XXXIII: "2 A.M"

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Mi rigirai per la milionesima volta sotto le coperte che sembravano catene e il materasso pareva ricoperto di spilli.

Sbuffai contrariata, cambiando nuovamente posizione e rotolai su un fianco. Chiusi gli occhi e provai a rilassarmi. Regolarizzai il respiro e abbracciai il cuscino di piume. Sentivo caldo così scalciai via il piumone pesante. L'aria fredda mi asciugò il sudore sulla pelle, strappandomi una serie di brividi incontrollabili.

Emisi un lamento girandomi a pancia in giù. In quel momento, con la testa nascosta sotto al cuscino, mi sentivo tremendamente sola e spaesata. Nonostante mi sforzassi di abbandonarmi al sonno, era evidente che mi era impossibile farlo. Continuavo a rivivere la scena del bacio in ascensore e a sentire la voce calda di Rudy che, ammaliante mi invitava a passare la notte insieme a lui dopo una serata che difficilmente avrei dimenticato.

Mi toccai le labbra alla ricerca del suo calore, mentre nella mia testa si andava a delinearsi un'idea invitante quanto folle.

Basta. Dovevo darmi un contegno. Sembravo una ragazzina in piena tempesta ormonale e schiava delle sue pulsioni.

Cosa che, fino a prova contraria. effettivamente ero.

Mi dirizzai a sedere e con un balzo scesi giù dal letto. I piedi nudi a contatto con il pavimento freddo mi strapparono un gemito sommesso. Indossai le pantofole e una vestaglia sopra il pigiama in raso nero con bordatura in pizzo. Avevo tutti i sensi in fibrillazione e sentii un formicolio delizioso irradiarsi in tutto il corpo.

Uscii dalla mia camera e poi dal portone del mio appartamento. Scesi piano le scale di marmo, accarezzando il corrimano. Lasciai che fosse l'istinto a guidarmi fin davanti al portone dell'appartamento di Rudy.

Rimasi immobile a contare le venature lasciate dalla mano di vernice, ascoltando i battiti a mille del mio cuore e la voce della ragione che mi suggeriva di tornarmene a letto prima di fare una terribile figura di merda. La ignorai, cercando di trovare il coraggio necessario per bussare alla sua porta.

Non saprei dire con precisione per quanto tempo rimasi con la mano sollevata a mezz'aria, tormentandomi le labbra e valutando le conseguenze delle mie azioni. E fu quando la porta si spalancò, rivelando la figura slanciata di Rudy, fasciata da una maglietta nera e un paio di pantaloni grigi del pigiama, che compresi di aver fatto un terribile cazzata.

Accidenti a me e mie pessime idee notturne che, combinate alla sindrome premestruale, erano letali per la mia sanità mentale.

Rudy si bloccò sulla soglia. Incredulo di trovarmi sul suo pianerottolo. 

"Rosalba?"

"Rudy..." sussurrai flebile. 

"Che cosa stai facendo qua fuori?" domandò lui sporgendosi con la testa in avanti e guardandosi intorno, accertandosi che fossi davvero sola. Puntò i suoi occhi verdi nei miei. Erano luminosi, ardenti... eccitati.

Oddio.

"Io...ecco...io..." balbettai, sfuggendo al suo sguardo e cercando disperatamente una scusa che potesse in quale modo giustificargli la mia presenza. "Io...passeggiavo."

Rudy corrugò la fronte. "Passeggiavi?"

Annuii titubante.

Che scusa del cazzo.

"Alle due del mattino?" Le sue labbra fremettero, segno che stava trattenendo un un sorriso.

Mi strinsi nelle spalle. "Già...perché io..." esitai, intrecciando le mani. "vedi io...sono sonnambula!"

Sgranò gli occhi. "Tu sei che cosa?"

"Sonnambula" ripetei ostentando una sicurezza che, al momento, sapevo di non poter possedere. "Soffro di una terribile forma di sonnambulismo che mi porta a compiere azioni più disparate senza lasciare traccia nei miei ricordi. Lo hai detto tu stesso che parlo persino nel sonno. Domani mattina, quando mi sveglierò, io non ricorderò assolutamente nulla e tu farai finta di non avermi mai vista e di non avermi mai parlato ok?" dissi tutto d'un fiato, gesticolando animatamente e cercando di assumere un'espressione docile. "Dopotutto tu ci tieni a me e non vorresti mai crearmi un trauma del sonno non vero?" conclusi, la mia voce era ansimante, esitante. 

Ortica || ZerbisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora