Whenever you want

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Diverse volte nel corso degli ultimi cinque anni Benjamin aveva desiderato di chiudere gli occhi e non svegliarsi più, perché sapeva che ciò che stava facendo non era vivere.
Sopravviveva ma aveva perso la capacità di stupirsi e non aveva più nessuno stimolo ad
eccezione degli stimoli forti che cercava attivamente, creando solo una finta facciata pronta a sgretolarsi in un battito d'ali. 
Le giornate erano tutte schifosamente uguali e monotone, per lui quella non era vita ma un semplice susseguirsi di ore e avvenimenti che contavano niente, che non servivano a nulla se non a ricordargli quanto fosse diventato patetico e vuoto. 
In quel momento, però, disteso sull'erba in una posizione innaturale e con un intenso dolore che dalla spalla si irradiava ovunque togliendogli il fiato, quel desiderio gli sembrava assurdamente folle. 
Quando si era accorto di quello che stava succedendo aveva provato a frenare ma l'aveva capito subito che non sarebbe servito a nulla. 
Correva troppo veloce per potersi fermare e uscire illeso da quell'incidente, la moto era ingovernabile come le sue paure.
Mentre veniva sbalzato dalla sella e rotolava lungo l'asfalto aveva pensato che non ne sarebbe proprio uscito, aveva perso completamente il controllo di sé stesso e dei suoi pensieri, ma sapeva che sarebbe stata una rovinosa caduta. 
Nel corso della sua carriera da fisioterapista ne aveva visti parecchi di pazienti reduci da incidenti in moto e pensare al peggio fu inevitabile, si sentì meglio solo quando percepì un rivolo di sangue colare dal ginocchio lungo la coscia. 
Capì che non aveva perso la sensibilità agli arti inferiori e che probabilmente la sua colonna vertebrale era intatta ma non aveva il coraggio di muoversi, si sentiva paralizzato anche se sapeva di non esserlo. 
Gli sembrava surreale pensarlo ma era grato di sentire dolore, significava essere ancora vivo e avere ancora la sensibilità in tutto il corpo.
Aiden era morto davanti ai suoi occhi e Benjamin non riusciva a togliersi quelle immagini dalla testa, continuavano a tormentarlo e a togliergli il sonno, ma lo perseguitavano anche durante il giorno e ci stava pensando persino in quell'istante, sdraiato sull'erba fresca di rugiada. 
Era un dolore fisso, che non lo abbandonava mai e si era sempre chiesto se Aiden si fosse accorto di quello che stava per succedere, se avesse visto la vita scorrergli sotto le palpebre e quale fosse stato il suo ultimo pensiero, oppure se se ne fosse andato senza rendersene conto, ottimista com'era forse aveva pensato di potersi salvare. 
Benjamin non avrebbe mai saputo le risposte alle sue domande ma una cosa la sapeva, lui mentre scivolava dalla moto aveva pensato che stesse per morire e aveva capito che non era ciò che voleva. 
Incastrate sotto agli occhi aveva visto le immagini dei suoi ultimi anni, pentendosi di come li aveva vissuti, e poi aveva visto i ricordi del passato, di quando surfava felice tra le onde e rideva sempre, tanto, fino alle lacrime.
Aveva rivisto i suoi amici, il sorriso radioso di Aiden e persino i suoi genitori ma anche gli occhi azzurri di Federico. 
Le sue parole, aveva sentito il suo «non farlo più» e il suo «ho paura», nonostante nessuna di quelle frasi fosse servita a farlo agire con buonsenso.
Una fitta lancinante gli bloccò il respiro in gola e non gli ci volle molto a comprendere di essersi lussato la spalla, sentiva le ossa scricchiolare e il battito aumentare mentre la nausea gli colpiva lo stomaco e il casco iniziava a stargli stretto. 
Pregò che il telefono fosse rimasto nella tasca dei jeans ma si accorse che non era così e pensò che doveva rischiare, forse avrebbe peggiorato la situazione ma almeno avrebbe chiesto aiuto.
Si mosse a tentoni, tastando il terreno alla cieca e rilasciò un sospiro di sollievo quando toccò qualcosa che riconobbe come il suo cellulare.
Con le dita tremanti chiamò il numero di emergenza e mentre attendeva l'arrivo di un'ambulanza, decise di chiamare Steven.
Non era la prima persona che avrebbe voluto contattare ma tra i suoi amici era il più razionale e l'unico che avrebbe saputo gestire la situazione senza sprofondare nel panico.
«Benjamin?», rispose con voce assonnata e il moro solo in quell'istante realizzò che fossero le due del mattino. 
«Scusa se ti ho svegliato Steve», disse con tono piatto. «Ho fatto un incidente in moto e non sapevo chi chiamare, sta arrivando l'ambulanza e non c'è bisogno che tu venga ma volevo avvisare almeno qualcuno», spiegò e lo sentì sospirare, capì che era preoccupato ma non stupito.
Fu costretto ad ammettere ciò che aveva sempre voluto ignorare: tutti i suoi amici e persino Federico lo avevano messo in guardia, vedendo un pericolo reale che lui fingeva non esistesse. E tutti si aspettavano che prima o poi sarebbe successo, per quel motivo Steven non sembrava sorpreso.
«Dove sei? Stai bene?», chiese mentre si sfilava il pigiama per indossare una tuta e raggiungerlo. 
«Non lo so di preciso, l'ultima cosa che ricordo di aver visto è l'insegna della Spa, credo di essere poco lontano da lì», rispose incerto mentre si rese conto di aver rimosso molti dettagli. «Penso di aver perso i sensi per un po' e di aver sbattuto forte la testa perché mi fa malissimo… ho una spalla lussata e mi fa male tutto ma sto fin troppo bene per aver fatto un incidente del genere»,  aggiunse consapevole di quanto fosse stato fortunato a poterne parlare. 
«Sto arrivando, non muoverti», rispose e attaccò precipitandosi fuori di casa. 
Benjamin pensò che anche se avesse voluto non si sarebbe mosso, sentiva di potersi spezzare se solo ci avesse provato e perse un battito quando osservando lo schermo del telefono notò dieci messaggi da Federico. 
Non li lesse, non ne aveva il coraggio ma sentì un vuoto agghiacciante farsi strada tra le sue costole. 
Dopo un tempo imprecisato, durante il quale aveva rischiato di perdere nuovamente i sensi, sentì in lontananza la sirena dell'ambulanza e gli sembrò di avere un macigno sopra lo sterno, non riusciva a respirare e l'ultima cosa che ricordò prima di svenire una seconda volta fu l'ultima immagine che aveva di Aiden, immobile su un'ambulanza attaccato a monitor e fili che si erano rivelati inutili. 
Razionalmente sapeva di non essere in pericolo eppure prima di lasciare che il buio lo risucchiasse, si aggrappò alla speranza e soprattutto alla vita. 

As free as the ocean | FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora