I want to live

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My soul is so cold,
but I want to live again.
I know you'll come to me,
I wait in misery.
I want to fight for this,
save me from this darkness.
I reach for the light.
[I want to live; Skillet]


Lo scorrere del tempo a Byron Bay sembrava essersi fermato come in un vecchio orologio rotto e Benjamin non riuscì a muoversi, paralizzato tra i pensieri e i capogiri mentre Federico lo osservava in silenzio. 
Rimasero immobili a guardarsi finché il moro distolse lo sguardo e si spostò dalla porta per farlo entrare, gettando una rapida occhiata alla casa che nonostante tutto appariva presentabile. 
«Ehi», disse soltanto, appoggiandosi al primo mobile disponibile per non barcollare. «Ti faccio un caffè?», domandò per essere gentile e sperò che per qualche assurdo motivo Federico non notasse gli evidenti segni della sbornia ancora parzialmente da smaltire. 
«Ti senti bene?», chiese l'altro ignorando la sua domanda. «Hai ancora qualche sintomo dall'incidente?», aggiunse preoccupato. 
«No no, non ti preoccupare… sto bene, ho finito ieri il ciclo di antidolorifici», gli ricordò ma Federico lo sapeva, negli ultimi tempi si erano sentiti piuttosto spesso e il biondo non aveva mai smesso di essere premuroso con lui. 
I capelli di Benjamin sembravano aver vita propria e il biondo si avvicinò per intrufolare le dita tra le sue ciocche scure e sistemarle, adorava farlo e aveva notato quanto l'altro si rilassasse ogni volta che lo faceva. 
«Tu…», disse e si bloccò come scottato. «Sei ubriaco Benjamin?», chiese e osservò meglio le sue pupille dilatate, trovando una conferma non necessaria. L'odore forte dell'alcol gli aveva invaso le narici appena si era avvicinato a lui e gli aveva fatto storcere il naso.
«Un po'», ammise. «Ieri sera sono stato a bere qualcosa con gli altri, eravamo in un locale sul lungomare e ho esagerato con i drink, sono tornato a casa solo qualche ora fa», mentì e fu in quel momento che la vide.
Vide una strana ombra annebbiare i suoi occhi e poi un sospiro lasciare le sue labbra. 
«Ho perso il controllo», continuò Benjamin. «So che non avrei dovuto bere per via degli antidolorifici ma ero in compagnia e tutto mi è sfuggito di mano», spiegò fornendo una versione ben diversa da quella reale. 
«Non devi giustificarti con me», rispose con un tono di voce che il moro non riuscì a decifrare. 
Non gli sembrava lo stesso di sempre ma al tempo stesso non era neanche arrabbiato o deluso, era solo strano e insolito.
«Non avrei mai voluto che mi vedessi così», disse sincero. «Non fraintendermi, sono felice di vederti e mi fa piacere che tu sia qui… solo non volevo che...», lasciò la frase a metà.
«Ben stai tranquillo, non è la prima volta che vedo una persona ubriaca e tu sei grande abbastanza per decidere come trascorrere le tue serate», rispose e il moro notò ancora qualcosa di diverso nella sua voce. 
Federico sapeva di non averne il diritto eppure era dispiaciuto, si chiedeva perché Benjamin non lo avesse invitato alla serata con i suoi amici. Non poteva sapere che quella era una bugia, né che Benjamin aveva urlato più volte il suo nome mentre vagava ubriaco tra corpi di persone che neanche conosceva. 
«Ti va di restare?», propose il moro quasi sussurrando. 
Nonostante tutto voleva che il biondo rimanesse con lui, gli faceva piacere averlo a casa tra le sue cose, tra quelle quattro mura fredde e impersonali che solo quando era con Federico sembravano acquisire un po' di colore, un po' come accadeva alla sua vita. 
«Solo se anche tu lo vuoi», rispose scrollando le spalle. «Sono venuto qui perché volevo vederti, volevo farti una sorpresa… ma se vuoi stare da solo io...»
«Voglio stare con te», lo interruppe Benjamin chiedendosi come il biondo facesse a fargli pronunciare parole che non diceva da tempo immemore. «Ti faccio il caffè e vado a farmi una doccia, così mi rendo presentabile», disse e gli sfiorò una mano sentendo la pelle coprirsi di brividi. 
«Va bene», accettò e insieme raggiunsero la cucina. «E stasera cosa farai?», chiese curioso di scoprire i suoi piani per il weekend.
Fu in quel momento che realizzò di non sapere minimamente quali fossero le sue abitudini, ricordandosi che si erano sempre visti durante la settimana e mai di Venerdì, Sabato o Domenica, eccetto le due settimane precedenti in cui Dylan aveva organizzato cene a casa del moro.
«Non lo so, non ho deciso ancora nulla», mentì e sentì un macigno comprimergli lo sterno mentre immagini delle sue serate al Birdees si alternavano davanti agli occhi.
Federico sperò che Benjamin gli chiedesse di trascorrere anche la serata insieme ma il moro non lo fece, così decise di non affrettare le cose e si sedette sul ripiano con un balzo.
«Ehi tu!», esclamò Benjamin. «Tratta bene la mia cucina», scherzò mettendo la moka sul fornello. 
«La tratto benissimo», rispose furbo e allungò una mano nella sua direzione. «Vieni qui», sussurrò e il moro lo fece. 
Allacciò le dita con le sue e si avvicinò per lasciargli un bacio sulla guancia. 
«Vorrei abbracciarti ma prima devo assolutamente farmi una doccia», disse e l'odore del caffè invase la stanza. «Faccio presto, tu fai come se fossi a casa tua», aggiunse porgendogli la tazzina appena riempita e sparì oltre la porta. 
Federico rimase lì a gustare la sua bevanda calda e si guardò intorno, ormai aveva imparato a conoscere quella casa ma era sempre più stupito per quanto fosse spoglia e anonima. Nessuna fotografia alle pareti, nessun soprammobile che potesse descrivere Benjamin. L'arredamento neutro, gli spazi vuoti e un'atmosfera che non ricordava nulla. 
Non era una casa ma solo un luogo in cui abitare.
Era così concentrato a guardare fuori dalla finestra che non si accorse dei passi in punta di piedi alle sue spalle e sussultò quando due braccia gli circondarono i fianchi avvolgendolo in un abbraccio da dietro.
«Sono tornato», sussurrò Benjamin e appoggiò la guancia tra le sue scapole. 
Il biondo mise le mani sulle sue e le accarezzò piano, senza parlare.
«Ti va di guardare un film?», propose il moro e Federico annuì.
«Certo», disse e si girò nel suo abbraccio, attirandolo a sé per stringerlo e lasciargli un bacio tra i capelli morbidi e profumati. «Posso sceglierlo io?», domandò furbo. 
«Va bene ma non scegliere un horror», si raccomandò porgendogli il telecomando. 
«Uh, hai paura?», lo scimmiottò dandogli una gomitata nel fianco.
«Non ho paura», si difese. «Ma non mi piacciono, preferisco altri generi», aggiunse sorridendo per l'espressione compiaciuta del biondo. 
«Farò finta di crederti», rispose trattenendo una risata. «Dai, posso mettere un horror? Puoi abbracciare me quando ti spaventi», disse e lo guardò con la coda dell'occhio.
Benjamin sospirò e si inumidì le labbra, prima di sorridergli e parlare a voce bassa. 
«Pensavo di essere stato chiaro… tu non hai bisogno di scuse per abbracciarmi», disse e Federico pensò di averlo sognato. 
La dolcezza con la quale Benjamin aveva parlato scosse qualcosa dentro di lui e d'istinto incurvò le labbra. 
Non rispose e il moro posò la testa sulla sua spalla, aspettando che scegliesse un film.
«Amore e altri rimedi*, sei serio?», chiese quando finalmente smise di fare zapping. 
«Perché, non ti piace?», replicò Federico. 
Era uno dei suoi preferiti e l'aveva visto così tante volte da saperlo a memoria ma voleva rivederlo con Benjamin.
«Non l'ho mai visto ma Rachel me ne ha parlato, Jake Gyllenhaal* è il suo attore preferito», rispose. «È strappalacrime?», si informò.
«Mh, dipende da quanto sei sensibile… diciamo che io amo questo genere di film quindi non saprei dirti, piango a prescindere», confessò arrossendo. «E comunque la prossima volta mi complimenterò con Rachel per i suoi ottimi gusti! Jake è un attore straordinario e poi è anche un gran bel vedere», aggiunse ammiccando. 
«Federico!», esclamò ridendo.
«Che c'è, sei geloso?», lo provocò sfiorandogli il naso e Benjamin arrossì violentemente.
Sì, era geloso e no, non lo avrebbe mai ammesso.
«Io? Assolutamente no! E poi non posso darti torto, è davvero affascinante», commentò lanciando un'occhiata alla televisione. 
«Dai fai partire il film, adesso sono curioso», aggiunse e senza perdere tempo si appoggiò alla sua spalla sentendo il suo braccio scivolare lungo la schiena per stringerlo a sé.
«Sei comodo?», sussurrò il biondo.
«Sì, tu?», rispose e alzò gli occhi per cercare i suoi. 
«Sì», confermò prima di sfiorargli i fianchi e stringerlo un po' di più.
Rimasero in quella posizione finché senza sapere bene come, Federico si sdraiò sul divano sprofondando tra i cuscini e Benjamin scivolò tra le sue gambe, posando la testa sul suo cuore che accelerò il battito.
Crearono un intreccio disordinato ma perfetto, come un quadro d'arte moderna.
Benjamin intrecciò le gambe con quelle di Federico e strusciò la guancia sulla sua felpa, godendosi le sue carezze.
«Ben?», lo chiamò a metà film. «Guarda quanto è bella questa parte», aggiunse e gli baciò la tempia. 
«Ferma il film», lo invitò Benjamin qualche minuto più tardi, un po' scosso per la scena. Quella storia gli stava piacendo molto e decise di usarla per raccontarsi, concedendo a Federico un'altra parte di sé. 
Il biondo assecondò la sua richiesta ma non fece in tempo a parlare, Benjamin lo precedette.
«Anch'io non ho mai detto ti amo… proprio come Jamie», disse alludendo alla scena appena vista e ai personaggi del film. «Credo di non sapere cosa sia l'amore, forse non so nemmeno provarlo». 
«Tutti sanno amare Benjamin», rispose per niente sorpreso dalla sua rivelazione. «Basta solo trovare la persona giusta».
«Maggie è la persona giusta per Jamie?», chiese alludendo ancora al film. 
«Guarda come continua, poi sarai tu stesso a capirlo», rispose enigmatico. «Dopo quella confessione sul fatto che non avesse mai detto "ti amo", Maggie gli dice che è più incasinato di lei… come se volesse sottolineare che insieme sono un casino ma il loro legame funziona anche per questo», aggiunse e vide Benjamin annuire.
«Quindi secondo te io posso trovare la mia persona anche se sono un casino?», domandò sfiorandogli istintivamente il braccio.
«Certo», confermò e poi decise di osare, perché non si era mai sentito così bene prima di incontrare il moro. «Forse l'hai già trovata», aggiunse e a Benjamin sembrò di sentire il cuore arrestarsi nel petto.
Il moro non rispose ma gli rubò il telecomando e fece ripartire il film, stringendosi ancora di più a Federico. Respirò il suo profumo beandosi delle sue carezze e scoprendo quanto fosse bello passare del tempo tra le braccia di un'altra persona, a scambiarsi dolcezze senza neanche parlare. 
«Cosa?! Si sono davvero lasciati?! Ma non è giusto…», urlò all'improvviso.
«Shhh, prima di imprecare dovresti finire di vederlo Ben!», gli disse ridacchiando. «Manca poco alla fine, vedrai che poi mi farai i complimenti per la scelta del film».
«Posso farteli già ora», commentò e iniziò a giocare con le sue dita, ferme sul proprio fianco lasciato scoperto dalla maglietta.
Federico lo lasciò fare finché mise fine a quel gioco intrecciando la mano con la sua e se le portò entrambe alle labbra, depositando un bacio leggero su quella di Benjamin. 
«Oddio…», commentò il moro quando capì che Jamie avrebbe fatto una bellissima dichiarazione d'amore a Maggie. 
"Io sono un grande stronzo. 
Anzi no, sono consapevolmente un grande stronzo, perché non mi è mai importato di niente e di nessuno in tutta la mia vita, e la verità è che più o meno tutti l’hanno accettato. Sai è così… è Jamie… e poi tu… Dio… tu!
Tu non hai mai pensato questo di me.
Io non ho mai conosciuto nessuno che pensasse davvero che io valessi qualcosa, finché non ho incontrato te, e allora l’hai fatto credere a me, perciò sfortunatamente io ho bisogno di te e tu hai bisogno di me!", disse Jake Gyllenhaal nei panni di Jamie e Benjamin sentì calde lacrime scivolare lungo le guance. 
Senza neanche rendersene conto abbracciò Federico più forte, non capiva più quale fosse il confine tra di loro...sapeva solo che quel calore al centro del petto non l'aveva mai sentito.
Continuò a guardare la scena finale tra le braccia del biondo, senza riuscire a smettere di piangere perché in qualche modo riuscì a rivedersi in quelle parole.
"Da piccolo mi preoccupavo sempre di cosa avrei fatto da grande. 
Sai, quanti soldi avrei guadagnato o se un giorno sarei diventato uno importante. 
Quello che desideri di più al mondo a volte non succede, a volte succede quello che non ti saresti mai aspettato, come ad esempio lasciare il mio posto a Chicago e la mia carriera, e decidere di restare qui e iscrivermi a Medicina. 
Non solo, incontri migliaia di persone e nessuna ti colpisce veramente e poi incontri una persona e la tua vita cambia, per sempre".
Federico non smise mai di far scivolare la mano libera sulla pelle chiara di Benjamin e lo sentì sempre più rilassato. 
«È bellissimo e strappalacrime», disse tirando su con il naso. «Una storia incredibile», aggiunse e vide Federico sorridere, mentre uno strano e insolito impulso gli colpì il cuore.
Cambiò posizione e si sistemò per guardarlo negli occhi, affogando in quella distesa blu.
Gli sfiorò una guancia e si avvicinò piano, facendo mischiare i loro respiri. 
Era ad un millimetro dalla sua bocca e si lasciò guidare dalle sensazioni, dal benessere che provava da quando Federico era entrato nella sua vita in punta di piedi sconvolgendo ogni cosa.
Lo baciò piano, facendo scontrare quasi impercettibilmente le loro labbra. 
Una, due, tre volte. 
E ad ogni sfioramento il cuore perdeva un battito per poi accelerare, mentre sentiva qualcosa riallinearsi dentro di sé.
Federico schiuse la bocca e gli accarezzò la schiena, il moro lo imitò e continuò ad assaporare le sue labbra accogliendole tra le proprie. Non ricordava di aver mai provato nulla che si avvicinasse a ciò che provava in quel momento magico, era un semplice bacio eppure così importante per Benjamin che non baciava mai nessuno. 
«Andiamoci piano», sussurrò il moro facendo strusciare il naso contro quello di Federico. 
«Andiamoci piano», confermò l'altro bisbigliando, nonostante morisse dalla voglia di rendere quel bacio più bollente e sentire la lingua di Benjamin confondersi con la propria.
«Federico», lo chiamò un secondo più tardi. «Non so se hai impegni ma...»
«Ma?», incalzò l'altro dopo una pausa un po' troppo lunga. 
Vide quanto il moro fosse impacciato e capì che tutto quello che stavano vivendo era nuovo e inaspettato per lui. 
«Resti qui con me oggi? Pranziamo e poi ci inventiamo qualcosa da fare, magari possiamo fare un giro e… non so, stiamo un po' insieme», propose inciampando nelle sue stesse parole.
«Bastava la prima domanda Ben», scherzò punzecchiandogli un fianco. «Certo che resto», disse prima di tirargli indietro i capelli. 
«Resti anche stasera?», gli sfuggì dalle labbra senza che potesse controllarsi. 
Non era lui a parlare ma tutto il maremoto che Federico gli smuoveva dentro e realizzò solo in quel momento che aveva appena proposto al biondo di passare il Sabato sera insieme, rinunciando alla sua routine autodistruttiva.
«Quanto sei dolce», replicò scompigliando il suo ciuffo disordinato. «Resto anche stasera, resto tutto il tempo che vuoi perché tu mi fai stare bene come nessuno». 
«È strano sentirsi dire queste cose», ammise senza muoversi, ancora spalmato sul corpo dell'altro. 
«Lo so ma è la verità», rispose baciandogli la fronte. «Non ti accorgi di quanto sono felice quando sto con te?», chiese.
«Sì… lo vedo che stai bene ma per me è strano pensare di poter rendere felice qualcuno visto che non riesco a rendere felice nemmeno me stesso», spiegò e scivolò sul fianco, incastrandosi tra i cuscini e il corpo del biondo. 
«Strano o meno devi credermi Benjamin… mi fai stare bene e ti giuro che era da tempo che non mi sentivo così insieme ad un'altra persona», sussurrò e gli rubò un altro bacio leggero, non voleva spingersi oltre. 
«È lo stesso per me», disse e se lo tirò addosso incastrando le gambe tra le sue, rompendo un'altra barriera mentre il cuore tornava al suo posto e un sorriso gli addolciva i lineamenti.
«Resterei qui per ore, lo sai? Solo io e te senza fare niente», sussurrò Federico sfiorandogli la guancia. 
«Anche io», disse. «Mi piace fare niente con te», aggiunse e incastrò la testa nell'incavo del suo collo. 
Cercava il brivido e si nutriva del rischio ma con Federico stava scoprendo quanto fosse bello rilassarsi e sentirsi vivi anche senza fare nulla, senza dover osare e rincorrere l'euforia.
Scivolò nel sonno cullato dalle carezze del biondo e dal battito del suo cuore e non sapeva che Federico rimase immobile a guardarlo, senza smettere di sfiorarlo e pensare quanto fosse indifeso tra le sue braccia.
Il biondo si alzò dal divano solo dopo due ore, stando attento a non svegliarlo, per cucinare qualcosa da mangiare a pranzo.
Si mosse nella sua cucina come fosse la propria, alla ricerca degli ingredienti che gli servivano e di tanto in tanto si affacciava dalla porta per osservarlo.
«Mh, Federico?», si sentì chiamare proprio quando aveva messo a bollire l'acqua per la pasta. 
«Ehi, ben svegliato!», urlò per farsi sentire e poi lo raggiunse, chinandosi a baciargli la fronte. 
«Scusa, non volevo dormire e lasciarti solo in casa mia… potevi svegliarmi», biascicò prima di stiracchiarsi e sbadigliare rumorosamente.
«Non scherzare, sono piombato qui prestissimo e tu eri ancora mezzo ubriaco… era il minimo che ti addormentassi un pochino, nel frattempo ho cucinato e ti farò assaggiare un famosissimo piatto italiano», lo informò scompigliandogli i capelli.
«Ti piace cucinare?», chiese e si mise a sedere, strofinandosi gli occhi. 
«Molto! Mia nonna amava farlo e mi ha insegnato tante ricette, mi ritengo piuttosto fortunato perché ho avuto un'ottima insegnante», rispose con un velo di nostalgia nella voce. 
«Ti manca molto, vero?», domandò sentendo il cuore spezzarsi un po', perché nessuno meglio di lui sapeva quanto fosse doloroso perdere una persona cara.
«Sì, io e lei avevamo un rapporto speciale… non era solo mia nonna, era la mia migliore amica, la mia fan numero uno, la mia roccia! Lei sapeva tutto di me, era sempre la prima a sapere i miei successi e i miei fallimenti, era sempre la prima persona a cui chiedevo consigli», raccontò sentendo gli occhi annebbiarsi. «Aveva altri nipoti e non ha mai fatto preferenze ma lo sapevano tutti, il rapporto che avevamo noi due era qualcosa di inspiegabile».
Ascoltando Federico parlare di lei si chiese come ci riuscisse. Notava la sua tristezza ma nonostante tutto il biondo era tranquillo e ricordava i bei momenti vissuti insieme, non era scoppiato a piangere e aveva imparato a convivere con la sua assenza. 
Benjamin avrebbe voluto chiedergli quale fosse il segreto, avrebbe voluto poter parlare di Aiden in quel modo, senza lasciarsi sopraffare dal dolore. 
«Capisco bene cosa si prova», disse soltanto. 
«Io non ho mai avuto un rapporto così stretto con i miei nonni ma so cosa vuol dire perdere una persona importante», spiegò e Federico non fece domande, si limitò ad annuire e cambiò discorso per alleggerire l'atmosfera.
«Hai mai assaggiato la carbonara?», chiese invitandolo a seguirlo in cucina. 
«No ma ne ho sentito parlare, ci sono dei ristoranti italiani qui a Byron Bay», rispose e sbirciò sul fornello. «Che profumo!», esclamò sollevando il coperchio. 
«Quello è il guanciale… poi mi spiegherai perché lo avevi in frigo!», scherzò.
«Mh, avevo trovato una ricetta gustosa ma ora non ricordo… però non era la carbonara, ne sono certo», disse e prese la pasta dalla credenza. «Ti va di cucinare anche per i miei amici, una di queste sere? Steven è sempre curioso di provare piatti nuovi e non capita tutti i giorni di avere un italiano che cucina per te», aggiunse e lo vide annuire.
«Va bene ma prima devi assaggiare tu e dirmi se ti piace, ora vai a sederti e aspettami fuori...porto i piatti tra cinque minuti», rispose e gli strizzò l'occhiolino. 
Mangiarono insieme parlando di tutto e di niente, trovando una complicità che non sapevano di avere e finendo a ridere insieme senza un motivo.
«Che ne dici se andiamo un po' in spiaggia? È una bella giornata», propose Federico qualche ora più tardi e vide Benjamin sospirare.
«Va bene», acconsentì dopo una lunga esitazione durante la quale immagini dell’ultima volta in spiaggia con Aiden si susseguirono sotto le sue palpebre. «Però io...», iniziò a dire senza sapere come continuare.
«Non sei obbligato a fare il bagno se non vuoi», disse Federico che sembrò leggergli nella mente, ricordando ciò che Benjamin gli aveva confessato quando erano andati a passeggiare sulla sabbia qualche settimana prima. «Però dovresti prestarmi un costume, oppure dobbiamo passare da casa mia a prenderlo», aggiunse.
«Non scherzare, te lo presto io… vieni, così te lo faccio scegliere!», rispose ricordando la sua infinita quantità di costumi, sepolta nell’armadio da cinque anni. 
«Vedo che hai solo costumi sobri!», scherzò il biondo. «Questo mi piace», affermò indicandone uno blu con una fantasia tropicale. 
«Ottima scelta», disse strizzandogli l’occhiolino. «Credo ti vada bene, abbiamo più o meno la stessa taglia», aggiunse. 
«Sì, solo che tu sei diversamente alto», lo prese in giro scompigliandogli il ciuffo.
«Ma smettila», si difese imbronciandosi. 
«Sei carino quando metti il broncio, lo sai?», cambiò discorso e lo vide arrossire. 
«Tu no», replicò facendogli la linguaccia. 
Federico scosse la testa e prese il costume, ma prima di raggiungere il bagno per cambiarsi si avvicinò al suo orecchio. 
«Sei carino anche quando fai la linguaccia… anzi, non sei carino, sei proprio bellissimo», sussurrò e lo lasciò lì, con le guance infuocate e un dolce sorriso a incurvare le sue labbra. 

As free as the ocean | FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora