XXXVIII: "Centro di gravità permanente"

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Avevo letto su una rivista scientifica che il cervello impiega circa tredici millesimi di secondo per captare un suono e decodificarne il messaggio. In alcuni casi, particolarmente terrificanti ed imprevedibili, poteva darsi che impiegasse più tempo a recepire quello che stava accadendo per poter reagire con prontezza.

E il fatto che mi trovassi nel camerino di Rudy, con Allegra fuori dalla porta che chiedeva il permesso di entrarci, era uno di quei casi.

Ero impietrita. Immobile. Incapace persino di respirare. Fissai Rudy negli occhi e vidi il lume del panico che provavo riflesso nelle sue pupille dilatate.

"Rudy ci sei?"

La voce dubbiosa di Allegra penetrò nuovamente attraverso il legno della porta, dilagando nella stanza come un fiume in piena e rompendo l'immobilita in cui eravamo piombati entrambi.

Rudy si schiarì la voce con un colpo di tosse. "S...sì...dammi solo un secondo."

Si chinò in fretta sulle ginocchia e raccolse gli ultimi indumenti che avevo seminato sul pavimento. Me li mise in mano appallottolati in un groviglio confusionario e mi spinse dentro il piccolo bagno personale. Rimasi sola al buio. Mi sforzai di rallentare il ritmo del mio respiro, per evitare che il rumore dei miei ansiti potesse rivelare ad Allegra la mia presenza. Mi strinsi i vestiti al petto, cercando nel tessuto grezzo un po' calore e di sicurezza. Per un momento non udii alcun rumore provenire dalla stanza e immaginai Rudy intento a rendere quel camerino a prova dei R.I.S. di Parma.

Non mi mossi, rimasi in attesa e qualche secondo dopo sentii lo scatto della serratura e la porta d'ingresso che si aprì.

"Finalmente!" Sbuffò Allegra. Udii i suoi passi picchiettare sul pavimento mentre passava davanti al bagno e dedussi che stesse calzando delle décolleté. "Questi fascicoli pesano un quintale."

"Vieni, lascia che te li prenda io."

"Grazie, ho i muscoli delle braccia indolenziti" si lamentò a gran voce. Sentii un fruscio e un sospiro di sollievo uscire dalle sue labbra. "Perché ci hai messo così tanto ad aprirmi la porta?" chiese poi, tornando a muoversi piano.

"Come?"

"Sto dicendo che se eri qui dentro, perché mi hai fatto aspettare così tanto prima di aprirmi la porta?"

Rudy grugnì e io persi un battito. "Perché ero nudo e ho finito di vestirmi."

"Come se non ti avessi mai visto girare in mutande per la casa di mio padre."

La risata cristallina di Allegra riempì l'aria circostante. Serrai le labbra e aumentai la presa sulla camicia e sui pantaloni di jeans, conficcando le unghie nella stoffa. Sentivo le guance andarmi a fuoco e riconobbi i morsi della gelosia lacerarmi la pelle. Cercai di mantenere la calma e di non dare di matto, ma la visione che mi era apparsa nella mente dopo le parole di Allegra mi resero il compito davvero arduo.

"A proposito di mio padre..." continuò lei soffocando un'altra risata "Lo hai sentito per caso?"

"Si, qualche giorno fa..."

"E ti ha chiesto di me?"

"Dunque è per questo motivo che sei venuta fin qui." A giudicare dal tonfo che seguii, Rudy doveva aver lasciato cadere malamente la pila di fascicoli sul tavolino. "Tu vuoi sapere se abbiamo parlato di te e del periodo ribelle che stai attraversando. È così?"

"In parte."

Udii un sospiro e la voce di Rudy si fece più dura. "Sì, abbiamo parlato a lungo e mi ha messo al corrente di tutta quanta la situazione. Mi ha riferito che salti le lezioni all'università, che hai continui sbalzi di umore, che spesso non torni a casa la sera e..."

Ortica || ZerbisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora