasciato che fossero gli altri a… beh hai capito». 
«Davvero? Io pensavo che con il tuo ex ragazzo avessi provato a invertire i ruoli almeno per una volta, io… potevi dirmelo amore», affermò stupito. 
«Non te l’ho detto perché non volevo influenzarti, sapevo che sarebbe stato tutto naturale e avevo ragione… non abbiamo avuto bisogno di parole e volevo che fosse così, volevo che entrambi ci sentissimo liberi… se tu avessi voluto prendere il controllo te lo avrei lasciato fare ma non volevo deciderlo prima, volevo che tutto fosse spontaneo», spiegò e Benjamin ancora una volta pensò che Federico sapeva sempre fare la scelta giusta, lo conosceva meglio di chiunque altro. 
«Io volevo essere completamente tuo… volevo che fossi tu perché non sei come gli altri, sapevo di potermi fidare di te e di poter vivere qualcosa di estremamente diverso da quello che avevo vissuto prima! L’ho sempre saputo ma non te l’ho detto perché sapevo che avresti capito… tu capisci sempre tutto di me, anche quando non parlo», rispose annegando nel suo sguardo. «Voglio amarti anche io e lo farò se vorrai ma oggi volevo che fosse così, volevo sentirti dentro di me… volevo che tu mi insegnassi a fare l’amore, che mi insegnassi com’è lasciarsi amare anche in quel modo e forse volevo anche che tu guarissi le mie ferite, non ero pronto a prendere io il controllo e tu lo sapevi, non so come fai ma mi leggi dentro». 
Il biondo lo abbracciò e gli baciò la guancia prima di prendergli il viso tra le mani e voltarlo verso di sé per sorridere sulle sue labbra e sfiorarle con la lingua ma senza spingersi oltre. 
«Sapevo quanto significasse per te ed è stato incredibile», rispose scompigliandogli il ciuffo. «Mi sembra di aver capito che sono stato piuttosto bravo», scherzò vantandosi e Benjamin arrossì.
«Federico», rise scuotendo la testa. «Avresti potuto fare di meglio ma sì, sei stato niente male», aggiunse ironico, guadagnandosi un’occhiataccia. 
Non ebbe il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, in un attimo sentì il legno dello scafo sotto la schiena e le mani del biondo a solleticargli i fianchi. 
«Così impari a fare lo stronzetto con me», disse ad alta voce per sovrastare le sue risate, continuando a fargli il solletico. «Avanti, ripetilo se hai il coraggio!», lo minacciò iniziando a ridere perché il modo in cui rideva era contagioso e si stava divertendo a vederlo con le lacrime agli occhi e le guance arrossate. 
«Scherzavo!», si difese tentando di liberarsi ma senza successo, rideva così tanto che non riusciva a fare altro. «Scherzavo amore, ti prego basta… non respiro!», urlò sentendo gli addominali contrarsi da quanto stava ridendo. 
«Devi essere più convincente!», esclamò facendogli una linguaccia. 
«Credo… credo di avertelo fatto… dai Fede non riesco a parlare!», tentò di dire tra una risata e l’altra. «Te l’ho fatto capire quanto… quanto mi piaceva!», aggiunse ansimando. 
«Oh sì bellezza, me l’hai fatto capire eccome!», sussurrò ammiccante al suo orecchio, dandogli un po' di tregua. «Per la cronaca, amo sempre quando mi chiami con il mio nome per intero ma cazzo, sentirtelo urlare mentre facciamo l’amore è qualcosa di estremamente illegale», precisò mordendogli il collo, sfiorando con la lingua i segni che aveva lasciato sulla sua pelle chiara. 
«Lo terrò a mente», rispose dandogli una pacca sul fondoschiena. «Ma ora non vantarti troppo, si può sempre migliorare», aggiunse e gli morse il labbro inferiore.
«Siamo proprio due folli ma amo così tanto ridere insieme a te», disse il biondo sfiorandogli il naso facendoglielo arricciare. «Amo fare ogni cosa insieme a te», precisò.
«A chi lo dici», esclamò realizzando quanti significati rinchiudesse una semplice frase. «Rimarrei qui tutta la notte ma è meglio se torniamo al porto, non mi fido a guidare al buio… siamo vicini, ci vorranno venti minuti e potrai goderti il tuo primo tramonto su una barca».
«Certo amore, andiamo!», rispose alzandosi. «Ti va se mangiamo comunque a bordo, quando arriviamo al molo?», propose. 
«Sì, è bellissimo il porto di sera! Ci sono tutte le luci, una calma incredibile… magari possiamo accendere qualche candela». 
«Mi stai proponendo una cena romantica per caso?», lo provocò mordendosi il labbro. 
Benjamin arrossì e distolse lo sguardo, fingendo di concentrarsi sui comandi mentre virava per seguire la giusta rotta.
«Forse», disse a bassa voce e lo guardò con la coda dell’occhio. 
«Dio, mi fai impazzire quando sei così imbarazzato», commentò in italiano e gli scompigliò i capelli prima di rubargli un bacio cogliendolo alla sprovvista. «Mi fai veramente impazzire Benjamin, adoro quando arrossisci», tradusse precedendo la sua richiesta. 
«Beh allora, ti va questa cena a lume di candela oppure no?», chiese sentendo le guance andare a fuoco. «Non so nemmeno come mi sia venuta quest’idea, io non ho mai fatto… anzi noi non abbiamo mai fatto niente del genere e quando usciamo a cena andiamo al fast-food o in pizzeria, e in effetti anche stasera avremo cibo già pronto però… non so è una cosa carina, io volevo...», tentò di dire inciampando nelle sue stesse parole e Federico rise incrociando le braccia al petto. 
«Vai amore, continua a incartarti che è troppo divertente», lo prese in giro. «Sul serio, ma io come devo fare con te?», chiese retorico e si sedette accanto a lui anche se il posto del guidatore era un po’ stretto. «È una cosa carina e tu sei dolcissimo, certo che voglio cenare a lume di candela anche se avremo cibo già pronto e saremo un po’ esausti, con la pelle che sa ancora di sale e i capelli in disordine… non ho bisogno che sia perfetto, basti tu a rendere tutto tale». 
«Noi andiamo sempre controcorrente», gli fece notare e rise, strusciando il naso sulla sua spalla. «Chi organizza un vero appuntamento dopo mesi dall’inizio di tutto? Solo io e te possiamo fare una cosa del genere», aggiunse scuotendo la testa. 
«Forse è vero che andiamo controcorrente ma credo proprio che nonostante ciò abbiamo imboccato la direzione giusta», rispose sorridendo, mentre gli strizzava l’occhiolino. 
Il cielo era sempre più rosa e il biondo si perse ad osservare le sue sfumature, godendosi il rumore delle onde contro lo scafo e il vento fresco tra i capelli; si era ormai abituato a vivere ad un passo dall’oceano, amava la sua nuova vita in Australia e l’unica cosa che gli mancava dell’Italia erano i suoi genitori. 
Le nuove amicizie che aveva instaurato a Byron Bay gli avevano fatto rivalutare completamente quelle che aveva lasciato a Roma, si era reso conto di quanto spesso si fosse accontentato e lasciato trascinare dagli eventi senza riuscire ad imporsi ed eccetto un amico di vecchia data aveva perso i contatti con i ragazzi della sua vecchia compagnia, che si erano fatti sentire i primi giorni per poi svanire nel nulla. 
«Amore», lo richiamò Benjamin facendolo riscuotere dai suoi pensieri. «Va tutto bene? Ti eri incantato». 
«Sì, stavo solo pensando a quanto mi piace stare qui… qui a Byron Bay intendo», disse scostandosi una ciocca dalla fronte. «Non avevo mai considerato l’idea di vivere in una località di mare eppure ora mi rendo conto di quanto sia bello poter vedere questi panorami dalla finestra, uscire a fare due passi e sentire questo profumo… ho sempre visto i tramonti tra i palazzi, tranne quando andavo in campagna dai miei nonni, invece adesso posso vederli in spiaggia ed è completamente diverso, è proprio magico». 
«Io non credo che potrei vivere lontano dal mare», rispose virando leggermente per imboccare la rotta che li avrebbe condotti al porto. «Sono felice che ti piaccia stare qui… non era così scontato, sei abituato ad una grande città, al traffico, al caos… Byron Bay è completamente diversa ma tu ormai sembri uno del posto».
«Mh, quindi posso confondermi tra gli australiani?», scherzò compiaciuto. 
«Sempre il solito esagerato», commentò ridendo. «No, però nessuno capirebbe che vivi qui solo da qualche mese e che sei italiano, a meno che non dici il tuo nome… in quel caso lo capiscono subito», precisò e Federico rise.  
«Ci rinuncio a farvi imparare il mio nome, l’unica che riesce a pronunciarlo quasi perfettamente è Rachel», rispose scrollando le spalle. «Comunque non mi sento più un turista o un ospite qui in Australia, mi sento a tutti gli effetti un cittadino… so che è strano, ho vissuto per ventidue anni della mia vita in Italia, ma qui mi sono sentito accolto fin da subito, non mi sono mai sentito fuori luogo! Forse sono stato fortunato perché ho incontrato le persone giuste ma mi sono ambientato nel giro di qualche giorno e ogni persona che ho conosciuto è stata cordiale con me, dal barista della caffetteria all’angolo della strada al muratore che lavora all’albergo, dall’agente immobiliare alla commessa del minimarket vicino alla mia vecchia casa», aggiunse e Benjamin gli sorrise. 
«Siamo abituati ai turisti, è per questo che siamo gentili e cordiali con gli stranieri però sicuramente c’è una mentalità diversa da quella a cui eri abituato tu… comunque sei stato fortunato perché hai incontrato me», replicò compiacendosi alla fine della frase. 
«Poteva andarmi molto peggio in effetti… poteva soccorrermi uno squilibrato intenzionato a portarmi a casa sua per uccidermi», rispose teatrale, sapendo quanto Benjamin odiasse le storie con risvolti simili. 
«Idiota», lo rimproverò dandogli una gomitata. «Guarda che non si scherza su queste cose», aggiunse sbuffando mentre roteava gli occhi. 
Federico sorrise e gli sfiorò il naso, pensando che fosse la persona più poliedrica che avesse mai conosciuto. 
Aveva migliaia di sfaccettature e le amava tutte; amava la sua timidezza e il modo in cui arrossiva, la sua ironia e il suo modo di ridere fino alle lacrime, la sua sensibilità e la sua empatia, la capacità di vivere appieno ogni singola emozione, la sua semplicità e la sua ingenuità. Sapeva trasformare un discorso serio in qualcosa di divertente e viceversa, era riflessivo eppure così impulsivo, era talmente pieno di sfumature che Federico si sentiva sempre su una giostra eppure non avrebbe cambiato niente di lui. 
Pensava che se fosse stato un quadro, sarebbe stato un dipinto d’arte moderna… colmo di colori e schizzi, di linee confuse e sovrapposte. Un dipinto che a guardarlo sembrava confondere, ma che a osservarlo bene poteva comunicare tantissimo. 
«Amore ti sei distratto di nuovo, sicuro che vada tutto bene?», chiese il moro sfiorandogli un braccio. 
«Sì amore, scusami… va tutto benissimo, credo che questa gita in barca mi abbia reso più riflessivo del solito», rispose e gli baciò le labbra. 
«A cosa pensavi?», si informò curioso. 
«Io… a te», disse sincero, sapeva che mentire non sarebbe servito a niente perché Benjamin lo avrebbe comunque convinto. «Pensavo a quante sfaccettature hai e al fatto che le amo tutte perché ti rendono la persona che sei… amo davvero tutto di te». 
«Mh, proprio tutto tutto?», rispose dubbioso. «Anche quando non mi va di parlare e ti escludo, o quando piango senza motivo e vengo ad abbracciarti senza saper spiegare cosa non va?».
«Beh, sì amore», rispose guardandolo negli occhi. «Perché tutto fa parte di te… so che quello è il tuo modo di reagire istintivamente ma poi ti calmi e mi spieghi cosa succede, mi guardi negli occhi facendomi capire tutto quello che hai dentro». 
«Sei così speciale», sussurrò abbracciandolo. «Tiri fuori il meglio di me in ogni situazione, sto imparando a volermi bene da quando ho te». 
«Per me è lo stesso Ben… stai facendo emergere alcuni aspetti del mio carattere che nemmeno io conoscevo e mi stai facendo apprezzare quelli che consideravo difetti, tu continui a ripetere che sono speciale e io ci credo davvero».
«Ci devi credere amore», disse sfiorandogli la guancia. «Siamo quasi arrivati, ora devo concentrarmi sulle manovre per ormeggiare», aggiunse teso e respirò iniziando a ripetere tutta la procedura a memoria, riuscendo a metterla in pratica alla perfezione. 
«Impeccabile, capitano!», esclamò il biondo. «Vieni qua, ti meriti un bacio», lo invitò e Benjamin lo raggiunse lasciandosi coccolare un po’ mentre l’oscurità avvolgeva la baia. 
L’atmosfera era tranquilla e silenziosa, solo il fruscio degli alberi e il rumore delle onde in lontananza creavano una melodia rilassante. 
I lampioni illuminavano le strade semideserte, le altre barche erano vuote e mosse soltanto dalla corrente. 
Ancora una volta erano completamente soli, quasi come se tutti si fossero accordati per lasciare loro una giornata di relax e totale calma da trascorrere l’uno in compagnia dell’altro. 
«Mh, possiamo farlo più spesso?», chiese Federico, versando il vino nei bicchieri. 
«Volevo chiedere esattamente la stessa cosa», rispose ridendo. «Io direi che possiamo, mio padre ha detto che posso usare la barca quando voglio e la prima esperienza è andata benissimo quindi mi sento tranquillo, magari una volta restiamo fuori anche di notte», propose. 
«Approvo questa idea», commentò entusiasta. «Sai cos’altro vorrei fare? Un’escursione al faro, possiamo dirlo anche agli altri». 
«È vero, è vergognoso non averti mostrato come si deve il posto più bello di Byron Bay», rispose scuotendo la testa. «È colpa mia, volevo evitare i luoghi in cui passavo più tempo con mio fratello… ma adesso voglio fartelo vedere, voglio portarti fino a lì in moto e poi camminare tutt’intorno, mostrandoti ogni cosa… è stupendo amore». 
«Non ti devi colpevolizzare», disse sfiorandogli la mano. «È ancora lì e possiamo andarci quando vogliamo quindi non incolparti, te l’ho detto solo perché così ci organizziamo». 
«Beh ormai manca solo il faro per poter dire che conosci Byron Bay come una persona che è nata qui», commentò sorridendo. «Vorrei portarti a Brisbane… è molto bella, ci sono stato un paio di volte con Aiden perché lui era un tifoso dei Broncos, la squadra di rugby della città. Prendevamo l’autobus, facevamo vere e proprie trasferte da tifosi, ma un giorno ci siamo andati con i nostri genitori e abbiamo dormito lì quindi poi siamo riusciti a visitarla bene», aggiunse e Federico annuì, era felice di sentirlo parlare sempre più spesso dei suoi ricordi. Negli ultimi tempi lo faceva di frequente, condivideva diversi momenti della sua adolescenza e raccontava di suo fratello, di qualsiasi cosa gli passasse per la testa. 
«Mi piacerebbe moltissimo Ben», rispose contento. «Sei sicuro di essere pronto a...»
«Sì, mi basta non passare davanti al Birdees», lo interruppe intuendo quale fosse la domanda. «Brisbane è proprio bella, voglio mostrartela e riviverla con te… non posso rinunciare a questo solo perché sono stato un coglione che andava lì ogni settimana soltanto per sballarsi», aggiunse guadagnandosi un’occhiataccia; sapeva che il biondo si infastidiva quando lo sentiva colpevolizzarsi o definirsi in quel modo. 
«Allora ci andremo amore», disse e si alzò per porgergli la mano e invitarlo a spostarsi a prua, dove avevano passato gran parte del pomeriggio. 
«Vai tu Fede, aspettami lì… prendo i cuscini e le coperte», lo invitò dopo avergli rubato un bacio. Scese in cabina e riemerse poco dopo, trascinando con sé più del necessario; sistemò tutto sotto lo sguardo attento del biondo, allestendo un piccolo angolo relax. 
«Ora possiamo guardare le stelle», affermò soddisfatto, accomodandosi tra le braccia del biondo. «Guarda quante ce ne sono!», aggiunse indicando il cielo con un dito, come se potesse toccarlo. Pensò che quasi gli sembrava di farlo da quando Federico era entrato nella sua vita in punta di piedi, riempiendo d’oro tutte le crepe della sua anima distrutta. 
«Amore ti rendi conto di quanto è romantico guardare le stelle insieme?», scherzò accarezzandogli il fianco. «Tra qualche mese sarai più sdolcinato di me se continui così», aggiunse facendolo imbronciare. 
«È colpa tua, mi rendi romantico», rispose strusciando la guancia sul suo petto. «Fai emergere i lati che ho tenuto nascosti per tantissimo tempo e che pensavo avrei nascosto per sempre». 
«Mi piace quando sei romantico amore… solo che devo ancora abituarmi, anche se credo non lo farò mai perché so che continuerai a stupirmi», replicò giocando con le sue ciocche scure, mentre il chiarore della luna creava chiaroscuri sulla superficie calma dell’oceano. 
«Tu come ti vedi tra cinque anni, quando sarai ad un passo dai trenta?», domandò Benjamin dopo diversi minuti riempiti solo dai loro respiri e dalle loro carezze a fior di pelle. 
«Ehi, tra cinque anni ne avrò ventisette!», gli ricordò fingendosi offeso. «Ad un passo dai trenta ci sarai tu che ne avrai ventotto, mica io bellezza!», rincarò con una linguaccia. 
«Dai amore era una domanda seria», ribatté roteando gli occhi. 
«Intanto ti ho fatto ridere», gli fece notare. «Comunque mi vedo felice insieme a te, magari con una famiglia nostra e una casa più grande, con il mio albergo che va a gonfie vele… mi vedo orgoglioso di tutti i miei sacrifici e di tutti i miei successi, mi vedo più maturo e con la voglia di continuare ad imparare ogni giorno».
Aveva parlato senza distogliere lo sguardo dal manto stellato sopra le loro teste ma quando osservò Benjamin si accorse di quanto brillavano le sue iridi rese scure dal buio della sera. 
«Tu vorresti… vorresti una famiglia?», chiese sussurrando, mentre deglutiva a fatica. 
«Vorresti una famiglia con… con me?», ripeté mentre il cuore sembrava esplodere. 
«Sì amore», rispose senza alcun dubbio, perché nonostante la loro relazione fosse ancora agli inizi, Federico sapeva che Benjamin era la sua persona, quella con cui voleva sognare in grande e realizzare ogni suo sogno. 
Quella con cui voleva svegliarsi ogni mattina, continuare a discutere su chi dovesse alzarsi per spegnere la luce quando se la dimenticavano accesa ed erano già sotto le coperte, progettare viaggi, fare l’amore ogni notte, litigare per poi fare pace con un bacio e una carezza. 
«Ben non intendo in un futuro immediato, magari non tra cinque anni ma anche di più… o di meno, non lo so ma sì, ho sempre desiderato una famiglia tutta mia e se c’è una persona con la quale voglio crearla sei tu», precisò perché Benjamin lo stava fissando senza proferire parole e poté giurare di vedere una coltre di lacrime ad annebbiare i suoi occhi. 
«No, scusa io… lo so, è solo che...», bisbigliò e deglutì il nodo che aveva in gola. «Te l’ho detto che non ho mai pensato al mio futuro perché pensavo di non meritarne uno però da quanto sto con te ci penso e credimi che per me è già strano pensare di organizzare una gita a Brisbane la prossima settimana, però mi… mi piace il futuro che vorresti per noi», disse ma non riuscì a sostenere lo sguardo del biondo. «Non ci ho mai riflettuto davvero, non ho mai pensato a nulla di concreto ed è tutto nuovo, eppure mi piace immaginare la mia vita con te e una famiglia tutta nostra… e non avrei mai creduto di poter anche solo pensare qualcosa del genere, io...»
«Amore», sussurrò e gli alzò il mento per sprofondare nei suoi occhi. «Respira, ti stai incartando e ti stanno andando a fuoco le guance… sei adorabile». 
«Non sfottere», lo ammonì imbronciandosi. 
«Non ti sto sfottendo, è solo la verità… sei adorabilmente dolce quando fai così», rispose seguendo il profilo del suo naso. «Ti amo e non ti voglio spaventare ma per come la vedo io, noi due siamo già una famiglia e un giorno mi piacerebbe allargarla ma lo decideremo insieme come faremo per ogni decisione importante, d’accordo? Non agitarti, viviamoci la nostra storia giorno dopo giorno, mi basta sapere che mi ami e vuoi stare con me». 
«Certo che ti amo e che voglio stare con te», confermò giocando con le sue dita ferme sul proprio bacino. «Ma non sono agitato amore, sono solo dannatamente felice», sussurrò e gli baciò piano le labbra prima di coinvolgerlo in un bacio passionale ma dolce, sotto una pioggia di stelle pronte a racchiudere i loro desideri di una vita insieme. 

As free as the ocean | FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora