II: "Siamo tutti figli di Loredana o di Donna Franca"

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Io e Andrew ci eravamo conosciuti ad una festa durante la settimana della moda, a Milano. Chiacchierando scoprimmo di avere qualche amico in comune. A fine serata, dopo non so quanti Martini Dry ingeriti, eravamo finiti a letto insieme.

Pensavo fosse amore.

E lo è stato.

Almeno all'inizio.

Almeno per me.

Poi le cose avevano iniziato ad andare male.

Molto male.

Avevo cercato di salvare una relazione che, da tempo era naufragata in un Oceano di egocentrismo.

Il suo.

Io mi ero completamente annientata per lui. Fino a non riconoscermi più.

Ricordo ancora le urla di quella notte. Se chiudo gli occhi posso ancora sentire la sua voce deformata dall'ira e dall'alcol vomitare parole orribili. L'ennesime verso la mia persona. Ricordo le lacrime calde che per giorni mi avevano deterso la pelle del viso e dissetato la gola arsa. Ricordo il bruciore alla guancia sinistra. Nel punto esatto in cui il palmo della sua mano mi aveva raggiunto. Ricordo il freddo pavimento, su cui mi ero stesa, penetrarmi fin dentro le ossa.
I brividi che scuotevamo il mio corpo ferito nella pelle e nell'animo.

Non ricordo per quanto tempo sono rimasta stesa lì, in posizione fetale.
La guancia ferita poggiata sulle fredde piastrelle, alla ricerca di un po' di sollievo. Gli occhi rivolti verso l'ingresso. Le iridi piantate nel legno bianco del portone.

Non si era aperto per giorni.

Ero uscita da quella porta dopo una settimana. Le chiavi dell'appartamento strette in una mano e il contratto di cessione nell'altra. Una settimana per riorganizzare e rimettere a posto la mia vita distrutta.

"Io ed Andrew ci siamo lasciati più di un mese fa" affermai, cercando di mascherare il dolore che ancora mi attanagliava il petto.

Sentii mia sorella sospirare nel telefono. "Rosi io non lo sapevo, cioè tu non mi hai detto niente, perché?"

Già, perché?

"Non lo so Bri, è successo tutto così in fretta: la separazione, trovare un nuovo appartamento in tempi ristretti, il trasloco da una parte all'altra della città e non ho trovato il tempo per dirtelo prima, scusami"

Sopratutto il modo sorellina.

Non volevo mentire a me stessa ma, parlarne mi faceva ancora un certo effetto. Mi sentivo come un satellite spaziale in rotta di collisione con la terra.

"Potevo salire sul primo aereo e venire da te, tu avevi bisogno di me. Avevi bisogno di amore Rosi e del mio favoloso cheesecake al doppio strato di nutella. Hai affrontato tutto questo da sola..." si bloccò un secondo. Brì parve riflettere attentamente su cosa dire e poi, con la solita delicatezza di un elefante in una cristalleria che la caratterizzava, domandò "mamma lo sa?"

"Sei pazza?" Gridai superando di un'ottava il tono della voce.

L'autista sobbalzò, spaventato dalla mia estensione vocale improvvisa e sterzando leggermente il volante.

"Scusami Roberto" mormorai rivolgendomi a lui, che sorrise di rimando.

"Ovvio che no" ripresi il discorso, cercando di ricompormi "uscirebbe di senno. Lo sai benissimo che mamma non poteva vedere Andrew. Non lo tollerava e il solo averlo nella stessa stanza le dava sui nervi...beh ripensandoci non aveva tutti i torni".

Mamma Assunta non aveva accettato di buon grado il mio fidanzamento con Andrew. Diceva che non era il genere di uomo che aveva sognato per me. La sua bambina, andata via di casa troppo presto, non poteva accompagnarsi con uno che passava la maggior parte del suo tempo libero a farsi la manicure e la ceretta alle sopracciglia piuttosto che stare avvinghiato a me.

Ortica || ZerbisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora