XXXVII: "Scacco matto"

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"Tu devi essere la nostra nuova vicina" disse, scostandosi una ciocca di capelli che gli era ricaduta sulla fronte.

"S...sì" farfugliai impacciata, cercando di ricambiare il suo sorriso, ma rimasi imbambolata a fissare quel volto da adolescente, che era il riflesso di quello di suo padre, ma dai lineamenti più delicati. Gli occhi nocciola, dal taglio allungato, erano vispi e mi stavo osservando con partecipata curiosità.

Sgranai gli occhi, ricordandomi improvvisamente degli abiti succinti e provocanti che stavo indossando in quel momento.

"Stai per caso cercando mio padre?"

La punta di curiosità nel suo tono di voce caldo mi fece sussultare. Sudai freddo, mentre cercavo una scusa che potesse, in qualche modo, aiutarmi ad uscire da quella situazione.

Merda.

Mi tirai l'orlo della gonna, cercando di abbassarla il più possibile per coprirmi le cosce. "Sì...cioè...no...no in realtà io stavo cercando la signora Renata" trillai agitata. Lanciai uno sguardo costernato al portone bianco alle mie spalle che sapevo essere l'appartamento della vicina appassionata di lirica.

"Credo che tu abbia sbagliato appartamento allora. La signora Renata abita proprio qui di fronte, al numero 7"

Feci finta di cadere dalla nuvole, cosa che mi veniva del tutto naturale visto che ero un'assidua frequentatrice di quel mondo celestiale.

Scrollai le spalle. "Sì...io...io devo essermi confusa, ero soprappensiero e non ho fatto caso a...."

"Edo con chi stai parlando?"

Le parole mi morirono in gola e mi irrigidì, come pietrificata sentendo la voce di Rudy provenire da dietro le spalle larghe di suo figlio. Il cuore mi sprofondò nel petto, mentre sentivo il suono dei suoi passi dirigersi, rapidi e pesanti, verso la porta.

"Con la vicina!" rispose lui, voltando la testa all'indietro.

"Che cosa vuole la signora Rena...ROSALBA?!?"

Avvampai, mente i miei occhi incrociarono i suoi. Si immobilizzò alle spalle del figlio, la bocca spalancata in un grido soffocato. Lasciò vagare il suo sguardo sul mio volto, per poi passare al resto del corpo.

Accidenti a Eleonora e alle sue idee del cazzo.

E accidenti a me che le seguo senza mai pensare alle conseguenze che potrebbero derivare dalle mie azioni.

Mano a mano che passava in rassegna il mio abbigliamento da seduttrice, il suo sguardo si era assottigliato, fino a diventare due fessure minacciose. La sorpresa se n'era andata e le sue iridi verdi bruciavano di un'intensità profonda. Lui rimase per un attimo in silenzio, come a valutare la situazione. Si schiarì la voce un paio di volte prima di rivolgersi al figlio.

"Edo, tesoro potresti andare a controllare che la roba in forno non bruci mentre io sento di cosa ha bisogno la vicina."

Edoardo annuì e i capelli gli ricaddero scomposti davanti agli occhi. "Ok.." disse al padre, prima di tornare a rivolgersi a me con tono gentile. "È stato un piacere incontrarti."

"A...Anche per me."

Lo vidi scomparire come un fulmine oltre la porta. Tornai a guardare il volto di Rudy e il respiro mi morì in gola. Il cuore prese a battermi all'impazzata mente lo vidi avanzare verso di me. Indossava un vecchio grembiule da cucina, sporco di farina in alcuni punti, da cui spuntava una camicia di jeans aperta su una maglietta bianca e un paio di Levis vintage. Era a piedi nudi.

Lo guardai, ammaliata, incapace di dire o fare qualsiasi cosa. Rudy chiuse la porta alle sue spalle e quando si trovò davanti a me le sue intenzioni mi furono subito chiare.

Ortica || ZerbisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora