Useless as an over cigarette

317 16 3
                                    

La voce dentro grida
e quando è così stronza preme.
Le lascio dire tutto,
stavolta andrà come viene.
Il cielo si spalanca
dopo che la pioggia piange,
si poggia sulle facce, pesante.
Distendo le mie gambe
qui seduto in riva all'argine
con una profezia sulla voragine
quasi convinto che si stia per compiere
e provo a immaginare dove il fiume andrà,
costretto a digiunare per necessità.
Per ritrovare me lo lascio scorrere.

Vuoi sapere adesso dove sono,
sono come sotto un temporale.
Né un ombrello né un accappatoio
mi protegge dal male.
Queste mani dicono chi sono,
se mi volto so che niente è uguale.
Questo amore che a volte imprigiono
mi protegge dal male.
[Un temporale; Ghemon]

La prima sensazione che Federico avvertì quando si svegliò fu il freddo provocato dai piedi gelati di Benjamin incastrati tra i propri e aprì gli occhi di scatto, osservando il fidanzato ancora addormentato con il viso illuminato da un raggio di sole. 
Il biondo amava guardarlo dormire, perdersi ad osservare le ombre che le sue ciglia incurvate proiettavano sulle guance arrossate dall'abbronzatura, le sue ciocche ribelli scivolate sulla fronte, le sue labbra socchiuse e morbide. 
Semplicemente amava perdersi ad osservare il suo viso dai lineamenti delicati come se fosse un quadro di Monet o un'alba tra le dune del deserto e poi sfiorarlo piano, con gesti quasi impercettibili. 
Gli piaceva vederlo così calmo, come l'oceano nei giorni senza vento, e così rilassato come ogni volta che si rifugiava tra le sue braccia a cercare un po' di calore. 
Svegliarsi con il ragazzo che amava appoggiato al suo petto e il suo respiro contro la pelle sensibile del collo era qualcosa di indescrivibile e impagabile che gli scaldava il cuore ogni giorno di più e che voleva fare per sempre, perché ormai l'aveva capito che una vita senza Benjamin non sarebbe mai stata completa. Quel surfista con l'oceano negli occhi e un bagaglio emotivo complicato era la persona che più lo aveva fatto sentire vivo e felice, la persona che aveva stravolto tutto con un solo e semplice sguardo inconsapevole. 
«Mh», mugolò Benjamin stiracchiandosi, spalmato completamente sul corpo dell'altro.
«Buongiorno amore», disse con la voce stropicciata dal sonno e il biondo incastrò le dita tra i suoi capelli, sorridendo senza farsi vedere. 
«Buongiorno dormiglione», lo prese in giro accarezzandogli il fianco nudo con la mano libera, l’altra ancora tra le ciocche disordinate. 
«Ma smettila, tanto lo so che ti svegli prima di me solo perché così puoi guardarmi dormire», ribatté compiaciuto e gli lasciò un bacio sul petto prima di nascondere di nuovo la testa sulla sua spalla e baciargli il collo. 
«Se fossi un po' meno carino e coccoloso quando dormi non ti guarderei così tanto», si difese e Benjamin rise sentendo le guance colorarsi di qualche sfumatura rossastra. 
«Non mi hai dato il buongiorno come si deve», si lamentò sporgendo il labbro inferiore e Federico sentì l'autocontrollo svanire goccia dopo goccia, soprattutto se ripensava alla sera precedente e al modo in cui Benjamin aveva urlato il suo nome mentre si spingeva lentamente nella sua bocca chiedendogli di più e a come l'aveva spinto contro il muro non appena erano rientrati a casa dalla cena dai suoi genitori. 
«Non mi provocare stronzetto», disse e lo sovrastò con il proprio corpo prima di lambire le sue labbra con la lingua e coinvolgerlo in un bacio bagnato, scomposto e passionale. 
Sentì le mani del moro sfiorargli le braccia, le scapole e scendere giù lungo la colonna vertebrale per arrestarsi sull’elastico dei boxer prima di stringergli possessivamente il fondoschiena. Mugolò quando quel gesto fece scontrare i loro bacini e gli morse il labbro prima di spostarsi a mordergli il collo, soffermandosi a succhiare un lembo di pelle vicino alla clavicola per farlo ansimare senza alcun controllo. 
Con il respiro spezzato di Benjamin nell’orecchio, iniziò a muoversi e boccheggiò nel sentire la sua erezione a contatto con la propria, nonostante il tessuto degli slip ancora tra loro. 
«A-ah… che… che bel risveglio», ammiccò il moro e infilò le mani nei suoi boxer per palpare maliziosamente i suoi glutei sodi. «Bellissimo», precisò inarcando la schiena. 
«Toglimeli e farò lo stesso», lo provocò e Benjamin non se lo fece ripetere una seconda volta, un attimo dopo non c’era più alcuna barriera tra loro. 
Pelle contro pelle e mille brividi a fare da sfondo ai loro gemiti. 
«A-ah… Fede», ansimò all’ennesimo sfioramento e gli rubò un altro bacio tutto lingua e denti, che mise fine ai loro respiri spezzati. 
Ribaltò le posizioni e lo guardò malizioso, voleva vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi freneticamente, voleva vederlo contorcersi dal piacere e voleva sentire la sua voce ripetere il proprio nome come se non conoscesse altre parole. Rimase immobile per qualche istante, quanto bastava per vedere i suoi occhi lucidi, poi lo colse alla sprovvista circondando la sua erezione iniziando a muoversi lentamente. 
«T-ti prego B-ben… a-ah», lo invitò muovendosi per andargli incontro. 
«Cosa c’è amore?», rispose ingenuo, mordendosi il labbro. 
«Più veloce», lo pregò reclinando la testa tra i cuscini e il moro lo accontentò, aumentando la velocità dei suoi movimenti per spingerlo al limite. Avrebbe voluto accogliere il suo orgasmo tra le labbra ma cambiò idea, voleva farlo impazzire e sapeva come fare. 
Continuò a muovere ritmicamente la mano intorno alla sua intimità e cogliendolo alla sprovvista si abbassò a baciargli la punta accogliendola piano nella sua bocca facendolo letteralmente urlare.
«Oh cazzo, amore!», gridò eccitato. «A-ancora, così», lo esortò e il moro seguì con la lingua il profilo di una vena prima di inglobare fino in fondo la sua erezione e poi spostarsi, lasciandolo interdetto e ansimante. 
«N-no B-ben, non… dai!», si lamentò e il moro rise prima di tornare a muovere la mano intorno alla sua lunghezza, aumentando la velocità dei movimenti facendo comprendere al biondo le sue intenzioni. «Stronzetto che non sei altro», sussurrò infatti con la voce roca e il desiderio negli occhi. 
Benjamin sorrise compiaciuto e pensò di poter raggiungere l’orgasmo senza nemmeno toccarsi, soltanto guardando Federico così succube dei suoi gesti. Accelerò ancora finché il biondo gridò il suo nome sporcandosi l’addome del suo stesso piacere; aveva scoperto quanto gli piacesse e si chinò ad accarezzare i suoi addominali con la lingua. 
«Cazzo Benjamin, potrei venire una seconda volta», affermò eccitato, incastrando le dita tra i suoi capelli. «Amo quando lo fai, Dio...»
«Oh, biondino… lo so benissimo», affermò quando era sparita ogni traccia del suo orgasmo. «E io amo farlo, mi fa impazzire vederti… insomma, hai capito», aggiunse e gli rubò un bacio esigente e ad alto tasso erotico. 
Federico gli morse il labbro succhiandolo piano e ribaltò le posizioni, scendendo pericolosamente verso il basso ventre non prima di essersi amorevolmente dedicato ai suoi capezzoli e alle sue fossette addominali. Accolse l’erezione di Benjamin tra le labbra e gli strinse i fianchi tra le dita, godendosi i suoi gemiti spezzati. 
Sapeva che sarebbe bastato poco, il moro era ad un passo dall’apice del piacere e infatti qualche secondo più tardi esplose nella sua bocca ma voleva prolungargli l’orgasmo così lo colse alla sprovvista e scese lungo l’inguine lasciando morsi qua e là fino a raggiungere la sua apertura accarezzandola con la lingua. 
«A-ah… amore!», gridò stringendo le lenzuola tra le dita. 
Non riuscì neanche a dirgli che quella era la sua prima volta, non riuscì a fare nulla se non contorcersi e ansimare senza alcun controllo mentre Federico gli faceva scoprire nuovi piaceri proibiti. Sentiva le sue dita accarezzargli i fianchi e le cosce, la sua lingua spingersi sempre più a fondo dentro di sé e neanche si accorse di essere nuovamente eccitato, era tutto così intenso che per un attimo credette di aver perso il contatto con la realtà. 
«Fe… Federico», riuscì a dire tra un gemito e l’altro, gridando quando il biondo senza smettere di fare magie con la bocca gli circondò l’erezione con la mano, muovendosi piano fino a regalargli un secondo, intensissimo, orgasmo che lo lasciò esausto e ansimante sul letto sfatto che profumava di loro. 
Pensò di poter impazzire del tutto quando Federico iniziò a toccarsi da solo sussurrando il suo nome, senza staccargli gli occhi di dosso.
«A-ah… Benjamin», mugolò mordendosi il labbro mentre il moro lo fissava indeciso, non sapeva se continuare a godersi lo spettacolo o farne parte. «Sì Ben, così», lo provocò e a quel punto vide un lampo di eccitazione scurire i suoi occhi poco prima che la propria schiena toccasse il materasso e la sua bocca intorno alla propria intimità gli regalasse scosse bollenti al basso ventre.
«Cazzo!», gridò quando Benjamin accolse la sua lunghezza fino in fondo, succhiandola con versi osceni e sfiorandogli l'apertura con un dito. «Cazzo, Benjamin!», ansimò ancora prima di riversarsi tra le sue labbra stringendogli le ciocche scure tra le dita. 
«Amo quando urli il mio nome in questo modo», sussurrò baciandolo, facendogli assaggiare il suo stesso sapore. «E amo farti questo effetto», precisò mentre il respiro di Federico si regolarizzava a fatica. 
«Io amo te», rispose il biondo sfiorandogli il naso. «E questi risvegli inaspettati e un po' piccanti», scherzò facendolo ridere. 
«Era la prima volta che qualcuno…», disse imbarazzato ma sapeva che il fidanzato avrebbe capito. «A nessuno importava se fossi pronto o meno, volevano soltanto soddisfarsi e non pensavano mai a me», aggiunse e Federico si sedette appoggiando la schiena alla testiera del letto, invitando il moro a posare la testa sulle sue gambe. 
«Mi dispiace così tanto amore… se solo ci penso mi sento male perché odio anche solo il pensiero che qualcuno ti abbia toccato senza alcun rispetto, che qualcuno ti abbia trattato come se non valessi niente, che qualcuno si sia preso il tuo corpo quando non eri pienamente lucido. Sento il sangue ribollire nelle vene se ci penso ma ti prometto che non proverai mai più nulla del genere, te lo prometto», rispose accarezzandogli il braccio compiendo piccoli movimenti dall'alto verso il basso. «Farò l'amore con te e ti amerò sempre con tutto me stesso Benjamin, così come tu amerai me».
«Mi fido di te, mi fido di te dal primo giorno Fede… so che non faresti mai niente per ferirmi», rispose guardandolo. «Non ho paura di te, io ho paura di me stesso», ammise e il biondo smise per un attimo di respirare, senza sapere cosa rispondere. 
«Ho paura di essere troppo teso e rovinare tutto, paura di non riuscire a vivere il momento ripensando ai bagni del Birdees, paura di non farti stare bene come tu fai con me… ho paura di non essere all'altezza delle tue aspettative e di non...», un bacio inghiottì tutte le altre parole che avrebbe voluto dire, parole che Federico non voleva neanche sentire.
«Benjamin credimi, capisco perché hai paura… ma fare l’amore con la persona che ami è qualcosa di inspiegabilmente bellissimo, verrà tutto naturale anche per te che non l’hai mai fatto così, te lo assicuro», disse guardandolo negli occhi. «Quante tue paure ho fatto svanire da quando ti conosco?», chiese accarezzandogli la guancia. 
«Tantissime», ammise e sentì il battito accelerare. «Non dubitare mai di quello che provo per te… ti amo, ti amo più di quanto possa descrivere a parole e voglio amarti in ogni modo possibile». 
«Lo so amore, non ne ho mai dubitato e non inizierò a farlo adesso! Ti amo anche io e aspetterò che tu sia pronto, non sentirti mai obbligato a fare qualcosa con me o per me. Se dovessi mai sentirti così voglio che tu me lo dica», rispose cercando il suo sguardo. «Non voglio metterti pressione in alcun modo ma magari involontariamente l’ho fatto, se è così lo voglio sapere… ricordi cosa ti dissi tempo fa, quando mi dicesti delle tue corse in moto?». 
«Mi ricordo ogni cosa che mi hai detto», disse sincero, perché ogni parola di Federico aveva contribuito a far crollare la sua corazza. «Hai detto che volevi proteggermi… è ancora così?».
«È ancora così», confermò spostandogli una ciocca di capelli dalla fronte. «E lo sarà sempre! Voglio che tu stia bene e che ciò che vivi con me ti faccia dimenticare quello che ti ha ferito perché meriti solo il meglio». 
«Sto bene con te amore, sto così tanto bene che a volte mi sembra tutto un sogno perché fino a pochi mesi fa non vedevo neanche uno spiraglio di luce», disse e gli baciò piano le labbra. «Non dimenticherò mai quei cinque anni e tutto il dolore che ho provato per sentirmi vivo ma pesano molto meno adesso che ci sei, ora non ho più bisogno di quelle cose… ora mi sento vivo quando apro gli occhi e vedo i tuoi, quando cammino sul lungomare per tornare a casa, quando la sera accendo la tv e ti vedo entrare in salotto con i popcorn in mano, quando cavalco le onde, quando la mattina mi alzo e preparo la colazione per due… mi sento vivo perché credo che niente possa farci sentire vivi più dell’amore e io ti amo, amo te e la vita che ho detestato perché pensavo di non meritarla».
Vide lo sguardo di Federico annebbiarsi e lo abbracciò stretto, posando la testa sul suo cuore sentendolo accelerare all’istante. 
«Vado a fare il caffè amore», annunciò il biondo mezz’ora più tardi. «Quasi non la riconosco più la mia cucina, ormai cerco le cose dove le tieni tu… mi sono abituato alla tua», disse e il moro sorrise, immaginando come sarebbe stato vivere davvero insieme, senza più spostarsi da una casa all’altra a seconda delle necessità. 
Ogni scenario al quale riusciva a pensare era positivo e bellissimo ma ancora non si sentiva pronto a fare quel passo decisivo e importante, sapeva che avevano raggiunto un loro equilibrio e lo considerava un successo enorme. 
«Ben ti sei addormentato di nuovo?», la voce squillante di Federico lo raggiunse in camera facendolo ridacchiare.
«No amore, mi stavo vestendo!», mentì perché era ancora sotto le coperte a far vagare la fantasia nel futuro. «Arrivo!», annunciò e corse in bagno per sciacquarsi il viso, osservando il suo riflesso nello specchio. Era felice e quell’immagine descriveva alla perfezione la sua felicità; sorrise nel notare i segni dell’amore sulla sua pelle chiara. 
«Quanto sei bello stamattina», esclamò Federico correndogli incontro per rubargli un bacio. «Sarà merito della mia maglietta o di questo sorriso incredibile?», chiese retorico e Benjamin rise scompigliandogli i capelli. 
«Sicuramente della tua maglietta che mi sta anche un po’ grande, possibile che tu prenda sempre vestiti di due taglie in più? Non ci credo che ti stia giusta, è impossibile!», replicò prima di bere un sorso di caffè. 
«Mi sta benissimo, è che tu sei...»
«Smettila di dire che sono basso perché sai anche tu che non è vero», lo interruppe scrollando le spalle. 
«Lo so ma è troppo divertente vedere come ti arrabbi quando ti prendo in giro», affermò avvicinandosi per chinarsi a baciargli i capelli. «Un piccolo bimbo arrabbiato», scherzò ridacchiando e il moro roteò gli occhi.
«Sai chi può sfotterci per l’altezza? Steven, non tu che sei solo qualche centimetro più alto di me», affermò addentando un biscotto, sbriciolando sulla tavola. 
«Touché», replicò ironico. «Quel ragazzo è alto quasi due metri, ma cosa mangiava da piccolo?». 
«Quanto sei cretino», commentò Benjamin rischiando di strozzarsi con il latte al miele che stava bevendo. «Non so quanto possa aver contribuito ma ha fatto basket per anni prima di diventare un personal trainer e iniziare a lavorare in palestra».
«Ecco, avrei dovuto fare pallacanestro invece di calcio, lo sapevo!», disse con tono teatrale.
«Giocavi a calcio?», chiese stupito. «Non lo sapevo, non me l’avevi mai detto».
«Sì, ho giocato per qualche anno ma niente di serio anche se mi piaceva… diciamo che non ero bravissimo infatti stavo in difesa!», rispose sgranocchiando una fetta biscottata. «Ogni volta che provavo a segnare prendevo pali, però tutto sommato come difensore me la cavavo bene», precisò e Benjamin annuì. 
«Alcuni amici di mio fratello giocavano a calcetto e organizzavano spesso qualche partita, non so se lo facciano ancora dato che non li sento né vedo più ma posso provare a contattarne qualcuno così se vuoi puoi andare a giocare ogni tanto… io sono negato, preferisco gli sport acquatici», propose e il biondo sorrise, stupito da quel gesto. 
«Al momento non è una priorità tornare a giocare ma grazie amore, lo terrò a mente», disse e gli versò la spremuta d’arancia nel bicchiere. «Andavi d’accordo con loro?». 
«Sì, molto», affermò. «Aiden aveva proprio un bel gruppo di amici e capitava spesso che uscissimo tutti insieme perché uno di questi ragazzi è il vicino di casa di Brad quindi si conoscono bene», raccontò nostalgico. «Rachel mi ha detto che volevano vedermi e mi ha invitato diverse volte ad uscire con loro ma non potevo farlo, lei è stata l’unica persona vicina ad Aiden con la quale ho mantenuto un rapporto. Mi sentivo così tanto in colpa che ho evitato tutti, non sopportavo l’idea che potessero guardarmi in modo diverso. Credevo che mi giudicassero o mi odiassero ma in realtà era soltanto una mia proiezione, ero io a odiarmi e giudicarmi, so che nessuno oltre me l’ha fatto. È solo che mi sentivo addosso gli sguardi della gente, molti mi guardavano con compassione, come se facessi loro pena… sapevano tutti di Aiden e mi dava fastidio, io volevo soltanto vivermi il mio dolore da solo e non essere guardato sempre come il ragazzo che aveva perso un fratello in un incidente». 
Federico posò una mano sulla sua e la strinse piano, guardandolo negli occhi. 
«Ora che stai meglio potresti provare a recuperare un rapporto con loro, per rivederli anche solo una volta», suggerì e il moro annuì. 
«Lo farò ma non adesso, non posso gestire tutto insieme Fede… so che da fuori sembra facile ma ho ancora un casino dentro, sto bene ma mi serve tempo per mettere ordine e far tornare ogni tassello al proprio posto», rispose calmo. «So che non vuoi mettermi fretta e apprezzo i tuoi suggerimenti amore, davvero, ma adesso che mi sto rialzando non voglio accelerare i tempi, piano piano sistemerò tutto». 
«Credo in te amore, lo sai», disse e si alzò per rubargli un bacio prima di andare a farsi una doccia e cambiarsi per iniziare una nuova giornata. «Benjamin ma per caso ti ricordi se i miei jeans chiari sono a casa tua? Non li trovo!», strillò appena dieci minuti dopo. 
«Sì Fede, sono da me nel cesto della biancheria sporca!», rispose finendo di sistemare la cucina. 
«Continuo a confondermi con i vestiti che lascio da te e quelli che ho qui, sono un caso perso!», rispose ridendo. «Come farei se non ci fossi tu!», aggiunse e Benjamin lo raggiunse in camera, frugando nel suo cassetto. 
«Beh io mi sono scordato i boxer quindi devo rubarne un paio dei tuoi», replicò scrollando le spalle. «Quindi siamo due casi persi, ci piace proprio complicarci la vita». 
«In realtà a me no ma mi tocca assecondarti», rispose ironico lanciandogli una frecciatina che Benjamin afferrò al volo, scegliendo però di ignorarla. 
Mezz’ora e molti baci più tardi, Benjamin indossò una camicia leggera per ripararsi dal vento fresco del mattino e afferrò le chiavi della sua kawasaki dal tavolino accanto all’ingresso. 
«Amore iniziò ad uscire così faccio scaldare un po’ la moto, non farmi aspettare mezz’ora!», avvisò e uscì chiudendosi la porta alle spalle ma non fece in tempo a raggiungere il marciapiedi che un covo di giornalisti lo circondò facendogli mancare il respiro. 
«Benjamin sappiamo che è tornato a surfare, ci racconti meglio!»
«Tornerà a gareggiare o rimarrà solo un suo hobby?»
«Cosa l’ha aiutata a superare la perdita di suo fratello?»
«È un ritorno definitivo o solo temporaneo?»
«Chi le ha dato la forza di rialzarsi dopo una sconfitta così pesante?»
Troppe domande, troppe persone a circondarlo senza permettergli di spostarsi. 
Era all’aperto ma sembrava aver dimenticato come si respirasse, vedeva i loro microfoni puntati nella sua direzione e le loro labbra muoversi ma non stava più ascoltando. 
Aveva lo sguardo fisso a guardare un punto imprecisato nel giardino della casa dall’altro lato della strada mentre una sensazione opprimente gli accartocciava lo stomaco. 
Era riuscito ad evitare i giornalisti per tutto quel tempo e si chiese come fosse possibile che fossero tornati a cercarlo, soprattutto fuori da un’abitazione che non era la sua e immediatamente le sue sinapsi gli fornirono la risposta che stava cercando: Scott Whelan. 
Non aveva alcun dubbio, era l’unico eccetto i suoi amici e la sua famiglia a sapere che era tornato a surfare, era l’unico a sapere dove Federico abitasse perché l’agenzia immobiliare dalla quale aveva affittato la casa apparteneva ai suoi genitori. 
«Andatevene, non risponderò alle vostre domande», urlò infastidito e rinsavì riuscendo a spostarsi ma fu placcato da altri giornalisti comparsi da chissà dove. Si sentì in trappola, sapeva che non sarebbe mai riuscito ad eludere per sempre le loro domande e pregò che Federico uscisse il prima possibile per poter andare via da lì e sfrecciare altrove. 
«Non avete sentito quello che ha detto? Andatevene!», intervenne il biondo afferrandogli un braccio, aiutandolo ad allontanarsi.
Benjamin stava tremando, odiava reagire in quel modo ma non era affatto pronto a parlare di Aiden e della sua esperienza con gli estranei, non voleva sentirsi pressato a dire o fare qualcosa che non voleva, non quando era ancora così fragile. 
«Amore guida quanto basta per allontanarti da qui ma poi fermati», si raccomandò Federico salendo in sella, stringendosi forte a lui per fargli sapere che era lì, che non lo avrebbe lasciato solo ad affrontare quella situazione.
Sentì il vento sbattergli addosso e non riusciva a vedere il tachimetro ma percepiva che il moro stava accelerando più di quanto dovesse, gesto che lo fece spaventare anche se sapeva che non lo avrebbe mai messo in pericolo, non l’aveva mai fatto. 
Vide un semaforo e sperò che diventasse rosso, esultando internamente quando successe e lo costrinse a diminuire la velocità fino a fermarsi. 
«Amore ti prego fermati, accosta e parliamone», urlò alzando la visiera. «Per favore Benjamin, non sono tranquillo se guidi quando sei agitato… ho paura», disse giocandosi quella carta sapendo che in quel modo avrebbe ceduto e infatti al primo spiazzo accostò spegnendo la moto, rimanendo però immobile senza nemmeno togliere le mani dal manubrio. Si tolse il casco e continuò a tenerlo stretto posandogli il mento sulla spalla senza parlare, limitandosi a stargli semplicemente vicino perché sapeva che in fondo era l’unica cosa di cui Benjamin aveva bisogno. 
Gli lasciò il suo tempo, non si preoccupò nemmeno di controllare da quanto fossero fermi lì, né del cellulare che vibrava nella tasca dei jeans. Aspettò che il moro fosse pronto e lentamente lo vide lasciare il manubrio per slacciarsi il casco, capendo che si era calmato almeno un po’. 
«Scott è un vero stronzo, perché mi ha fatto questo?», disse ferito. «Perché deve sempre pugnalarmi alle spalle e far leva sui miei punti deboli quando sa bene che non posso gestire anche i giornalisti in questo momento?», continuò trattenendo le lacrime. 
«Sei sicuro che sia stato lui?», domandò. 
«Certo che è stato lui, chi vuoi che sia stato… mio padre? Dylan? Rachel?», sbottò agitandosi. «È l’unico oltre voi che sa che sono tornato a surfare ed è anche l’unico che sa dove abiti visto che hai affittato casa tua dall’agenzia immobiliare dei suoi genitori», aggiunse abbassando la voce. «Ed è anche l’unico che vuole ferirmi, mi aveva avvisato quella volta nel mio studio».
«Amore guardami, devi calmarti perché così non risolvi nulla», disse e ottenne l’opposto di quello che sperava. Benjamin scese dalla moto e iniziò ad urlargli contro, fregandosene dei pochi passanti che fortunatamente erano abbastanza lontani. 
«Come cazzo faccio a calmarmi? Adesso che tutti sanno che sono tornato a surfare sarò perseguitato da giornalisti, proprio ora che stavo finalmente trovando il mio equilibrio!», disse trattenendosi dal lanciare il casco sull’asfalto. «Non ero pronto, non sono pronto ad affrontare questa cosa adesso, non lo capisci? Per te è tutto facile, non sei tu quello che verrà preso di mira da quegli avvoltoi capaci di qualunque cosa pur di avere qualche riga da buttare su un giornaletto, tu non capisci!», continuò incapace di calmarsi e fermarsi a pensare che se la stava prendendo con la persona sbagliata. 
«Benjamin...»
«Benjamin un cazzo!», gridò rabbioso, con i pugni serrati e la mascella tesa. «Quello era il mio mondo, ho rilasciato tantissime interviste e sono finito sulle copertine dei quotidiani locali, sono finito persino in tv quando ho vinto la gara più importante dell’anno ma ero io a scegliere di farlo, a dare il mio consenso! Mai nessuno si è permesso di venire sotto casa a pretendere che rispondessi a qualche domanda, mai! Lo capisci cosa vuol dire sentirsi privati della propria privacy? Cazzo, ora sanno anche di te, lo capisci che ti ho trascinato in questa cosa alla quale tu non sei abituato? Io volevo proteggerti da tutto questo, io volevo...», si bloccò e le lacrime agli angoli degli occhi gli impedirono di continuare ad urlare. «Odio sentirmi così, odio Scott, odio...», sussurrò piangendo e Federico gli bloccò i polsi tra le mani, tentando di farlo calmare. 
«Calmati Benjamin, ti prego calmati», sussurrò attirandolo a sé. 
Il moro era sconvolto e teso, le sue mani tremavano e sembrava sul punto di esplodere, Federico vedeva che non era in sé e forse per la prima volta era davvero in difficoltà perché non sapeva come aiutarlo. 
«Va tutto bene amore», sussurrò perché di solito quella frase lo faceva calmare, ma quel giorno non servì a nulla se non a peggiorare la situazione. 
«Invece non va bene un cazzo, perché continui a dirlo? Forse va tutto bene per te, tu non c’entri niente, sono io quello pieno di casini e di problemi!», gridò spostandosi bruscamente. «Sono io quello che deve parlare di suo fratello di fronte ad un fottuto microfono, sono io che devo rimettermi in piedi dopo l’ennesima caduta, sono io che non avrò più la mia cazzo di privacy adesso che tutti sapranno che ho ricominciato a surfare!», precisò dando un calcio ad un sassolino facendolo volare lontano, era furioso e gli sembrava di essere tornato ai tempi in cui l’unica cosa che gli riusciva bene era essere sprezzante con gli altri. 
«Urlami addosso se ti fa stare meglio ma questo non risolverà le cose», rispose fingendo una calma che in realtà non aveva, era preoccupato perché le reazioni impulsive di Benjamin lo spaventavano e non si fidava a lasciarlo da solo per andare all’albergo. 
«Tu non lo sai come funzionano queste cose, adesso saranno ovunque finché non avranno le risposte che vogliono, perché la fai così facile eh? Perché non capisci?», continuò imperterrito, incapace di controllarsi finché alzò gli occhi e incontrò quelli spenti e impauriti di Federico e si bloccò come se qualcuno gli avesse rovesciato addosso un secchio d’acqua ghiacciata. Lo vide in difficoltà, quasi stremato e pronto a prendersi tutte le pallottole che gli stava sparando senza alcuna forza e voglia di opporsi; fu quella la molla che fece scattare tutti i suoi sensi e gli permise di prendere un respiro profondo. 
Abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa per tutto quello che aveva rovesciato addosso all’unica persona che non avrebbe mai voluto trattare in quel modo. 
La prima cosa che aveva pensato quando aveva compreso che si sarebbe potuto affezionare davvero a Federico era di non poterlo fare perché doveva proteggerlo da se stesso, perché voleva evitare di arrivare al punto di trattarlo come aveva fatto con gli altri. 
Eppure era caduto nella trappola perché quello che era successo fuori casa aveva scatenato qualcosa di troppo grande, era stato come un fiammifero messo accanto ad una miccia pronta ad esplodere. 
Benjamin si sentiva come un vulcano a riposo ma sempre pronto ad eruttare ed era ciò che più lo spaventava; sapeva di non aver fatto passi indietro nel suo percorso di rinascita, era consapevole che mesi prima non sarebbe riuscito a fermarsi e riflettere razionalmente così come stava facendo in quel momento ma sapeva di aver comunque sbagliato e vedere il suo fidanzato con quell’espressione sconcertata sul viso gli fece sentire un dolore sordo al centro del petto. 
Voleva scusarsi e dirgli che non pensava nulla di ciò che aveva detto ma sembrava aver perso la capacità di articolare una frase e si allontanò, sedendosi sulla moto con i gomiti sul manubrio e le mani a coprirsi il viso rigato di lacrime. 
Non sentì i passi di Federico avvicinarsi e sapeva di meritarlo, anzi era stupito perché il biondo non aveva reagito ed era ancora lì, lontano ma pur sempre lì. 
«Benjamin risolveremo questa situazione insieme», sussurrò dopo qualche minuto, avvicinandosi piano perché vederlo piangere era davvero insopportabile. «Andrà tutto bene». 
«N-non sto piangendo per… per quello», riuscì a dire senza alzare lo sguardo. 
«E allora perché stai…?»
«Per come ti ho trattato», disse tirando su con il naso. «Perché ti ho urlato addosso tutte quelle cose, perché non sono stato capace di capire che non dovevo prendermela con te, perché è successo per l’ennesima volta quello che ho sempre voluto evitare e cioè farti male, io non voglio che tu stia male per colpa mia».
«Amore stai tranquillo, so che non pensi quello che hai detto e anche se non è bello quando mi urli contro posso sopportarlo, non...»
«Ma io non voglio che tu debba farlo, non è giusto che tu sia sempre lì a sopportare tutti i miei colpi. L’ho visto quanto ti ho ferito, ce l’avevi scritto negli occhi e io sono bravo solo in questo, a ferire gli altri per difendermi», rispose sentendosi terribilmente in colpa. 
Federico gli sollevò il viso per cercare il suo sguardo e gli accarezzò una guancia, riusciva a leggere quanto fosse dispiaciuto e anche se sapeva che non si meritava di essere trattato in quel modo, sapeva anche che il moro non era pienamente in sé. 
«Ben non voglio mentirti, sappiamo entrambi che è sbagliato il tuo modo di reagire ma sappiamo anche che ci stai lavorando e che è un percorso lungo, ci sono rimasto male perché non sapevo come aiutarti… ti ho visto più in difficoltà del solito e ogni cosa che provavo a dire peggiorava tutto, è per questo che mi hai visto così», spiegò e il moro lo attirò a sé per abbracciarlo e far sparire ogni distanza tra loro. 
«Scusami amore», sussurrò consapevole di quanto fosse forte, per lui, il significato di quelle due parole. «Mi dispiace, mi dispiace tanto… voglio proteggerti da me e non ci riesco mai ma ti amo, ti amo Federico». 
«Anche io ti amo», rispose accarezzandogli la schiena. 
«Mi dispiace averti fatto sentire impotente», disse incastrando la testa sulla sua spalla. «E averti fatto spaventare prima, con la moto… scusa se non mi sono fermato subito», aggiunse e il biondo gli lasciò un bacio tra i capelli continuando a stringerlo. 
«Va tutto bene amore, l’importante è che tu ora sia più tranquillo», replicò calmo. 
«Come puoi essere così sereno? Ti ho urlato addosso, ti ho trattato malissimo e tu ti preoccupi per me invece di voler litigare, o di essere arrabbiato con me. So che è quello che merito, perché non lo fai?», chiese stupito. 
«Perché litigare non serve a niente in questo momento e perché l'ultima cosa che voglio è farti stare peggio, so che sei già distrutto per la questione dei giornalisti...perché dovrei infierire con un litigio inutile? Hai sbagliato e mi hai chiesto scusa, va bene così amore», rispose rilassato. «Io odio litigare, ogni tanto è giusto farlo ma se è costruttivo e in questo caso non lo è perché tu già lo hai capito da solo che hai sbagliato, non ho voglia di discutere… voglio solo sapere se stai meglio perché altrimenti non sono tranquillo ad andare da Dylan all’hotel». 
«Un’altra cosa che odio è farti preoccupare perché sono un dannato casino, io non voglio farti stare in pensiero per me», rispose guardandolo negli occhi. 
«Benjamin io mi preoccupo perché sei il mio fidanzato e ci tengo a te, non perché sei un casino! Sì, è vero, ho paura che tu possa fare qualcosa di sbagliato e metterti in pericolo, lo ammetto, ma non devi sentirti in colpa», disse e gli prese il viso tra le mani prima di rubargli un bacio. 
«Sto meglio», affermò anche se non era del tutto vero, ma non poteva permettersi di rovinare la giornata di Federico, non dopo quello che era successo poco prima. «Puoi stare tranquillo amore… e poi anche io sarò a lavoro, oggi ho pochi pazienti ma devo comunque andare in studio», gli ricordò e abbozzò un sorriso tirato. 
«Magari stasera possiamo uscire a cena, che ne dici?», propose per tirarlo un po’ su. 
«Scusa Fede ma non ho voglia di vedere gente, possiamo stare solo io e te a casa mia o tua? Dove preferisci, ma voglio stare con te e basta», ammise e Federico annuì. 
«Come vuoi tu amore, va bene! Pensavo che uscire e distrarti potesse farti stare meglio ma se preferisci rimanere a casa allora rimarremo a casa», lo assecondò tranquillo. «Te la senti di guidare? Altrimenti lasciamo la moto qui e chiamiamo un taxi».
«No, no… me la sento e ti prometto che andrò piano». 
«Anche dopo, quando sarai da solo?», chiese agitandosi. 
«Sì amore», rispose e sapeva che avrebbe mantenuto quella promessa, non voleva rischiare di superare ancora una volta il limite. «Promesso», aggiunse perché vide incertezza negli occhi dell’altro. 
«Allora andiamo», disse e salì in sella, non prima di avergli rubato un altro bacio leggero. 
Benjamin mantenne la sua promessa e guidò rispettando i segnali fino a raggiungere l’albergo del biondo. Accostò la moto e decise di accompagnarlo all’interno per vedere come proseguivano i lavori, rimanendo piacevolmente stupito. 
Aveva già visto le foto ma osservare tutto con i propri occhi fu ancora più bello e si congratulò con il suo fidanzato e con Dylan per il modo in cui avevano reso quel posto un vero e proprio capolavoro, poi salutò entrambi e uscì ma il biondo gli corse dietro e lo fece fermare afferrandogli il braccio con una presa leggera.
«Vai piano e stai attento alla strada amore», disse quasi supplicandolo. «E mandami un messaggio quando arrivi in studio», aggiunse e Benjamin sentì qualcosa rompersi dentro nel vederlo così apprensivo.
Capì che niente avrebbe potuto fargli male quanto ferire e far spaventare Federico, capì che l'amore che provava per lui sarebbe stato il freno a mano che gli avrebbe impedito di compiere passi azzardati. 
«Va bene amore ma tu stai tranquillo, ok? Non voglio vederti così», rispose e il biondo lo attirò a sé per abbracciarlo. 
«Per qualsiasi cosa chiamami e corro da te, ok? Ti amo», disse e Benjamin gli rubò un bacio a fior di labbra. 
«Ti amo anch'io», rispose e salì in sella alla sua Kawasaki. Avrebbe mentito se avesse detto di non aver sentito l'impulso di spingere a fondo l'acceleratore ma non lo fece, non tanto per se stesso quanto per Federico. 
Glielo aveva promesso e l'ultima cosa che voleva era infrangere quella promessa, ricordava ancora quante volte il biondo gli aveva detto di essersi spaventato a morte per il suo incidente e non voleva che succedesse di nuovo. 
Sospirò quando finalmente parcheggiò sotto il suo studio ma la sensazione di calma e soddisfazione scomparve subito quando vide Scott in piedi accanto alla porta. 
«Ehi Doc, ti sembra l'ora di arrivare? Sono le 10!», disse sfacciato. 
«Non sono cazzi tuoi e non hai un appuntamento, vattene Scott», rispose acido, appellandosi a tutto il suo autocontrollo per non urlare in mezzo alla strada. 
«Uh, qualcuno qui è di cattivo umore», lo schernì ridacchiando. «Non hai apprezzato il mio regalino? Eppure pensavo ti sarebbe piaciuto riprenderti il posto in prima linea sui quotidiani locali… cos'è, ora non vuoi più stare sotto i riflettori?», aggiunse e Benjamin serrò i pugni, sentendo il cuore accelerare i battiti e una vena pulsare sul collo. 
«Sapevo che c'eri tu dietro, lo sapevo», disse a denti stretti. «Sei vergognoso Scott, usare mio fratello e le mie debolezze per ferirmi… ho sempre saputo quanto fossi stronzo ma non pensavo che potessi arrivare a tanto, mi fai schifo», rispose e lo evitò per entrare ma Scott gli impedì di passare. «Togliti di mezzo», esclamò afferrandogli il braccio. 
«Sei sempre stato forte solo e soltanto in acqua Benjamin, cosa credi di fare?», affermò con un tono che suonava quasi minaccioso. 
«Crolli alla prima difficoltà, sei davvero patetico… sei corso a piangere dal tuo fidanzatino?», lo provocò ma il moro non si lasciò intimidire.
«Non devi nominare mai più né Aiden, né Federico», intimò rabbioso. «Odia me, ferisci me ma lasciali stare, lasciali fuori da questa storia», aggiunse alzando la voce.
«Il modo migliore per ferire qualcuno è toccare i suoi punti deboli doc», rispose con tono ovvio. «Aiden è sempre stato il tuo e lo è ancora ma adesso c'è anche Federico. Sei così debole Benjamin, basta un soffio e cadi».
«Chi è forte davvero non ha bisogno di far cadere gli altri per vincere», rispose in un attimo di perfetta lucidità. «Io sono debole, ma tu che ferisci gli altri per sentirti gratificato sei peggio di me», concluse guardandolo dritto negli occhi. 
Scott non si aspettava quelle risposte e si lasciò cogliere impreparato a tal punto che Benjamin riuscì a spostarsi e superarlo.
«Non finisce qui Doc!», gli urlò dietro facendo rimbombare la voce nell'androne delle scale prima di andarsene. 
Il moro si chiuse la porta dello studio alle spalle e si lanciò sul divanetto, fissando il muro con gli occhi pieni di lacrime. 
Odiava reagire in quel modo ma era troppo instabile e dopo aver scritto un messaggio a Federico si lasciò cadere tra i cuscini, capendo subito che la giornata sarebbe stata difficile. Gli sembrava di essere tornato a qualche anno prima, quando persino respirare sembrava una fatica enorme. 
Si rannicchiò e pianse fino a non avere più la forza per farlo, aveva lo stomaco chiuso in una morsa e capì quello che stava succedendo. 
Non gli capitava da anni di sentirsi in quel modo ma non aveva alcuna voglia di alzarsi da lì, né di interagire con qualcuno o lavorare. 
Scrisse un messaggio al fisioterapista che lo sostituiva e dopo aver avuto il suo benestare avvisò i due pazienti della giornata di rivolgersi a lui, dopodiché mise il telefono in modalità aereo e rimase immobile e fissare il soffitto diventando un tutt'uno con il divano. 
Per la prima volta anche il pensiero di vedere Federico lo fece agitare, odiava tutto e tutti indistintamente ma soprattutto se stesso e i pensieri che si alternavano nella sua testa erano esclusivamente a sfondo negativo, rimuginò per ore ed ore finché crollò addormentato e nemmeno si accorse che il sole fuori dalla finestra aveva ceduto il posto alla luna, né che si fosse completamente dimenticato di farsi vivo con il biondo. 
Non aveva la forza né la voglia di fare qualsiasi cosa che non fosse stare da solo su quel divano, esattamente come succedeva anni prima quando l'unica cosa che voleva era passare le giornate a letto. Ignorò il mondo esterno e quella volta nemmeno pensare agli occhi celesti del biondo riuscì a farlo stare meglio, nemmeno pensare a quanto si potesse preoccupare entrando in casa trovandola vuota o a quanto già fosse preoccupato perché non si faceva sentire da ore. Persino pensare era faticoso e Benjamin era stremato, completamente inerme.
Si sentiva prosciugato, svuotato come un fiume durante la siccità. Inutile come una sigaretta finita di cui resta soltanto cenere. 

-

Angolo autrice
Ciao ❤
Intanto ci tenevo a ringraziarvi per essere sempre così presenti, davvero è bellissimo notare quanto questa storia vi piaccia e vi coinvolga perché ci sto mettendo anima e cuore nello scriverla.
La storia tratta tematiche forti fin dal principio e mi dispiace rattristarvi o farvi piangere ma doveva andare così perché è esattamente così che l'ho pensata, voglio trasmettere dei messaggi e c'è un motivo se sto trattando tutti questi temi forti.
Mi scuso se ho urtato la sensibilità di qualcuno, non era affatto mia intenzione ma ci tenevo comunque a scrivere queste poche righe. Se avete letto le altre mie storie sapete che mi piace scrivere di cuori e arcobaleni e unicorni ma non può essere sempre tutto roseo e il passato tormentato di Benjamin non può scomparire da un momento all'altro quindi spero di non avervi turbato troppo e spero che continuiate a leggere e seguire la sua avventura, prometto che non vi farò aspettare troppo per il seguito!
Vi abbraccio.

As free as the ocean | FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora