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<<Dovresti stare più attenta a tua sorella>> spezza il silenzio con la sua voce bassa e roca.

Come cazzo è possibile? Lui se n'era andato, cosa ci fa qui? E poi, non mi ha riconosciuta?.

<<Hai sentito che ti ho detto o sei sorda?>> aggiunge risvegliandomi dallo stato di trance.

<<S-si lo so, g-grazie per averla soccorsa comunque>> balbetto.

Io che balbetto? Da quando?.
Devo riprendermi.

<<E non è mia sorella, è mia figlia>> pronuncio queste parole con più determinazione e mi alzo prendendo la mano di mia figlia.

<<Anche peggio>> sorride amaro.

<<Come prego?>>.
È più arrogante di quanto lo ricordassi.

<Niente, non ho tempo da perdere>> sbuffa e si gira per andarsene.

<<Aspetta!>> lo ferma Eve.
<<Grazie, sei stato molto gentile>> gli sorride mostrando il suo sorriso perfetto.

Il mio cuore smette di battere e sono costretta a usare tutto il mio autocontrollo per non prendere Eve e portarla via da qui, via da lui.

Non so perché ma mi spaventa vederla sorridergli così e mi spaventano ancor di più le loro somiglianze: il colore dei loro capelli, il sorriso e gli occhi.

In risposta annuisce con il capo e dopo avermi scoccato un'ultima occhiata se ne va.

Finalmente torno a respirare, ma quando lei comincia a parlare di lui torno con il fiato sospeso.

<<È molto strano, però mi piacciono i disegni che ha sul corpo, li voglio anche io>> sorride guardando la direzione dove lui se ne è andato.

<<Certo, quando sarai grande>> rispondo distrattamente.

Mai e poi mai ho preso in considerazione un suo possibile ritorno e rivederlo mi suscita così tanta paura.

<<Mamma stai bene?>> mi scuote Eve.

No, non sto affatto bene.

<<Si amore, solo la prossima volta non andare da lui ok?>> mi raccomando.

È sbagliato lo so, non posso negargli di conoscere suo padre, ma è di Dylan che stiamo parlando e vedendolo adesso sono più che sicura che non l accetterà, gli sto solo risparmiando un'inutile dolore.

Credo.

<<Perché?>> domanda curiosa.

<<Perché si, è uno sconosciuto e sai che non bisogna parlare con gli sconosciuti>>.

<<Ma mam->> prova a parlare ma la interrompo.

<<Ho detto no, punto>> taglio corto bruscamente e subito me ne pento quando abbassa il viso ferita.

Devo darmi una calmata, lei non ha fatto niente.

<<Senti amore>> mi inginocchio alla sua altezza e le alzo il mento con due dita <<Non volevo essere cattiva, scusa. Ma mi sono preoccupata tantissimo e quel signore poteva anche farti del male>>.

<<Ok>> annuisce, ma il suo volto è ancora triste.

<<Dai sorridi un po' che sei bellissima>> le strizzo la guancia e finalmente sorride.

<<Fa vedere il ginocchio, ti fa molto male?>> passo le dita sopra la piccola ferita.
Non è grave, ma esce un po' di sangue e non vorrei che si infettasse.

<<No>> scuote la testa.

<<Va bene, quando torniamo a casa ti metto un ceretto e starai bene. Tieni il tuo frappé intanto>> gliel'ho passo e mi rialzo.

<<Si è fatto tardi, su andiamo>> le afferro la manina e ci incamminiamo verso il parcheggio.

Siamo sempre state solo io e lei, e il pensiero che lui possa accettarla e decidere di prendermela mi spaventa molto.

*****

Il giorno dopo a malapena riesco ad aprire gli occhi dalla stanchezza.
Inutile dire che non ho affatto dormito sta notte.

Non ho fatto altro che pensare e ripensare a Dylan.

In questi anni è cambiato molto: nuovi tatuaggi, anelli sulla maggior parte delle dita, capelli leggermente più corti di prima, fisico più muscoloso e lo stile più elegante.
L'unica cosa che non è cambiata è lo sguardo sempre freddo e distaccato.

Quando vedevo Eve mi è capitato spesso di vedere qualche somiglianza con lui, ma ora che li ho visti direttamente insieme mi sembra di rivedere lui versione bambina.

Sento un grande peso nel cuore e non so cosa fare.
Forse dovrei dirgli di lei, o forse è meglio se non gli dico niente, d'altronde non lo incontrerò più giusto?.

Dio mio mi sta per scoppiare la testa, ho bisogno di parlarne con qualcuno immediatamente.
Ho due opzioni: i miei genitori o Kyle.

Escludo subito i miei genitori: mi direbbero che devo subito dirglielo senza nemmeno ascoltarmi.
Li amo, ma spesso tendono a fare più la cosa giusta per gli altri che la cosa più egoista ma che fa star bene loro o in questo caso, me.

Prendo il mio telefono e digito il numero di Kyle, che dopo tre squilli finalmente risponde.

<<Cazzo Kyle quanto ci metti a rispondere?>>.

<<Mmh che vuoi, sono le sette del mattino>>.

<<Ho bisogno di incontrarti immediatamente>>.

<<Adesso? Ma sei pazza?>>.

<<No ignorante, ma ti pare? Intendevo dopo, verso le quattro o cinque>>.

<<E allora mi spieghi perché cazzo me lo dici adesso?>>.

<<Boh, ero sveglia e non riuscivo a dormire>>.

<<Così hai deciso di rompere le scatole a me?>>.

<<Certo, è questo che fanno gli amici>>.

<<No Ol, questo è quello che fanno i rincoglioniti come te>>.

<<Guarda che mi offendo>>.

<<Sai che mi importa, ora lasciami dormire>>.

<<No dai parliamo ancora un po', non riuscirò a dormire con tutti questi pensieri>>.

<<Quale pensieri?>>.

<<Quelli riguardo a quello che ti dirò questo pomeriggio>>.

<<E non me lo puoi dire adesso?>>.

<<No, non è una cosa che si dice al telefono>>.

<<È molto grave?>>.

<<È più che grave, è peggio della fine del mondo>>.

<<E dai, adesso non riuscirò a dormire dall'ansia>>.

<<Appunto ora rimani a parlare con me>>.

<<Uff, ti odio>>.

<<Anche io. Allora, come va il brufolo in faccia?>>  ridacchio dando inizio a una lunga chiacchierata, che però mi fa dimenticare per un po' i problemi.

Ed è così che mi sento ogni volta che parlo con lui: spensierata.

The proof of our loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora