IV: "Tutta colpa di Gigi D'Alessio"

199 46 36
                                    

Appena scesi dall'auto, l'aria fresca mi investì in pieno strappandomi un brivido.

L'asfalto su cui avevo appoggiato le mie nuovissime scarpe tacco dodici, si era trasformato in un piccolo torrente in piena e rigagnoli d'acqua si erano formati ai lati della strada.

Mi strinsi ancor più nel blazer tartan e
cercai di riparandomi il più possibile dalla pioggia battente con il mini ombrello che, quella mattina avevo afferrato dal ripostiglio del mio appartamento e (di questo ne ero più che sicura) non avrebbe retto il colpo e alla prima folata di vento si sarebbe spezzato in due, lasciandomi in balia della tempesta.

Avevo scelto il giorno perfetto per sfoggiare un look che era tutto tranne che perfetto per affrontare quel diluvio universale mandato dal signore dei cieli in persona.

"Signorina Arisa, da questa parte!"

Mi voltai in direzione della voce che aveva gridato forte il mio nome per sovrastare il rumore della pioggia.

I miei occhi si posarono su un esile figura femminile che, poco distante dal parcheggio, si sbracciava facendomi segno di raggiungerla.

Mi avvicinai a passo svelto, stando ben attenta a dove mettere i piedi onde evitare di finire, lungo il tragitto, in qualche pozzanghera rovinandomi così le décolleté.

Raggiunsi l'entrata principale di quello che aveva tutta l'aria di essere uno degli studi principali dell'intero complesso.

Ne ebbi la conferma leggendo rapidamente l'insegna, scritta a caratteri cubitali, posta sopra l'ingresso dell'edificio:

STUDIO 5 —— AMICI DI MARIA DE FILIPPI

"Benvenuta agli studi Elios" mi accolse lei con un sorriso talmente caloroso da stonare con la stagione circostante. "Io sono Elisabetta e mi hanno incaricato di scortarla al punto accettazione dello studio 5".

Era davvero carina.

Stretta in un completo blu scuro riportante il logo dell'azienda e la targhetta identificativa plastificata appuntata sul petto.

Aveva profondi occhi blu.

Lunghi capelli castani incorniciavano un viso dai lineamenti delicati.

Le strinsi la mano.

Aveva una presa ben salda.

"Piacere di conoscerti Elisabetta" dissi ricambiando il sorriso. "Dammi pure del tu e fammi strada".

Elisabetta si voltò verso l'entrata e con passo sicuro superò le grandi porte a vetro, addentrandosi all'interno del locale.

Chiusi con uno scatto il piccolo ombrello grondante di acqua e lo pigiai a forza nel vano portaombrelli strapieno.

Non lo ritroverò mai pensai mentre mi affrettavo a seguire Elisabetta.

Mi ritrovai in un vasto atrio centrale, rivestito in vetro ed acciaio. L'originalità degli architetti e degli ingegneri funzionali moderni era assai rinomata.
I miei occhi non sapevano dove posarsi e seguivano vivaci i rapidi movimenti delle persone che animavano quel luogo sacro della televisione.
Tutto in quel posto trasudava importanza e l'aria era impregnata dall'odore di carta stampata, sudore e caffè espresso.

"La prima volta fa lo stesso effetto a tutti" dichiarò la ragazza osservandosi intorno.

"Avrò sicuramente bisogno di una mappa altrimenti, con il pessimo senso dell'orientamento che mi ritrovo, rischio seriamente di finire dall'altra parte del mondo" affermai con una certa nota di panico nella voce.

Quando Dio distribuiva il senso dell'orientamento capace di farmi ritrovare la via di casa pure bendata e ubriaca, io ero sicuramente in fila per ricevere in dono il fantastico senso di insazietà.

Ortica || ZerbisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora