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<<Quanto manca?>> chiede per la quinta volta in cinque minuti.

Se pensavo che fosse così impaziente non l'avrei bendata, evitando migliaia di domande senza sosta.

<<Più o meno cinque scalini>> rispondo tenendole stretti i fianchi per evitare che cada.

<<Ma qualche secondo fa ne mancavano sei!>> si lamenta.

<<Appunto, secondo Ol secondo>> sbuffo.

<<Ora?>> domanda con un tono divertito.

<<Ora ti sto per buttare dalle scale>> rispondo spazientito.

<<Che palle che sei>> sbuffa,ma almeno si zittisce.

<<Eccoci, ora puoi guardare>> annuncio una volta arrivati a destinazione.

<<Finalmente>> esclama togliendosi la benda.

Quando focalizza il posto la sua bocca assume la forma di una "o" e non riesco a capire se le piace o meno.

<<Cazzo>> sussurra, <<È bellissimo, dove cavolo siamo?>> smette di guardare il panorama e punta il suo sguardo ancora sorpreso sul mio.

<<Questa è una vecchia periferia,in mezzo al bosco, abbandonata da non so quanto tempo. Un giorno sono venuto qua perché ero scappato di casa dopo un litigio con i miei, e niente da quel giorno questo è diventato il mio posto preferito>> spiego andando ad accendere le lucine.

Ci ho messo cinque mesi per sistemare il posto rendendolo accogliente e sicuro.

<<Cavolo quello è un pianoforte? Come hai fatto a portarlo qua su?>> si avvicina sfiorandolo con le dita.

<<Mi ha aiutato mio padre>>dico raggiungendola.

<<È il terrazzo più figo che abbia mai visto>> commenta con gli occhi scintillanti, mentre lo osserva attentamente.

<<Ovvio, non hai visto il proprietario?>> ribatto altezzoso.

<<Teoricamente il posto non è tuo>>.

<<Ma praticamente si e a me è sempre piaciuta la pratica>> faccio l'occhiolino come per alludere ad altro.

<<Pervertito>> mi punta il dito contro e in risposta sogghigno.

<<Vuoi sederti? Ho le coperte>> chiedo sistemandole per terra.

<<Oh grazie>> si leva i tacchi e si siede sopra di esse.

<<Come mai ti siedi così lontana, hai per caso paura di me White?>> la stuzzico come al solito.

<<Mmh>> si avvicina gattonando sopra le coperte, <<Io non ho mai paura sbruffone>> sale a cavalconi sul mio corpo.

<<Lo vedo>> ghigno stringendole i fianchi.

Dubito di riuscire a tenere a bada i miei istinti se sorride in quel modo, tantomeno se si muove più del dovuto.

<<Perché mi hai portata qui?>> domanda allacciando le braccia intorno al mio collo.

<<Non c'è un vero motivo, questo è un posto che mi rilassa e avevo una strana voglia di condividerlo con te>> scrollo le spalle e per un attimo distolgo lo sguardo imbarazzato.

Non è facile ammettere cose del genere per persone come me, che di solito fanno finta di non sapere nemmeno cosa sia affetto, quando in realtà lo sanno benissimo.

The proof of our loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora