I: Di alabarde spaziali e cicatrici Potteriane

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"Brí ricordami per quale motivo ho accettato questo lavoro" dissi in tono disperato, osservando il paesaggio urbano fuori dal finestrino della berlina nera, imbottigliata del caos cittadino dell'ora di punta.

Roma era sempre bellissima, pure sotto il diluvio universale che da giorni infuriava sulla città. L'autunno era ormai alle porte. Lo si avvertiva chiaramente nell'aria frizzante del mattino e nella brezza fresca che si insinuava prepotente sotto le giacche di pelle.

L'estate passata continuava a farsi sentire solo attraverso le Hit latine, trasmesse a cadenza regolare dalle stazioni radio, che non sembravano rassegnarsi a cedere troppo presto il passo a quelle Natalizie.

Perché si sa, non c'è primo di Novembre che tenesse troppo lontana Mariah Carey e la sua  "All I Want For Christmas Is You" dal posto fisso che le aspettava di diritto, in cima ad ogni classifica, durante tutto il periodo natalizio.

"Rosi, sorella mia non essere così pessimista"

La voce metallizzata, proveniente dall'auricolare del mio telefono cellulare, mi riportò con lo sguardo e la mente all'intento dell'abitacolo.

Sbuffai sonoramente, sprofondando ancora di più nel sedile di pelle nera. "La fai facile tu, lontana da tutto e da tutti, immersa in un mondo parallelo abitato da artisti da strapazzo e tavolette grafiche infernali"

"Ehi, non osare parlar male di Bubi in mia presenza" rimbeccò acidamente la voce.

Sorrisi.

La voce, dall'altro capo della cornetta apparteneva a mia sorella Sabrina.

Sabi per gli amici di lunga data.

Brì per me.

La mia dolce, testarda e sempre così maledettamente allegra sorellina.Un concentrato di pura energia. Una palette di colori vivaci, ermeticamente racchiusi in una personcina che raggiungeva a malapena i 165 centimetri. Si era trasferita a più di 1000 km dalle mie braccia.

Non che avesse altra scelta.

Berlino era la città cosmopolita per eccellenza per tipi eccentrici come lei.

Mi mancava tremendamente.

Come mi mancavano le nostre serate passate sul divano a guardare l'ennesima maratona di Friends, ingurgitando cibo spazzatura in tenuta da combattimento, rigorosamente anti-sesso: Pigiama in flanella rosa shock con disegnate delle nuvolette bianche cavalcate da dolci unicorni vaporosi che vomitavano amore e arcobaleni a chiunque avesse osato metterci gli occhi sopra. Calzettoni di spugna bianchi ai piedi, il capo must eve che ogni tedesco possedeva e che metteva in valigia quando valicava le Alpi per scendere al mare nostrum.

E poi lei. L'ultima difesa contro il freddo polare del tratto salotto-corridoio-bagno di servizio, un passaggio lungo circa cinque metri, in cui le temperature potevano raggiungere quelle dell'estrema Siberia. La coperta della nonna Armanda, pelosa, super morbida e sopratutto in tinta con il resto dell'outfit che farebbe abbassare la libido persino a Rocco Siffredi in persona.

"Bubi?!? Hai dato un nome a quell'aggeggio che ti porti sempre appresso?" riuscii a trattenere a stento una risata.

"Berlino è una città fantastica Rosi e piacerebbe molto anche a te se ti decidessi, per una buona volta, di alzare le chiappe da quel vecchio divano sfondato e venissi a trovarmi" ribadì prontamente lei, il tono di voce leggermente offeso "e poi, sì Bubi è lo strumento che uso per esternare il mio innato estro creativo e con il quale passo la maggior parte del mio tempo, è normale che io gli abbia dato un nome... insomma pure gli uomini chiamano l'amico che abita nei bassi fondi con nomignoli fantasmagorici"

che cosa?!

A quest'ultima affermazione non posso più trattenermi e scoppio in una fragorosa e liberatoria risata, a cui si unii prontamente anche la mia sorellina.

"E tu come lo sai?" chiesi curiosa, mentre cercavo di riprendere il controllo del respiro ed asciugandomi una lacrima che aveva fatto capolino dall'occhio destro.

"Oh beh l'ultimo con cui sono uscita a cena non smetteva di invocare Zeus, hai presente no? Il cervello d'aquila capo supremo di tutti gli Dei"

"E come potrei dimenticarmene? Ha il posto fisso in tutti i miei incubi peggiori riguardanti le interrogazioni di greco della Busoni." rabbrividii al pensiero di quella vecchia arpia fissata con la mitologia greca, che impiegava le poche energie vitali rimaste al suo passatempo preferito: distribuire due e tre come fossero caramelle contro il mal di gola. "Ma cosa c'entra Zeus con quella sottospecie di alabarda spaziale che gli uomini usufruiscono al posto del cervello?"

Uno dei tanti misteri della fede maschile precluso a noi donne. Insomma anche noi possediamo un organo riproduttore, ma non lo usiamo come materia grigia.

Sabrina sbuffò. "Pensavo fosse uno di quelli fissati con la roba antica o che so io e invece NO! alla fine scopro che stava semplicemente elogiando la potenza del suo..."

"E lo era davvero?!?" la interruppi, sogghignando maliziosamente.

"Cosa?"

"Era davvero devastante questa folgore divina?"

"Diciamo che mi ha ricordato vagamente la cicatrice a forma di saetta di Harry Potter, non so se mi spiego..." ribattè in tono sarcastico.

"Emmm no, Bri non so proprio dove tu voglia andare a parare."

Certo, come no.

"Le sue dimensioni, Rosi. Erano veramente minuscole, proprio come la cicatrice di Harry Potter"

Ci lasciammo andare ad uno scoppio di risa incontrollato. Era proprio come ai vecchi tempi. La lontananza non aveva scalfito il nostro rapporto, che era stato sempre così: pieno di risate e reciproca fiducia.

Mia sorella sapeva esattamente che tasti premere con me.

Effetto Bri lo chiamavo.

Bastava un nonnulla per ritrovarmi piegata in due dalle risate.

"Ok tesoro, basta parlare delle mie fallimentari imprese erotiche berlinesi e parliamo di te piuttosto...come procede con Andrew?"

Il clima di ilarità e riso aveva lasciato il posto ad un'atmosfera degna di un funerale cileno.

Cadde un silenzio tombale. Rotto solamente dal rumore della pioggia battente sul vetro del finestrino e da quello dei tergicristalli che, impazziti cercavano di spazzare via quanta più acqua possibile per aumentare la visibilità sulla strada.

"Rosi, tutto bene?" chiese preoccupata mia sorella.

No, per niente.

Non avevo detto a nessuno di Andrew. Nemmeno a lei, con la quale riuscivo ad essere un fiume in piena di parole quando le cose non andavano bene fra di noi.

E le cose non andavano bene da mesi oramai.

Io e Andrew ci eravamo lasciati un mese e mezzo fa.

Ortica || ZerbisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora