VIII: "Mai lasciare le proprie credenziali ad una sorella impicciona"

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Il portone si richiuse con un tonfo sordo alle mie spalle.

Appoggiai la schiena contro la dura superficie reclinando leggermente la testa all'indietro, fino a toccare con la nuca il legno. Chiusi gli occhi e tirai un sospiro di sollievo.

Casa dolce casa finalmente.

"Nino, Titti la mamma è tornata da voi!" annunciai, accendendo la luce.

Mi tolsi rapidamente i tacchi, gettandoli da una parte. Mi chinai per massaggiare con delicatezza i piedi distrutti. Non ero abituata ad indossarli per così tante ore. Preferivo di gran lunga un paio di comode sneakers a quella sottospecie di tortura barbarica, a cui noi donne ci sottoponevamo di nostra spontanea volontà.

Non solo i piedi necessitavano di riposo ma, tutto il mio corpo sembrava reclamare a gran voce il morbido materasso che, sapevo mi aspettava due stanze più in là.

Poggiai la borsa su una sedia e mi trascinai in cucina. I piedi nudi a contatto con il parquet mi strapparono un brivido di freddo.

Mi diressi come una automa verso il frigorifero. Un lamento di disappunto mi uscii dalle labbra non appena spalancai lo sportello. Dentro vi era una desolazione deprimente. Persino il deserto del Gobi aveva una densità di popolazione più elevata rispetto a quei ripiani, dove si contavano letteralmente due uova ed una carota andata a male.

Era stata una settimana piena zeppa d'impegni lavorativi che mi avevano tenuta lontano da casa più del dovuto.

E quello era il risultato. Il frigorifero e la dispensa piangevano miseria. Affarai la carota per osservarla più da vicino. Chissà quali forme di vita autoctone si erano stabilite lì sopra? Assunsi un'espressione schifata e gettai tutto quanto nella pattumiera.

In casi estremi, estremi rimedi.

Digitai velocemente il numero della mia pizzeria di fiducia. La voce profonda di Gennaro, il pizzaiolo, rispose al terzo squillo.

"Qui Pizzeria Vesuvio, desidera?" domandò.

"Gennaro ciao! Sono Rosalba" detti un rapido sguardo all'orologio appeso sopra al frigo e solo in quel momento mi resi conto di che ore fossero. "Perdonami l'ora ma è davvero un'emergenza" mi affrettai ad aggiungere a mo' di scuse.

La sua risata sguaiata mi investì, facendomi tirare un sospiro di sollievo.

"Aspetta, fammi indovinare: Hai nuovamente dimenticato di riempire il frigo e adesso hai una fame da vichingo ma, non hai niente con cui riempire quel pozzo senza fondo che ti ritrovi al posto dello stomaco. Dico bene?" disse bonariamente l'uomo.

Non avevo la più pallida idea di quanta fame potesse avere un vichingo ma, a giudicare dal brontolio rombante del mio stomaco, potevo benissimo assomigliargli.

"Sì, sì e ancora sì" ammisi " potrei ordinare quella fantastica pizza Margherita, con quella meravigliosa mozzarella di bufala che solo tu sai fare?" chiesi in tono supplichevole.

L'uomo rise di nuovo "Tu si che sai come ottenere le cose eh? Arriva subito Ross"

Ringrazia infinite volte Gennaro per la sua sconfinata disponibilità e riagganciai.

Avevo risolto il problema del frigo vuoto, adesso restava solo da definire quello dalle dimensioni atomiche e che portava il nome di Rudy Zerbi.

Ma, prima che potessi fare luce su tutto quello che era successo in quel pomeriggio di ordinaria follia, un ammasso di pelo e bava fece il suo ingresso trionfale nella stanza, fiondandosi ai miei piedi e iniziando a leccarli copiosamente.

"Eccoti qui! Chi è il cagnolino più bello e dolce del mondo eh?! Chi? Ma sei tu Nino, sì che sei tu!" dissi con una vocina piccina e mielosa, piegandomi sulle ginocchia per accarezzare Nino dietro le orecchie.

Ortica || ZerbisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora