XXXIV: "Inviti importanti e scommesse clandestine"

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Merda. Merda. Merda all'ennesima potenza.

Ero rimasta da sola nella camera da letto. Rudy si era infilato una camicia e un paio di jeans ed era uscito per andare incontro alla madre, seguito a ruota da Olga.

Mi guardai attorno spaesata ed incredula.

Sua madre.

Dio non avrebbe potuto scegliere momento migliore per venire a trovare suo figlio. Il tempismo doveva essere una dote di famiglia. Un minuto di troppo e ci avrebbe colto sicuramente sul fatto.

Arrossii fino alla radice dei capelli immaginandomi la scena di lei che si ritrovava davanti suo figlio intento a dare aria alla mia caverna oscura infestata di ragnatele.

Sentii che stavo per avere un attacco di panico.

Dio, quella di ieri sera era stata una pessima idea. Sapevo che non avrei dovuto ascoltare la voce dell'irrazionalità e infilarmi senza un briciolo di pudore nel letto di Rudy. Non solo avevo mandato a monte i miei piani giornalieri, ma adesso dovevo persino affrontare quell'incontro mattutino dal sapore acre di gastrite acuta.

Non sarei sopravvissuta.

Ma era inutile tergiversare. Benché avessi provato a convincere in tutti i modi Rudy di evitare di conoscere sua madre, barricandomi in camera, dovevo mettermi qualcosa di decente addosso e affrontare la situazione di petto.

Insomma perché ero così sfigata? Cosa avevo fatto di male per meritarmi un simile trattamento? Eppure mi reputavo una brava persona. Attenta e accorta ai bisogni del pianeta. Con il ricavato dei miei concerti finanziavo regolarmente delle associazioni di volontariato. Aiutavo i miei nipoti a fare i compiti di matematica....Okay, ogni tanto esageravo con lo shopping e mi ero ripromessa di non dire troppe parolacce, ma erano peccati perdonabili persino agli occhi di Dio. Eppure il giudice supremo della mia anima non sembrava così convinto del mio operato. Perché ce l'aveva a morte con me?

Indossai velocemente i pantaloni di una tuta e una felpa di due taglie più grande che Rudy mi aveva gentilmente lasciato. Per lo meno mi aveva risparmiato l'imbarazzo di presentarmi davanti a sua madre mezza nuda e con la vestaglia in ciniglia che mi copriva pressappoco le cosce.

Mi guardai allo specchio posto sopra il comò. Ero un completo disastro. Viso pallido, occhiaie profonde, occhi lucidi e, come mi ero già immaginata, i capelli erano un ammasso vivace di nodi e...Dannazione!

Soffocai un lamento, mentre provavo a sistemarmeli come meglio potevo senza l'ausilio di un pettine o del tocco magico di Paolo, il mio parrucchiere di fiducia.

Lanciai un'ultima occhiata disperata allo specchio e uscii dalla stanza, dirigendomi a passi misurati verso il chiacchiericcio sommesso che sentivo provenire dal soggiorno. Il battito del mio cuore che sovrastava il rumore dei pensieri.

Quando aprii le porte scorrevoli del salone, venni trafitta da quattro paia di occhi che si erano posati su di me.

Mi pietrificai sulla soglia. Ebbi la netta sensazione di avere appena assunto un colorito grigio verdognolo, di una che stava per rimettere tutta quanta l'ansia accumulata fino a quel momento.

Cercai con lo sguardo aiuto in Rudy che, mostrando una prontezza di riflessi invidiabile, mi fu subito affianco. Aveva un'espressione dolce e comprensiva dipinta in volto. Mi prese per mano e mi trascinò con sé fino a raggiungere il divano, dove era compostamente seduta una donna dai capelli color topo ordinatamente raccolti in uno chignon.

"Mamma ti presento Rosalba."

Le labbra fini, tinte di rosa, della donna si schiusero in un ampio sorriso. Si alzò in piedi, lisciandosi il tessuto raffinato dell'abito in maglia color smeraldo. Sul suo volto, segnato da qualche ruga, spiccavano due occhi luminosi, così simili a quelli del figlio che mi ispirarono subito fiducia. Mi resi conto, visto il modo in cui ero cominciata, di non poter reggere il confronto dinnanzi alla sua eleganza.

Ortica || ZerbisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora