XXI: "Mi illumino di stupidità"

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Afferrai salatamente il bordo del lavandino e feci dei respiri profondi. Dopo le parole di Lorenzo mi ero rifugiata nel bagno di servizio del locale per sfuggire al suo sguardo perentorio.

Mi guardai allo specchio e desiderai svanire all'istante: ero un completo disastro: avevo gli occhi arrossati e leggermente gonfi. Le guance paonazze e un alone rossastro che mi contornava le labbra, il segno del rossetto che non aveva tenuto al passaggio ripetuto del tovagliolo. Mi passai il dito indice sul labbro inferiore, sfiorandolo con delicatezza. Al mio tocco risultò morbido e liscio.

Chissà se anche Rudy lo aveva trovato altresì delicato.

Oddio.

E se avessi avuto l'alito pesante?

Scossi con energia la testa reprimendo immediatamente tutte le paranoie che mi stavano assalendo.

Non potevo abbandonarmi a simili pensieri. Insomma, era di Rudy che stavo parlando. L'unico uomo esistente sulla faccia della terra che riusciva a farmi provare le cose più assurde e a farmi incazzare come un babbuino, a cui gli prudeva il culo, nel giro di tre secondi netti. L'unico uomo che aveva osato baciarmi, infischiandosene del fatto che io fossi troppo ubriaca e mezza morta per poter reagire con lucidità al suo gesto.

In quel momento mi sentivo esattamente come il soggetto dell'urlo di Munch, solo che tra queste mura non potevo nemmeno gridare tutta la mia esasperazione. Soffocai un gemito e mi nascosi dietro la porta della toilette, accasciandomi sulla tazza del gabinetto. Avevo il bisogno di tornare a casa, per starmene un po' da sola. Senza rendere conto a nessuno, per riordinare il caos che si era creato nella mia testa e per mettere un freno al panico che sentivo montarmi dentro.

Perché Rudy aveva fatto una cosa del genere?

Come aveva potuto baciarmi?

Il flusso dei miei pensieri venne interrotto improvvisamente, quando qualcuno entrò, con irruenza, nell'anticamera del bagno. A giudicare dalle voci che sentii provenire da dietro la porta chiusa, doveva trattarsi di due ragazze. Una di loro era alterata per un qualcosa che le era accaduto durante la cena e stava manifestando tutto il suo disappunto con un tono che non ammetteva repliche.

"Io non riesco proprio a capirlo Lú!" la sentii imprecare. La rabbia snaturava il suo tono di voce, rendendolo stridulo oltre il limite consentito. "Stava andando tutto a meraviglia, quando all'improvviso... PUFF ha magicamente perso tutto l'interesse che aveva nei miei confronti!" continuò, puntando i tacchi sul pavimento.

"Sarà" buttò lì l'altra come se non le importasse un fico secco di quello che stava dicendo l'amica "secondo me ti fai troppe paranoie. Oh accidenti..." la ragazza, che stava parlando, si interruppe soffocando un lamento. "Ho dimenticato il rossetto. Mi presti il tuo? Dai Giù, è un'emergenza per favore!"

Quella supplica mi fece capire che, quelle due oche starnazzanti, erano venute al bagno solo per darsi una sistemata al make-up. Decisi di rimanere chiusa dentro la toilette per non mostrarmi a loro in quelle condizioni e così mi ritrovai, mio malgrado, ad origliare il resto della conversazione.

"Ti prego Lù sii obbiettiva per una buona volta. Lo hai visto pure tu che non riusciva a togliermi gli occhi di dosso!"

"E ci credo figlia mia. Quello che indossi non può essere definito vestito. Un pezzo di stoffa che riesce a malapena a svolgere il suo dovere, è già tanto che riesca a coprirti le mutande!"

"Esagerata!"

"Non credo proprio visto che indossi un tanga nero e lavorato in pizzo."

La ragazza dalla voce stridula, si lasciò andare ad una risata isterica. La sua presenza odiosa all'inverosimile mi stava urtando il sistema nervoso, già messo a dura prova dalla serata.

Ortica || ZerbisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora